24.10.15

Come opporsi alla crudele fabbrica di galline - Il richiamo della Foresta - Blog - Repubblica.it

Come opporsi alla crudele fabbrica di galline - Il richiamo della Foresta - Blog - Repubblica.it
Tragica, crudele e a esclusivo beneficio degli allevatori, la vita delle galline in gabbia coinvolge ogni anno in Italia 62 milioni di animali

Tragica, crudele e a esclusivo beneficio degli allevatori, la vita delle galline in gabbia coinvolge ogni anno in Italia 62 milioni di animali

Chi abbia avuto a che fare con una gallina senza che la mente fosse appannata dal considerarla una prossima pietanza, o un distributore automatico di uova, sarà rimasto colpito dalla sua vitalità e allegria. Curiosi, attenti, pronti a instaurare con il prossimo una discreta gamma di rapporti, dalla cordialità alla categorica difesa del territorio, questi uccelli domesticati sono naturalmente, come ogni vivente, individui. E a 62 milioni di loro, solo in Italia, si riserva ogni anno un'esistenza spaventosa, che si conclude nel peggiore dei modi.

Secondo i dati divulgati da Ciwf-Compassion in world farming Italia onlus, che fa capo all'omonima ong internazionale concentrata sull'abolizione degli allevamenti intensivi, nel nostro Paese la maggior parte delle galline – 40 milioni – viene allevata in gabbia. Per l'unico anno in cui sarà loro concesso di vivere, ogni soggetto disporrà di 750 centimetri quadrati, poco più di un foglio A4. Uno spazio che non  consentirà alla gallina in questione neppure di aprire le ali. In un solo capannone possono essere stipati 70.000 esemplari, ciascuno dei quali forzato a deporre in carriera 300 uova – il doppio di quanto preteso cinquant'anni fa.

"E' inaccettabile che nel ventunesimo secolo vi siano forme di maltrattamento istituzionalizzato come l'allevamento in gabbia" dice Annamaria Pisapia, direttore di Ciwf Italia onlus, che ha da poco rilanciato, attraverso una video inchiesta presentata da Daniela Poggi, attrice impegnatissima per i diritti degli animali - la quale in questo caso invita a firmare una petizione -  la campagna End the Cage Age. "Le galline sono intelligenti e senzienti, eppure a milioni si ritrovano ancora relegate in vere e proprie prigioni. Sentiamo dire dall'industria che tale sistema ha ragioni sanitarie, ma non è vero: la sola motivazione è economica e tutta a favore degli allevatori, non certo degli animali, né dei cittadini".

Alle galline in gabbia viene, senza anestesia, amputato il becco, affinché, in preda allo stress, non si feriscano l'un l'altra, ma è impossibile ovviare alla perdita delle piume, dovuta alle orrende condizioni di detenzione e allo sfregare contro le pareti metalliche delle loro prigioni.

"La legislazione europea ha proibito le gabbie convenzionali a partire dal 1 gennaio 2012. Questa normativa, tuttavia, consente ancora le gabbie cosiddette arricchite, che presentano alcuni miglioramenti ma non sono comunque in grado di garantire il benessere delle galline" spiegano da Ciwf. "E rispetto al divieto di utilizzo delle gabbie convenzionali, l'Italia è stata condannata nel 2014 dalla Corte di Giustizia Europea per non essersi adeguata in tempo alla nuova Direttiva. Il Ministro Beatrice Lorenzin ha dichiarato a Repubblica che oggi l'Italia è in regola.

L'invito rivolto da Ciwf agli acquirenti è dunque di scegliere uova deposte da galline libere di razzolare in allevamenti all'aperto o biologici. A questa giusta esortazione, un primo ragionevole passo per contrastare sistemi aberranti e contenere il malessere degli animali – fintanto che lo sfruttamento delle altre specie è pratica comune non è banale occuparsi di limitarne la sofferenza - si può aggiungere che, in assoluto, ridurre fortemente il consumo di derivati animali, o ancor meglio abolirlo del tutto, è possibile e gentile.

