30.12.15

Le mete più belle da visitare nel 2016 mese per mese. In autunno alle Fiji, a luglio in Transilvania (FOTO)

Le mete più belle da visitare nel 2016 mese per mese. In autunno alle Fiji, a luglio in Transilvania (FOTO)

Le mete più belle da visitare nel 2016 mese per mese

Per quelli che si promettono per l'anno nuovo di viaggiare di più. Perché non c'è cosa più bella, o perché è arrivato il momento di iniziare. Per quelli che "non si viaggia solo in estate" e, per fortuna e possibilità varie, possono programmarsi con un po' di anticipo. A tutti questi, e per tutti quelli in genere interessati all'argomento torna utile il volumetto pubblicato da Lonely Planet "Best In Travel 2016" .

Come può essere di ispirazione per partire, la stessa storia dei due fondatori delle più famose guide per i viaggiatori, Tony e Maureen Wheeler che si conobbero su una panchina a Londra e l'anno dopo si sposarono. Dal loro viaggio di nozze, dalla guida che scrissero dopo per gli amici, nacque tutto. In quest'ultima guida il bello è che si trovano mille motivi per partire da gennaio a dicembre, sicuri di fare sempre esperienze straordinarie. Abbiamo fatto una piccola selezione, tanto per dimostrarvi che c'è sempre un luogo pronto a regalarci un'esperienza indimenticabile. Ecco mese per mese, il posto giusto al momento giusto.

  • 1.Gennaio – Groenlandia

    AGF

    A metà gennaio, dopo oltre un mese di notte polare interrotta, i groenlandesi celebrano il ritorno del sole. Ogni villaggio accoglie la comparsa del sole sopra l'orizzonte con torte, caffè e canti. Se per gennaio non fate più in tempo, prendete in considerazione di andarci a marzo per i Giochi Artici Invernali.

  • 2. Febbraio – Nuova Zelanda

    AGF
    Onetangi Beach Races, Waiheke Island. Questa manifestazione nata oltre un secolo fa, è uno degli eventi di punta del calendario sociale estivo di Auckland. Si svolge alla fine di febbraio e prevede corse con cavalli, trattori e mezzi anfibi. Quest'anno l'appuntamento è per domenica 21 febbraio.
  • 3. Marzo – Dublino

    AGF
    Centenario dell'insurrezione di Pasqua. I festeggiamenti si svolgeranno tutto l'anno, ma in particolare nel periodo di Pasqua. Il programma culminerà nella sfilata di Pasqua il 27 marzo nelle vie del centro.
  • 4. Aprile – Giappone

    AGF
    Ad aprile la più importante festa della fertilità il Kanamara Matsuri. Iniziata nel Seiicento come preghiera rituale delle prostitute che invocavano la protezione contro le malattie a trasmissione sessuale, oggi la manifestazione include un'affollata sfilata incentrata su un carro di forma fallica, oltre alla promozione dell'uso del profilattico e alla vendita di gadget a tema.
  • 5.Maggio – Sant'Elena territori britannici

    AGF
    Questa isola remotissima diventerà improvvisamente meno isolata nel 2016, quando verrà finalmente inaugurato l'aeroporto. Finora l'unico modo per andarci era con la nave Saint Helena da Città del Capo: un viaggio di dieci giorni tra andata e ritorno. Il 5 maggio si può assistere alla commemorazione del 195° anniversario della morte di Napoleone sull'isola. Il Moment de Memoir è un evento un po' surreale che si svolge presso la tomba vuota dell'imperatore. Il 21 maggio invece si celebra l'anniversario della scoperta dell'isola.
  • 6.Giugno, Nashville

    AGF
    Cma Music Festival. Migliaia di appassionati di musica country arrivano in città in giugno per i quattro giorni di questo festival, in cui si esibiscono i maggiori artisti del settore. Quest'anno l'appuntamento è a partire dal giugno.
  • 7. Luglio, Transilvania

    AGF
    Festa medioevale d'arte, Sighisoara. Corni potori e abiti d'epoca contraddistinguono questa festa medioevale nell'ultimo weekend di luglio. Sighisoara, patrimonio dell'Unesco è anche la città più romantica della Romania.
  • 8. Agosto, George Town Malaysia

    AGF
    Ogni anno in agosto il George Town Festival rende omaggio allo status di Patrimonio dell'Umanità della città con una rassegna di musica, arte, cultura e storia che dura tutto il mese. La performance e gli eventi si svolgono in varie sedi, in particolare nei caffè, begli edifici storici restaurati e nelle vie coloniali.
  • 9. Settembre, Botswana

    AGF
    Festa per i 50 anni di indipendenza del Botswana avvenuta nel settembre 1966. Per conoscere la cultura del Botswana andate al Maun International Arts festival, che si tiene a ottobre nella cittadina di Maun. La manifestazione dura una settimana e propone poesia, cantastorie, pittura, jazz e folklore. Per gli appassionati di bici invece meglio andare in Botswana a agosto per il Tour de Tuli che è una gara estrema di mountain bike che si svolge lungo sentieri accidentati percorsi dagli elefanti al confine tra Botswana, Zimbabwe e Sudafrica.
  • 10. Ottobre, isole Fiji

    AGF
    Le Fiji sono tornate ad essere un luogo tranquillo e godereccio. Nel 2016 dovrebbe anche essere più accogliente l'aeroporto del Nadi International. Il 30 ottobre la consistente comunità indiana delle Fiji celebra il Diwali Festival – la Festa hindu delle Luci – con suggestivi rituali a lume di candela.
  • 11. Novembre, Lettonia