Conoscete meglio le galline, vive e libere: ve ne innamorerete

Conoscete meglio le galline, vive e libere: ve ne innamorerete

@margdam
margdam@margheritadamico.it

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Ricette del MiVeg 2015

https://ravanellocurioso.files.wordpress.com/2015/10/2015_menu-preparato.pdf

23.10.15

Perché ho deciso di svegliarmi ogni mattina alle 5:30. Ecco com'è cambiata la mia vita.

Perché ho deciso di svegliarmi ogni mattina alle 5:30. Ecco com'è cambiata la mia vita.

Da qualche mese, ho preso una decisione che non avrei mai pensato di contemplare prima. Una decisione che avrà dei sicuri effetti sulle mie giornate, per i prossimi mesi.

svegliarmi-530

Ho deciso di svegliarmi tutti i giorni alle 5:30!

Perché?

La domanda è legittima (e ammetto che, certe mattine, anche io me lo chiedo).
Vi è mai capitato di svegliarvi e avere l'impressione di essere totalmente fuori strada? Aprite gli occhi e vi si stampa, in pieno volto, una sorta di "schiaffo" mentale: pensate subito a tutto quello che dovete fare durante il giorno, alla varie scadenze, a tutti gli obblighi da rispettare.

Il risultato? Vi svegliate ogni mattina con la voglia di restare sotto le coperte.

Non so voi, ma io mi sono chiesta: voglio davvero iniziare in questo modo ogni giornata, per il resto della mia vita? No, grazie.

Poi, ho scoperto "The miracle morning" di Hal Elrod ed ho letto della routine mattutina che molti imprenditori di successo seguono ogni giorno. Se decine di migliaia di "adepti" di Miracle Morning e personaggi come Richard Branson (fondatore e AD della Virgin) Tim Cook (AD di Apple), Howard Schulz (di Starbucks) e Jack Dorsey (Fondatore e AD di Twitter e Square) hanno preso questa decisione, forse c'è davvero qualcosa da sapere, non credete?

Il punto non è svegliarsi alle 5:30 per il piacere di essere già in piedi prima che sorga il sole (adoro il mio letto, come chiunque altro). Ma è un buon modo per dedicarsi ad attività che hanno, notoriamente, un impatto positivo sul nostro stato d'animo, sulla nostra produttività e (inoltre) anche sul nostro "livello di felicità".
Se vi alletta la prospettiva di iniziare ogni nuovo giorno pieni di entusiasmo e con l'intenzione di sfruttare il tempo al massimo, ecco la routine che ho adottato, in gran parte ispirata alle proposte di Hal Elrod, nel suo "The Miracle Morning".
(Nota importante: non c'è alcun bisogno di svegliarsi, per forza, alle 5:30 in punto. Basta essere in piedi prima del solito orario, per avere il tempo di svolgere tutte le attività)

1. Non pensare a nulla e… concentrarsi.
10 minuti

concentrarsi

Attenzione, qui si parla di meditazione. Le prove scientifiche dei benefici di questa pratica sono sempre più numerose.
Non si deve per forza restare seduti a gambe incrociate, per un'ora. Cinque minuti di meditazione, praticati regolarmente, vi permetteranno di godere già degli effetti positivi di questa attività.
Ho provato due app (in inglese) che possono guidarvi all'inizio:

1. Headspace (user experience incredibile!)
2. Calm (quella che uso ora)

Nel suo "The Miracle Morning", Hal Elrod suggerisce una tecnica semplice:

1. Sedersi in un luogo confortevole, mantenere la schiena dritta.
2. Chiudere gli occhi o guardare un punto fisso davanti a voi.
3. Concentrarsi sulla respirazione: ispirare di pancia, espirare dal petto.
4. Godersi la calma del momento, provare a restare concentrati sulla respirazione, senza pensare ad altro
5. Se vi rendere conto che la vostra mente ritorna ai soliti pensieri, niente paura. Restate tranquilli e ricominciate a concentrarvi sulla respirazione.

Benefici:

Ci si sente meno stressati e si ottiene una maggiore tranquillità mentale. Con un po' di pratica, ci si sentirà davvero "altrove" dopo aver riaperto di nuovo gli occhi.

2. Scrivere.
10 minuti

scrivere

Dedicare del tempo alla scrittura, anche solo per pochi minuti, può aiutarvi molto. Vi consente di fare il punto sullo "stato delle cose" e sintonizzarvi su ciò che conta.
Ad esempio, potete:

1. Scrivere 3 cose per cui siete grati: la vostra famiglia, una buona notizia, un'esperienza positiva, un obiettivo raggiunto…
2. Annotare i vostri pensieri del momento.
3. Ricapitolare i compiti che volete portare a termine nell'arco della giornata.
4. Appuntarvi una citazione che vi motiva e che volete tenere a mente.
5. Conservare il ricordo di qualcosa che avete imparato o realizzato.

All'inizio, scrivevo su un taccuino, tipo Moleskine, completamente bianco. Più avanti, ho ulizzato un apposito diario (non come quelli che avevo a 14 anni, con i cuoricini sopra). Oggi, sto cercando di creare il mio diario personalizzato, con una sua struttura e delle domande predefinite alle quali rispondere ogni giorno.

Benefici:

Vi sentirete più sereni e concentrati. Farete un elenco dei vostri progressi e delle cose positive della vostra esistenza.

3. Promemoria degli obiettivi.
10 minuti.

promemoria

Ci sono molti modi per farlo. Potete sceglierne uno solo oppure adottarne tre, come preferite.

1. Affermazioni. Sono delle frasi da ripetere a voi stessi, che descrivono la persona che vi piacerebbe diventare.
2. Visualizzazione: Quando visualizzate, dovete immaginarvi mentre siete intenti a realizzare i vostri desideri oppure mentre trascorrete una bella giornata… bisogna pensare e immaginare, al tempo stesso, le sensazioni che potreste provare.
La mia espressione la prima volta che ho sentito parlare di affermazioni e visualizzazione.
(All'inizio, ho avuto qualche difficoltà. Quando si comincia, si ha un po' l'impressione di essere nel bel mezzo di una di quelle conferenze americane, dove il presentatore non fa che ripetere quanto ognuno dei presenti sia favoloso e in che modo può cambiare il mondo…. Poi ci si abitua, gradualmente).
3. Richiamo degli obiettivi. È il momento di tirare fuori il vostro programma settimanale, di cui abbiamo parlato l'ultima volta. Potete anche concedervi un momento per appuntare i vostri obiettivi e ricordarvi perché desiderate raggiungerli. Per esempio: "Trascorrere una giornata fantastica con la mia famiglia, perché è la mia priorità numero 1".

Benefici:

È la mia carica di motivazione quotidiana. Mi aiuta a ricordarmi delle cose che voglio fare, dei motivi che mi spingono a farle e di come intendo metterle in pratica.

4. Muovere le chiappe!
0 minuti oppure un'ora e mezza.

muoversi

C'è un motivo per cui le persone di successo praticano sport, regolarmente. Hanno capito che c'è bisogno di essere al top della forma per raggiungere i loro obiettivi e vivere le giornate a pieno ritmo.
Non stupisce affatto, quindi, il fatto che Tim Cook vada in palestra tutte le mattine alle 5, o che Jack Dorsey inizi le sue giornate con una corsa di 10 chilometri.
Se volete dedicarvi all'esercizio fisico anche senza disporre di una particolare attrezzatura, senza iscrizioni in palestra e senza impegno, è possibile:

1. Andare a correre, anche solo per dieci o quindici minuti, almeno per iniziare.
2. Seguire uno dei famosi programmi di allenamento in 7 minuti (questo qui, ad esempio: https://itunes.apple.com/en/app/7-minute-workout/id650762525?mt=8)

L'ideale sarebbe fare un po' di movimento tutte le mattine. Io preferisco alternare. Ogni due mattine vado in palestra per un'ora e mezza. Il giorno seguente, non faccio alcun tipo di sport. Alla fine dei conti, preferirei di gran lunga fare solo 10 minuti di yoga, ogni mattina.

Benefici:

Praticare sport la mattina, anche solo per 10 minuti, vi aiuta a risvegliarvi completamente, scaricare lo stress, fare il pieno di energie. E, ovviamente, serve anche a restare in buona salute. Interessante, no?

5. Leggere.
20 minuti

leggere

Avete a disposizione una fonte di sapere illimitata: i libri. Qualsiasi obiettivo abbiate, che sia correre una maratona, diventare ricchi, fare il giro del mondo… ci sono libri sull'argomento che possono esservi di grande aiuto.