    AGF
    I lettoni celebrano l'indipendenza il 18 novembre, data che commemora il giorno del 1918 in cui la nazione conquistò la libertà dalla Russia. Sebbene l'indipendenza dall'Unione Sovietica sia stata ottenuta il 4 maggio di molti decenni dopo, il 18 novembre è celebrato ancora oggi con varie commemorazioni, tra cui un'imponente sfilata nelle vie della capitale con migliaia di persone che depongono fiori ai piedi di Milda il monumento alla Libertà inaugurato il 18 novembre 1935.
  • 12. Dicembre, Quito

    AGF
    Festa della Fondazione della Città. L'anniversario della fondazione cade il 6 dicembre, ma i festeggiamenti durano una settimana. Il 2016 sarà il 490° anniversario dell'arrivo degli spagnoli e si prevede che la festa sarà particolarmente sfrenata.
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28.12.15

così mi faccio valutare - ilnaturalista.it

così mi faccio valutare - ilnaturalista.it

Così mi faccio valutare

Immagine

di Gian Andrea Pagnoni
editoriale pubblicato su La Stampa il 5/09/2014

Sono docente di scienze alle superiori, dal 2001 mi faccio valutare dai miei studenti e i risultati sono disponibili sul mio sito internet www.ilnaturalista.it di supporto alla didattica.
Non sempre prendo la sufficienza, del resto non sempre la prendono i miei studenti. Come dico ai miei studenti infastiditi, il voto non è il giudizio dato alla persona, ma l'analisi pragmatica di una prestazione. E' un modo per iniziare a chiarire quali competenze e comportamenti vanno mantenuti e quali vanno modificati al fine di raggiungere un determinato obiettivo. Non è diverso da quello che succede ad un professionista in una riunione aziendale, dove i voti sono sostituiti da ben più pericolose opinioni di colleghi e superiori.
Il metodo? Periodicamente i rappresentanti di classe raccolgono anonimamente due voti da ogni alunno, uno sulla mia efficacia relazionale e uno su quella professionale. Il primo voto mi serve a capire la qualità della comunicazione che ho con la classe, il secondo se la mia didattica è efficace. Anche studenti molto giovani non confondono le due cose e può capitare che diano voti alti alla mia capacità relazionale e bassi al metodo didattico, viceversa può capitare che mi riconoscano una buona capacità di chiarire i concetti, ma con il voto sulla relazione dichiarino di non essere a proprio agio con me. Ogni volta che la mia media scende sotto la sufficienza mi prendo un po' di tempo per chiarire con loro quali sono i problemi, faccio accordi (anche con l'aiuto delle famiglie) e procedo.
C'è un aspetto molto importante in questa valutazione alla rovescia, la comunicazione. Il voto anonimo permette ad una persona nell'età evolutiva di esprimere la propria condizione in modo chiaro e veloce, ma soprattutto permette a me di non essere deviato nell'analisi della classe dalle opinioni di chi, per carattere, è più estroverso di altri. Non ricevo solo lodi e talvolta il mio narcisismo viene messo a dura prova, ma non ho mai percepito un uso sadico e vendicativo da parte dei miei studenti, nessun dirigente ha mai richiesto il mio licenziamento e nessuna famiglia si è incatenata per pretendere la mia sostituzione. I miei voti, se presi come gli studenti devono prendere i propri, sono un modo per fare il punto della situazione e sono generalmente apprezzati dalle famiglie.
Come sempre capita a chi è molto convinto della propria impostazione professionale, non sono per tutte le stagioni. Alcuni anni fa un classe di quarta superiore, pur riconoscendomi una elevata disponibilità (voti alti nella relazione), a fine anno mi ha dato voti bassi nell'aspetto professionale (didattica). Ho faticato a farmi spiegare il motivo, ma la dinamica è poi esplosa in modo catartico. Le due rappresentanti di classe mi hanno spiegato, in modo assertivo e con maturità decisamente superiore alla loro età, che la classe era preoccupata per l'anno successivo, quello dell'esame di stato. Io ho anche una società privata di consulenza nel campo ambientale, spin off dell'Università di Ferrara. In accordo con l'art. 33 della Costituzione e con gli artt. 26-29 del Contratto Collettivo in cui si chiarisce che il profilo professionale dei docenti "è costituito da competenze disciplinari, psicopedagogiche, metodologico-didattiche, organizzativo-relazionali e di ricerca, documentazione e valutazione tra loro correlate ed interagenti, che si sviluppano col maturare dell'esperienza didattica, l'attività di studio e di sistematizzazione della pratica didattica" il mio metodo educativo è una applicazione didattica della mia vita professionale, e non è tradizionale. Gli studenti di quella quarta erano quindi legittimamente e comprensibilmente preoccupati che una metodologia didattica non standard potesse influire negativamente sull'esito all'esame di stato.
Un docente di spessore è prima di tutto un essere umano di spessore e ci sono dei limiti di compromesso che non vanno superati. Un docente deve continuare a mettersi in discussione per migliorare la propria professionalità, ma deve essere chiara la differenza tra ascolto attivo e sottomissione. Non deve dimenticare la gerarchia, ne a chi rimane la decisione finale e la responsabilità. Feci vedere loro che dai voti delle due quinte che stavo portando all'esame non emergevano timori in tal senso, ma subito dopo andai dal dirigente a chiedere se l'anno successivo avesse potuto assegnare alla classe un collega con una impostazione didattica più tradizionale.
Quando vedo per strada gli studenti di quella classe mi salutano in modo affettuoso. Anche in questo caso la valutazione datami, anche se parzialmente negativa, è servita (a me e a loro) per capire le reciproche esigenze e permettere alla scuola di prendere decisioni che hanno migliorato sia il mio che il loro percorso.
Non ho mai capito a fondo il fastidio che alcuni colleghi provano quando discuto dei miei voti con gli studenti. In fin dei conti la mia valutazione migliora la qualità della mia vita sul luogo di lavoro, perché fa emergere conflitti che altrimenti faticherei ad individuare. Quando gli studenti capiscono che non è un gioco, non sempre lo fanno volentieri. Infatti nella discussione che segue hanno l'onore e la responsabilità di scendere a patti con me.
In un periodo in cui sulla maggior parte dei lavoratori del privato aleggia costantemente la perdita del posto di lavoro, il settore pubblico e soprattutto i docenti dovrebbero dare esempi importanti. Dovrebbero capire che la valutazione dei docenti non è un modo per essere facilmente licenziati, ma è un modo per interpretare dinamiche, per prendere decisioni, per assegnare responsabilità e (anche con l'aiuto di esperti e del dirigente) per dirimere conflitti in un momento in cui c'è particolarmente bisogno di rasserenare gli animi.