Leggere per 20 minuti (o anche solo 10) al mattino, significa assorbire delle conoscenze che potrete mettere in pratica fin da subito per raggiungere i vostri obiettivi.
Io faccio sempre dei riassunti dei libri che mi sono stati più utili. Potete scaricarli qui.
Qualche esempio dei libri che mi sono serviti di più:

1. "Quattro ore alla settimana" di Tim Ferriss (per dare una spinta alla vostra produttività).
2. "Come farsi degli amici", di Dale Carnegie (senza dubbio il miglior libro in circolazione sulla comunicazione interpersonale e l'intelligenza emotiva)
3. "100 euro bastano per reinventare la tua vita, fare ciò che ti piace e crearti un nuovo futuro", di Chris Guillebeau (come vivere della propria passione, con un piccolo investimento)
4. "L'arte di puntare all'essenziale", di Leo Babauta (imparare a fare di meno, per ottenere di più).

Benefici:

Perché non approfittare dell'esperienza di quanti hanno raggiunto questi obiettivi prima di voi? Ne guadagnerete in termini di tempo. Vi sentirete più ricchi come persone. Potreste ritrovarvi ad aiutare gli altri, condividendo quanto avete imparato.

Bilancio personale.

Ho adottato questi rituali ormai da qualche mese. Ecco alcuni benefici:

1. Non ho mai letto così tanto e imparato così tanto (leggo anche al di fuori della routine mattutina).
2. Sono (finalmente) riuscita nell'intento di praticare sport regolarmente (sembra quasi un miracolo).
3. So dove voglio andare e perché (anche se il "come" è, talvolta, soggetto a variazioni)

(Mentre scrivo queste righe sono le 6:10 del mattino. Ho appena finito il mio "rituale" e ho iniziato a lavorare sul mio compito principale della giornata: finire quest'articolo).

Non mi resta altro da fare che incoraggiarvi. Concedetevi il lusso di inziare le vostre giornate prendendovi cura di voi e facendo il pieno di motivazione, determinati a tirare fuori il meglio da ogni minuto.

— * —

Ecco la vostra "to-do" list:

1. Per i più "tosti". Domattina, puntate la sveglia un'ora prima del solito orario e dedicate 10 minuti ad ognuna di queste attività.
2. Per chi preferisce andarci piano. Scegliete 2 o 3 attività che vi sembrano positive e mettetele in pratica per un po' di tempo, domattina e per i giorni a seguire.

Sì dice che per far stabilizzare una nuova abitudine nella propria vita sia necessario superare la "soglia dei 21 giorni: 21 giorni da dedicare alla pratica di questa "futura abitudine"quotidiana. Se volete prendere questa direzione, sapete cosa fare :-)
Grazie per aver letto questo articolo.

Qui puoi trovare il libro di Hal Elrod

the-miracle-morning

Fonte

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21.10.15

Sport vegan

http://www.agireoraedizioni.org/materiali/opuscolo-sport-vegan.pdf

Irlanda. Il bello della Wild Atlantic Way - Repubblica.it

Irlanda. Il bello della Wild Atlantic Way - Repubblica.it
Irlanda. Il bello della Wild Atlantic Way
Perché aggiungere sale al sale? Detta così, in faccia all'Oceano, ci può anche stare. Il fatto è che Brian Mc Dermott non è un marinaio ma un cuoco e da tempo è passato dalle parole ai fatti: dopo 25 anni da "cuoco tradizionale", spinto anche da motivi di salute, ora cucina rigorosamente senza sale. Siamo a Moville, estremo nord dell'Irlanda, penisola di Inishowen, e Brian propone scuola di cucina e cene a tema (da 35 euro) in uno chalet in legno dietro la sua abitazione. Su una lavagna, provenienza e distanze degli ingredienti: due miglia per il pesce pescato stamattina, dalle due alle otto yard per i prodotti dell'orto. L'incontro e il pranzo con lui, che si definisce "un community chef nell'era dei celebrity chef", sono un buon viatico per il nostro tour lungo la parte settentrionale della Wild Atlantic Way.