27.12.15

VENETO A PEDALI, 305 KM DI PISTA TRA STORIA E NATURA | Viagginbici

VENETO A PEDALI, 305 KM DI PISTA TRA STORIA E NATURA | Viagginbici

VENETO A PEDALI, 305 KM DI PISTA TRA STORIA E NATURA | Viagginbici

QGGFoWYERA9ageGBjQmlgL5zDoVLZt6EbmSWOsO1mtw-minUn grande anello ciclabile che attraversa Venezia, Padova, Vicenza e Treviso. È un percorso cicloturistico che nasce sulla laguna, passa per le più belle città della Regione e la pedemontana, ha il ritmo di paesaggi variegati, terme antiche e opere di archistar d'altri tempi. Tra le numerose candidature venete all'Italian Green Road Award, il primo premio italiano delle vie verdi che Viagginbici.com proporrà al Cosmobike Show (11-14 settembre a Verona), c'è anche l'Anello del Veneto.

Ben 305 km di tragitto segnati in gpx, per un percorso facile, da dividere idealmente in 6 tappe. La partenza è da Venezia. Attraverso strade secondarie e piste ciclabili, con fondo per lo più asfaltato e qualche tratto di sterrato lungo gli argini, si raggiunge Treviso, per poi chiudere il cerchio di nuovo a Venezia.

Frequentato da cicloturisti, famiglie, e ideale da spezzettare per gite fuori porta, l'Anello del Veneto è ben attrezzato, interamente segnalato e tabellato. La sigla da seguire è la I2.

Partendo da Venezia s'imbocca la ciclovia delle isole della laguna, che attraversa le isole per arrivare a Chioggia. Visitato il centro storico, si prosegue lungo l'argine del fiume Bacchiglione e passando per le Corti benedettine di Correzzola, in provincia di Padova, si arriva agli antichissimi stabilimenti termali delle Terme Euganee. Da qui il passo per il centro di Padova è breve. Seguendo ancora il Bacchiglione, tra le ville venete, si arriva a Vicenza e al suo centro storico Patrimonio dell'umanità Unesco. Dopo una sosta in città, si prende la direzione della pedemontana verso Marostica e Bassano del Grappa, nel Vicentino. Pedalando tra le colline si raggiunge poi il Trevigiano. Si incontrano Asolo, uno dei Borghi più belli d'Italia, mentre nella vicina Maser è d'obbligo una visita a Villa Barbaro, opera palladiana che custodisce preziosi affreschi del Veronese. Tocca poi a Montebelluna, a un passo dalla natura del Montello, e poco dopo a Treviso e il suo centro storico. Per tornare in laguna, lasciandosi alle spalle la capitale del radicchio rosso, c'è la ciclovia del GiraSile, lungo le rive del fiume omonimo.

L_anello del Veneto – Secondo itinerario cicloturistico del Veneto (1)

LA CICLOVIA DELLE ISOLE

Chioggia Ponte vigo-minDa Venezia al suo Lido, fino a Pellestrina e Chioggia. Questa prima tappa, in tutto 22 chilometri, è un percorso da fare un po' a piedi, un po' a pedali, un po' in traghetto. La magia della laguna richiede una certa propensione all'intermodalità dei mezzi di trasporto, e lo sanno bene i veneziani che sono costretti ogni giorno a muoversi tra ponti, calli, campielli con vaporetti e gondole da traghetto. Tra le cose da non perdersi tra le isole di Venezia c'è il centro storico di Malamocco, l'oasi naturalistica degli Alberoni e quella di Ca' Roman.

LA VIA DEL SALE E DELLO ZUCCHERO

edit 100_2666Un percorso il cui nome narra la storia di queste zone. Chioggia, pittoresca cittadina nota per il mercato del pesce, in passato era anche la capitale del sale dell'Adriatico. Dalle sue saline arrivavano i preziosi cristalli usati nelle cucine delle altre città venete. Passando dall'ambiente lagunare a zone più agricole si attraversa Pontelongo, ovvero la parte dolce della ciclovia, perché nel Diciannovesimo secolo qui costruirono uno zuccherificio che ha trasformato un villaggio rurale nel "paese dello zucchero".

TRA I COLLI EUGANEI E BERICI

Terme Euganee-minUn po' di meritato relax è quello che ci vuole dopo i primi 85 chilometri di pista. Ad Abano e Montegrotto Terme si trovano stabilimenti termali di ogni tipo: la pausa ideale per rigenerarsi dopo tante fatiche. Per raggiungere il centro storico di Padova poi si può percorrere il Canale Battaglia e visitare Prato della Valle (e l'imperdibile Orto botanico), la Basilica del Santo, la cappella degli Scrovegni,. Per passare dai colli Euganei ai Berici, da Padova a Vicenza, il percorso continua su argini attorniati da terreni agricoli, ville venete e da colline meravigliose.

PRATI E RISORGIVE

Bassano del Grappa-minDopo una visita alle bellezze palladiane di Vicenza, si torna alla natura. Le acque sotterranee che riemergono nella zona di Dueville, danno vita alle risorgive. Qui vi aspetta il Bosco di Dueville, area protetta di grande impatto. Dalla campagna a Sandrigo il passo è breve. Nel paese è bene fermarsi per gustare il baccalà alla vicentina, piatto tipico festeggiato ogni anno alla Festa del bacalà, dal 15 al 28 settembre prossimi. Marostica, tappa successiva, è famosa invece per la partita a scacchi con personaggi viventi, che si gioca ogni due anni nella piazza degli Scacchi (dovrete aspettare il settembre 2016). Gli ultimi sforzi di questo itinerario da 45 chilometri serviranno per raggiungere Bassano del Grappa, dove ammirare il Ponte di legno simbolo degli Alpini progettato da Palladio.

AI PIEDI DEI COLLI ASOLANI

Asolo - Villa Maser (Treviso)-minTerra di vini eccellenti, la dolcezza dei Colli Asolani offre prodotti enologici notevoli. Tra ulivi e cipressi si arriva ad Asolo, che Giosuè Carducci chiamò la "città dai cento orizzonti". Il centro storico, molto suggestivo, merita una sosta, magari accompagnata da un calice di prosecco, mentre alla vicina Maser vi aspetta l'omonima villa palladiana. Tra percorsi secondari dal Montello si raggiunge Treviso, dove si conclude la quinta tappa e i suoi 57 chilometri.

DAL SILE ALLA LAGUNA

Treviso - Sile-minLasciata alle spalle Treviso e la sua piazza dei Signori vi aspettano gli ultimi 55 chilometri dell'Anello del Veneto. Il ritorno a Venezia segue il corso del fiume Sile. Casier, Casale sul Sile e Quarto d'Altino sono i paesi che si incontrano lungo il tragitto. In fondo, il cuore della Serenissima.




I fattori essenziali dell'allenamento - Calzetti & Mariucci Editori

I fattori essenziali dell'allenamento - Calzetti & Mariucci Editori

I fattori essenziali dell'allenamento

Di Carlo Vittori





Bisogna risalire alla fine degli anni Settanta e percorrere tutto il decennio per rendersi conto quanto di utile e di dannoso sia stato fatto sul modo di concepire l'allenamento.
Era il periodo della chiamata degli specialisti delle scienze biofisiologiche, professori e ricercatori che aprivano le vie della cultura e della necessità di seguire nella attività di allenatori, gli atteggiamenti e le vie più proprie alla prassi scientifica. Ci fecero comprendere, forse a volte con eccessiva crudezza, quanto vasto fosse il terreno che ci separava da conoscenze essenziali e quanto grande fosse la nostra ignoranza, ma certamente stimolando l'amor proprio di quegli allenatori che erano partiti con un appassionato ed entusiastico desiderio di capire, per sbagliare meno.

 
Convegni, simposi, tavole rotonde, raduni di allenamento, scambi di esperienze, nelle aule e sui campi di allenamento, in Italia e all'estero hanno arricchito quel periodo di fertili esperienze. Tutte le occasioni erano buone per scambi di idee e di conoscenze, senza gelosie e reticenze, ma soltanto per capire, confrontare e rielaborare altre e nuove soluzioni di spunti metodologici.
Tanto fu fatto ed ancor di più fu scritto in quei favolosi anni Settanta, ma sempre sullo stesso filone culturale, attinente alla ricerca delle soluzioni migliori per stimolare le più efficaci risposte delle componenti i "requisiti fisici". E così ininterrottamente, purtroppo fino ad oggi, gli attuali "Soloni dell'allenamento" hanno insistito a disquisire, come una sorta di pensiero maniacale monotematico, congelato sulle stesse argomentazioni  relative ai tanto poco probabili effetti di miglioramento da produrre sulla funzionalità ed efficienza delle componenti organica e muscolare dell'atleta. Trascinando, purtroppo, in un vicolo cieco anche gli allenatori che, dovendo spiegarsi i motivi dei contraccolpi comportamentali e delle controprestazioni dei loro atleti, finivano per attribuirli sempre alla scarsa efficacia dei mezzi, degli ingredienti e degli strumenti del training.
Aggiungendo, spesso, anche con toni inopportuni, disturbi caratteriali e temperamentali degli atleti, i soli secondo loro, ad aver determinato i cali di tensioni e le difficoltà a sopportare le forti emozioni di competizioni importanti. Consentendo, così, di aggiungere errore ad errore, e finendo per scaricare tutte le responsabilità sull'atleta, finendo per distruggerne la già precaria fiducia in se stesso, facendolo precipitare in un deliquio irrimediabile.
In una risposta onesta ed equilibrata, ad una domanda schietta ed autentica sul perché, dopo tanto lavoro, si possono avere così contraddittori comportamenti, sta la spiegazione: avere dimenticato quegli interventi necessari a fare da supporto "motivazionale" agli altri di formazione.
Seguire, soprattutto con i giovani principianti, i contenuti dell'aforisma "motivazione più che formazione", da adottare come propedeutica alla costruzione fisica. Prestare attenzione ad un'azione pedagogica che susciti l'interesse, l'amore, la passione e l'attrattiva del giovane per ciò che si appresta a fare, indispensabile per tradurre in curiosità verso se stesso e ciò che sarà capace di fare, sempre più consapevolmente, al fine di acquisire quella autonomia di comportamenti che lo sganci dalla eventualità di probabile tutela dell'allenatore.

 
Si debbono attuare tutti gli strumenti educativi, per far partorire al giovane la convinzione delle sue potenzialità da tradurre in certezze possibili. È già stato scritto tanto sulla necessità di incentivare nel giovane la migliore e più ampia conoscenza di se stesso, supportata da un equilibrato amor proprio, per non temere, ove occorra, di autogiudicarsi con rigore. Dovrà praticare comportamenti che siano il frutto di una sempre migliore autonomia, indispensabile, quando sarà solo nei momenti competitivi importanti, per gestirsi al meglio. La sua gratificazione si realizzerà a pieno quando avrà superato se stesso più che gli avversari. Sono questi gli umori che, rendendo il coinvolgimento del giovane al training più cosciente, responsabile, scrupoloso, appassionato ed entusiasta, favoriscono una più consistente ed efficace sommazione di effetti positivi, conseguenti al training.
Motivazioni forti e radicate nell'intimo cosciente attivano più efficacemente ormoni e sistema nervoso centrale, sollecitando i muscoli, come effettori, a risposta di maggior efficienza. Non è un paradosso affermare che, nelle  specialità di "forza veloce", si allenano soprattutto gli ormoni.
Questa strategia, ovviamente, si rafforza e si esalta con la crescita e lo sviluppo, e per questo negli anni della maturità deve assumere un rilievo più marcato.
A quanto sopra, si deve aggiungere con particolare rilevanza la necessità che i contenuti del training e la loro ordinata organicità di sviluppo, a conclusione del periodo di crescita fisica, si arricchiscano di mezzi e metodi più specifici, per rimanere adeguati ai crescenti livelli di evoluzione e seguitare a svolgere la loro doppia funzione di causa ed effetto dei miglioramenti.
Al contrario, qualora scadessero nel ripetitivo e nella routine, si assisterebbe, inevitabilmente, ad un decadimento, per tedio e noia, spesso inconsapevoli, di quegli umori emozionali, vitali per grandi prestazioni. Allenamenti, quindi, che si rinnovano. Contenuti che cambiano. Compagni di allenamento stimolanti il confronto in ambienti anche diversi. Proposte, insomma, all'altezza degli stimoli che debbono interessare tutte le individualità dell'atletica in continuo progresso di efficienza.
Queste sono le grandi dimenticanze richiamate nel titolo e che incidono in maniera determinante sul rendimento, preparando il terreno più fertile per una più proficua applicazione e resa degli strumenti della formazione fisica.

 
Motivazione più che formazione
La cosa più importante affinché da tutte le attività si possa trarre il maggior vantaggio e non frustrare le aspettative dell'atleta, è spostare l'attenzione anche verso le motivazioni che vivacizzano i comportamenti, stimolano l'attivazione degli ormoni, agevolando la facilità di toccare punte elevate di dinamismo. Mobilitare particolari emozioni di piacere per caricare di vigore le risposte dell'atleta è indispensabile per avere effetti "supercompensativi"
ingranditi, da parte del suo organismo, altrimenti l'attività si svolge con il sapore amaro di un dovere, scadendo in un tedioso impegno di routine, che non produce niente di positivo, avvitandosi intorno alla regressione. Più direttamente sono proprio gli ormoni che debbono essere mobilitati tramite un continuo rinnovamento degli interessi e delle motivazioni che li stimolino. L'allenatore deve spingersi alla ricerca di nuove vie, di metodi e di  organizzazioni dell'attività, accompagnando così la crescita evolutiva dell'atleta, per misurarsi con le sue curiosità e le sue emozioni, sentendosi cioè spinto dal nuovo. Va da sé, nel concetto di progresso, che la crescita avvenuta
nell'atleta, abbia bisogno, per non arrestarsi prima ed arretrare poi, di stimoli più eccitanti il suo entusiasmo e di livello di qualità e caratteristiche superiori, per non adattarsi all'abituale, superando l'attuale.
Non ci si può fermare nella riproposizione del passato, se sono cambiati i paradigmi qualitativi e i termini di confronto dell'atleta, perché il passato ha già dato i suoi effetti. Nessun grande impegno e grande prestazione possono essere prodotti senza un particolare stato d'animo, propenso all'entusiasmo e ad una condizione dello spirito rivolto all'attrazione per la cosa oggetto dell'interesse.

 
Per saperne di più: Carlo Vittori, Nervi e cuore saldi. Perugia: Calzetti & Mariucci, 2014.




68 mila morti in più nel 2015?* | neodemos

68 mila morti in più nel 2015?* | neodemos

68 mila morti in più nel 2015?*

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Cresce il numero di morti in Italia
Dai bilanci demografici mensili forniti dall'Istat si rileva come il totale dei morti in Italia nei primi otto mesi del 2015 – ultimo aggiornamento a tutt'oggi disponibile – sia aumentato di 45mila unità rispetto agli stessi primi otto mesi del 2014 (Fig. 1). La cosa non è affatto marginale se si pensa che ciò corrisponde ad un aumento dell'11,3% e che, se confermato su base annua, porterebbe a 666mila morti nel 2015 contro i 598mila dello scorso anno. Schermata 2015-12-22 a 09.42.59Si tratta di un incremento di ben 68mila unità che appare in gran parte concentrato nella componente femminile (+41mila) e che verosimilmente coinvolge soprattutto la fascia più anziana della popolazione residente nel nostro Paese. Il dato è impressionante. Ma ciò che lo rende del tutto anomalo è il fatto che per trovare un'analoga impennata della mortalità, con ordini di grandezza comparabili, si deve tornare indietro sino al 1943 e, prima ancora, occorre risalire agli anni tra il 1915 e il 1918: due periodi della nostra storia segnati dalle guerre che largamente spiegano dinamiche di questo tipo. Viceversa, in un'epoca come quella attuale, in condizioni di pace e con uno stato di benessere che, nonostante tutto, è da ritenersi ancora ampio e generalizzato, come si giustifica un rialzo della mortalità di queste dimensioni? E' solo la naturale conseguenza del progressivo marcato invecchiamento della popolazione italiana o è (anche) un segnale di allarme? Il sistema socio-sanitario, che finora ha permesso un continuo allungamento della vita anche alle età anziane, inizia forse a subire gli effetti di una congiuntura economica meno favorevole? In altre parole ci chiediamo se i tagli alla sanità pubblica, dovuti alla crisi, abbiano accresciuto nel corrente anno il rischio di mortalità nei gruppi tipicamente più fragili: i vecchi e i "grandi vecchi".

Non basta evocare l'invecchiamento demografico
Non potendo ancora disporre dei dati puntuali sull'incidenza dei decessi per singola età e per genere nel corso del 2015 – dati che ci consentirebbero di valutare gli eventuali cambiamenti del rischio di morte – possiamo sin da ora cercare almeno di capire se, e soprattutto in quale misura, l'impennata di mortalità del 2015 sia ascrivibile al semplice processo di invecchiamento della popolazione italiana o se invece abbia altre cause. Osservando come è cambiata la composizione per età dei residenti tra il 1° gennaio del 2014 e alla stessa data del 2015 scopriamo subito che, a fronte di 159mila unità in meno nella fascia d'età fino a 60anni, se ne contano in più 70mila in età tra 61 e 70 anni, 40mila tra 71 e 85 anni e 62 mila con oltre 85 anni. Lo spostamento verso le età più "mature" è ben evidente, ma è sufficiente a spiegare un aumento della mortalità nell'ordine dei 68mila casi annui di cui si è detto? La risposta è no. Le modifiche nella struttura della popolazione spiegano solo in minima parte la maggior frequenza di decessi. Infatti, se i rischi di morte fossero restati invariati rispetto a quelli osservati di recente (Istat 2014), l'aumento del numero di persone anziane avrebbe dato luogo solo a 16mila decessi in più rispetto al 2014. E le altre 52mila unità aggiuntive a cosa sono dovute?

Aspettando nuovi elementi
Schermata 2015-12-22 a 09.43.33La questione resta dunque aperta. Tra qualche mese avremo certamente dati più completi che, ci si augura, consentiranno spiegazioni esaurienti. Oggi resta comunque il dubbio, e forse anche la paura, nel constatare l'improvviso e inspiegabile cambiamento di rotta di una delle due componenti che determinano il corso della dinamica naturale della popolazione italiana in un'epoca in cui l'altra componente, le nascite, segna pesantemente il passo. La presenza di 68mila morti in più, se confermata dal resoconto di fine anno, rappresenta un segnale importante che la demografia consegna alla riflessione sia del mondo scientifico sia di quello della politica, della pubblica amministrazione e del welfare. E' un evento "straordinario" che richiama alla memoria l'aumento della mortalità nei Paesi dell'Est Europa nel passaggio dal comunismo all'economia di mercato (Fig. 2): un "déjà vu" che non vorremmo certo rivivere. Il controllo della spesa sanitaria sempre e a qualunque costo – in un momento di recessione economica – può avere effetti molto pesanti sul già fragile sistema demografico. Dobbiamo esserne consapevoli.

(*) Testo in parte ripreso dall'articolo dello stesso autore : "Attenti ai morti", Avvenire, pag.1, del 11 Dicembre 2015




26.12.15

San Siro alla Vepra | Palazzi | Milano da Vedere

San Siro alla Vepra | Palazzi | Milano da Vedere

SAN SIRO ALLA VEPRA

villatristeSconosciutissima. Incredibile pensare che molti di noi ci sono passati a fianco centinaia di volte senza sospettare minimamente l'esistenza di questo piccolo capolavoro. Siamo a due passi da Piazzale Lotto, una campagna lontanissima dalla città quando si posano le pietre di S. Siro alla Vepra, fondata pensate un po' nel 880 d.C. A lei faceva capo il piccolo borgo rurale di S. Siro. Alle dipendenze di S. Ambrogio. I benedettini concedono in affitto il terreno agli umiliati intorno al 1200, mentre duecento anni più tardi, nel 1454, si rivolgono a privati, nobili, affittando loro terreni e mulini in cambio del completo restauro della piccola chiesa, terminato nel 1482, l'anno in cui fa il suo ingresso in città Leonardo da Vinci. Gia il secolo successivo la chiesetta risulta in rovina e gli affreschi quattrocenteschi coperti dalla solita mano di calce. I proprietari sono i Pecchio, proprio loro nel '600 abbattono la parte anteriore della chiesina per appiccicarci una villa. Brutta storia quella della villa che resta nella memoria come la Villa Triste. Qui Giuseppe Pecchio  riunisce i patrioti italiani nel 1821 per discutere l'intervento dei Savoia contro l'Austria, riunione questa che costerà il carcere a molti dei partecipanti. Nel '900 la proprietà passa ai Fossati e finalmente, nel 1911, è riconosciuta Monumento Nazionale, riaprendo al culto dopo la prima Guerra Mondiale. Il peggio arriva nella seconda Guerra, quando qui prende sede la banda Koch, trasformandola in teatro di tortura. I Fossati decidono così di non tornare ad abitarla, cedendo tutto al P.I.M.E che la affida alle Missionarie dell'Immacolata, tutt'ora custodi di questa storia e di questo piccolo scrigno, con affreschi stupendi restaurati di recente, del '400 milanese.




23.12.15

Cortisolo e catabolismo muscolare. Mito o realtà?

Cortisolo e catabolismo muscolare. Mito o realtà?


Articolo a cura del dott. Francesco Celso

Lo vedete questo ragazzone? è dopato, ma è anche decisamente muscoloso e con una percentuale bassissima di grasso, utilizza degli ormoni, ormoni, di cui fa parte anche il temuto cortisolo.

Solitamente chi frequenta la palestra e pratica bodybulding, compie questa equazione: cortisolo = catabolismo muscolare = perdita dei muscoli.
Il catabolismo muscolare ed il cortisolo, sono insomma il terrore dell'avveduto natural bodybuilder, che hanno probabilmente, molto più terrore di perdere i tanti faticati muscoli, più di quei dei ragazzoni come quello in foto.

Nelle palestre, l'ombra del cortisolo è vista come oscura e cattiva e, ahimè, anche nel Gruppo Facebook di Bodybuilding Naturalquasi quotidianamente spunta fuori qualcuno che ci spiega quanto deleterio sia il cortisolo e quanto sia pericoloso il catabolismo muscolare.

Questo articolo nasce per capire se c'è da aver paura, oppure c'è una esagerazione, sugli effetti di una produzione fisiologica del cortisolo e del catabolismo muscolare.

Ma cos'è il cortisolo?

cortisolo cortisolo produzione

 Il cortisolo è un ormone ed è prodotto dalla corticale del surrene, una piccola ghiandola endocrina che fa da cappello al rene. Viene prodotto a partire dal colesterolo ed quindi è un ormone steroideo, come il testosterone, mentre l'altra categoria di ormoni è costituita dagli ormoni peptidici (di natura proteica). Oltre ad avere natura diversa, le due classi di ormoni hanno anche azioni diverse e inviano il loro segnale alla cellula bersaglio in maniera diversa.

Come agiscono gli ormoni steroidei?

ormone cortisolo bodybuildingCome si vede dalla figura, abbiamo 2 tipi di risposte:

– rapide, che in genere dipendono da aperture di canali per ioni che entrano o escono dalla cellula
– lente, che portano alla attivazione e trascrizione di determinati geni che culmina nella sintesi di una o più proteine.

Perché il cortisolo viene secreto dal surrene? quale è il motivo?

A monte di tutto c'è sempre l'ipotalamo, che è la parte del nostro cervello che rileva gli stimoli e le modificazioni dell'ambiente, sia interno che esterno al nostro corpo, e produce risposte integrate (cioè derivanti dall'integrazione dei vari stimoli) che tendono a riportare il nostro organismo all'omeostasi.

catabolismo cortisolo

Come si vede in figura, i neuroni dell'ipotalamo hanno gli assoni (in giallo) che scaricano le loro molecole segnale nei vasi (in rosso); da qui quel segnale arriva all'ipofisi, che esegue l'ordine di rilasciare uno dei 5 ormoni che produce, che sono il GH, l'ACTH o corticotropina, il TSH o tireotropina (ormone stimolante la tiroide), le gonadotropine (LH e FSH) e la prolattina. Quello che ci interessa è l'ACTH che, una volta liberato dall'ipofisi, raggiunge la corticale del surrene dando l'ordine di secernere cortisolo.

ormoni bodybuilding

Perché l'ipotalamo comanda all'ipofisi di rilasciare ACTH?

Perché ci sono stress stress fisici e mentali, oltre che il ritmo sonno-veglia.
Gli stress fisici sono: traumi e infezioni, lesioni da caldo/freddo, dolore molto intenso, danno tissutale meccanico o da malattia. Come potete bene vedere, l'allenamento coi pesi si configura come stress sia per il traumatismo sul tessuto muscolare sia per la riduzione della glicemia. Ciò produce l'attivazione dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene:

meccanismo cortisolo

Cosa fa il cortisolo una volta secreto?

catabolismo muscolare

L'allenamento, è uno stress fisico, e rappresenta una minaccia. Esso produce una vera e propria infiammazione nel muscolo, oltre che alla riduzione della glicemia.

muscoli cortisolo

Il cortisolo è l'ormone anti-infiammatorio per eccellenza; da un lato "spegne" il sistema immunitario che è sollecitato ad agire, erroneamente, dalla liberazione di molecole infiammatore in seguito ai microtraumi delle miofibrille muscolari. Vedere anche I meccanismi dell'ipertrofia muscolare.
Questo effetto non è un effetto negativo, anzi.

Nel fegato il cortisolo spinge la gluconeogenesi sia direttamente, che favorendo l'azione di glucagone e dell'adrenalina. La gluconeogenesi è talvolta più veloce, in caso di stress acuto come l'allenamento, anche della stessa liberazione in circolo di glucosio per scissione di glicogeno, perchè quest'ultima, ha come tappa limitante della reazione la quantità di enzima esochinasi e glucochinasi che catalizzano la reazione.
Semplificando, tutto ciò non è un male, anzi ci evita la sonnolenza, gli sbadigli, i cali di concentrazione, che sono sintomi di riduzione acuta del glucosio che va al cervello.

Il cortisolo agisce anche sul tessuto adiposo, insieme al GH, favorendo la lipolisi e spingendo l'organismo a ricavare energia dagli acidi grassi perché in quel momento il glucosio serve per mantenere la glicemia, per fornire al cervello la giusta quota di zuccheri.
Non è un male sapere che il cortisolo fa liberare più grassi dal tessuto adiposo per renderli disponibili al fegato che li può "bruciare" per produrre energia.

Perché il cortisolo può essere negativo?

La negatività della presenza del cortisolo stà nel muscular breakdown, ossia nel catabolismo muscolare delle proteine del muscolo scheletrico indotto dal cortisolo. Perché il cortisolo è catabolico? Il cortisolo innesca il catabolismo muscolare perché le proteine sono costituite da amminoacidi e gli amminoacidi possono essere trasformati nelle cellule, soprattutto del fegato in questo caso, in glucosio, nel processo che prende il nome di gluconeogenesi.

Dobbiamo raggomitolare il tutto e poi porci una domanda:

il fegato è stimolato da cortisolo, e glucagone e adrenalina gli intimano di fare la gluconeogenesi.
Dove prende gli aminoacidi il fegato per fare glucosio? Dal muscolo? Può essere così facile e immediato catabolizzare proteine che costituiscono un miofibrilla, scinderle in aminoacidi e liberarle nel sangue?

La risposta è no, miei cari, è un processo molto lungo e laborioso, che richiede a sua volta dispendio energetico e tempo, malnutrizione proteica per giorni e giorni o una malattia in cui si ha una iperproduzione di cortisolo.

Ma allora dove li prende il fegato gli aminoacidi per effettuare la gluconeogenesi? Il fegato ricava i suoi aminoacidi dall'albumina che circola nel sangue (è la proteina maggiormente presente nel sangue) e dal pool di riserva delle sue cellule (è vero che gli aminoacidi non si "conservano", ma le cellule del fegato, a causa delle numerose reazioni, ne hanno una bella scorta).

Conclusioni pratiche

La paura del cortisolo e del catabolismo muscolare è nella maggior parte delle volte eccessiva. Se vi allenate 1 o 2 ore, i muscoli sono salvi.
Con l'assunzione del post workout, solido o liquido ci sarà un innalzamento della glicemia, che porterà alla secrezione di insulina e allo stesso tempo alla soppressione del cortisolo e avvio della sintesi proteica muscolare.

E il catabolismo notturno?

La secrezione del cortisolo, in mancanza di eventi di stress, varia come nel grafico di seguito:

cortisolo notturno

Perchè di notte abbiamo quel maledetto picco di cortisolo?

Di notte il glucosio in circolo viene consumato ed il fegato non riesce da solo a stare dietro alla liberazione di glucosio dal glicogeno e produzione di glucosio dalla gluconeogenesi, necessita di un aiuto che gli viene data da cortisolo e dal glucagone.

cortisolo alto
ridurre cortisolo allenamento

Con il cortisolo alto, il fegato produce più glucosio, ma ne utilizza di meno. Perché succede questo? perchè il glucosio serve per mantenere la glicemia in un periodo di tempo in cui non si ingerisce cibo, e quindi la produzione di energia viene shiftata verso il metabolismo dei grassi, che vengono ossidati per produrre ATP. Appare chiaro che il cortisolo alto di notte è un bene, non un male.

Esiste il catabolismo muscolare notturno?

No, assolutamente. Se si conduce un alimentazione sana e completa col giusto apporto proteico, è praticamente impossibile. Le proteine utilizzate dal fegato per la gluconeogenesi, sotto spinta del cortisolo e del glucagone, sono le proteine derivanti dalla cena e dagli altri pasti della giornata.

Ma perché allora ci hanno raccontato tutte queste storie sul cortisolo?
Perché la broscience distorce la conoscenza scientifica per piegarla a proprio favore e a favore del mercato dei supplementi, di diete, di allenamenti da vendere per abbassare il cortisolo, aumentare il testosterone, il gh e chissà quale altra modificazione che non esiste perché il nostro corpo è una macchina talmente perfetta che se ne infischia di tutte le supposizioni e invenzioni, tenderà sempre all'equilibrio dell'omeostasi.

L'equazione, cortisolo = catabolismo muscolare proteico, non vuol dire che questa azione sia istantanea.

Concludendo, quando ci dobbiamo preoccupare del cortisolo?

In due casi:

malnutrizione proteico-calorica – che non credo interessi i lettori di questo articolo in quanto mangiano anche troppo e anche troppo bene
malattie che aumentano la produzione endogena di cortisolo e somministrazione iatrogena (con farmaci, da parte del medico) di corticosteroidi (il cortisone).

Ma queste ultime due riguardano il campo della medicina, le persone che soffrono e non certo le persone sane, che vanno in palestra, si allenano e si divertono anche, come noi. Quindi, mai più paura del cortisolo!

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