La WAW è un sistema viario turistico attrezzato che insiste per ben 2500 chilometri sulle strade che percorrono la frastagliata costa occidentale irlandese. Un modello da imitare e un successo planetario oltre che un'architrave per itinerari su misura. Il nostro ha mixato gusto e panorami: così, dopo la cucina di McDermott, ci siamo abbuffati di panorami lungo le fantastiche spiagge della penisola di Fanad sino all'omonimo faro, uno dei più belli del mondo e ultimo riferimento del Vecchio Continente per i bastimenti diretti verso le Americhe. Il faro ospita tre appartamenti ristrutturati (fanadlighthouse. com ). Tra sabbie e scogliere ci accompagna Sean Mullan, guida preziosa per non perdersi neppure un dettaglio di paesaggio e storie.

Dopo una sosta a Donegal con relativo shopping da Magee, uno dei templi del tweed locale, ci dirigiamo verso la penisola di Mullaghmore. Qui ci aspettano le ultime due sorprese. Auriel Robinson è un'archeologa marina che lavora per Seatrails (www. seatrails. ie). Con lei inizia una lunga camminata sulla spiaggia di Streedagh che ci fa rivivere il dramma di tre galeoni dell'Armada spagnola che qui fecero naufragio e il cui equipaggio fu massacrato dagli inglesi; salvo un pugno di uomini che si salvarono e che, con l'appoggio di irlandesi e scozzesi, riuscirono a rientrare in patria.

La seconda sorpresa è da By the Sea, il ristorantino di Eithna O'Sullivan. Il simpatico locale è la base di Prannie Rathigan, una sorridente signora che ha messo la sua competenza di medico al servizio di una causa: la cucina a base di "sea vegetables", verdure di mare: sì, insomma, alghe.

È probabile che fra qualche decennio  -  quando ci ciberemo tutti di insetti e appunto di alghe  -  Prannie sarà considerata un profeta. Per ora si accontenta di girare il mondo per convegni ma, soprattutto, si dedica alla raccolta sul campo  -  pardon, sulle scogliere  -  e ha appena prodotto un manua-letto da portare con sé sulla riva per riconoscere le alghe commestibili. Sul suo sito (irishseaweedkitchen. ie) troverete molte informazioni sulle proprietà delle alghe ma occorre venire qui per assaggiare un dolce frullato, del pane e un pesto il cui verde viene dal mare. Più wild atlantic di così...



Vacanze slow. L'Italia a piedi - Repubblica.it

Vacanze slow. L'Italia a piedi - Repubblica.it
Vacanze slow. L'Italia a piedi
Seguire pellegrinaggi che portano a un santuario, percorrere un'antica via del sale, costeggiare linee ferroviarie dismesse o mulattiere dimenticate. Dimenticate in passato, oggi queste antiche vie offrono itinerari slow dove è facile scoprire che il tempo talvolta si ferma. Come moderni viandanti, partire per i tanti cammini presenti in Italia è un'occasione per rivendicare lentezza, gustando bellezze architettoniche, natura e sapori autentici. La più famosa è la via Francigena, quasi duemila chilometri, percorsa per la prima volta dall'arcivescovo di Canterbury circa mille anni fa, dalla Gran Bretagna a Roma. Tante le tappe degne di sosta. Dalla strada romana antica nei pressi di Donnas, vicino Aosta, alla Via Emilia.

Il Duomo di Fidenza, con i rilievi dei pellegrini in cammino. Le colline dolci della Val d'Orcia, Monteriggioni, la roccaforte senese fondata a difesa dei confini nord della repubblica nel 1213, ma anche San Gimignano. E Lucca, che offriva la possibilità di venerare le spoglie di numerosi santi. La discesa di Radicofani lungo la vecchia Cassia è uno dei tratti più belli, poi tra uliveti e boschi si passa da Bolsena e il suo lago, scendendo lentamente a Roma.

Il Cammino dei Briganti è ben più breve. È un percorso ad anello di 71 chilometri che parte e finisce a Tagliacozzo, vicino a l'Aquila. È un cammino di confine, che attraversa un territorio che oggi vaga tra Abruzzo e Lazio, ieri tra Stato Pontificio e Regno Borbonico. Oggi l'esperienza degli antichi viaggiatori viene riproposta a piedi da paese a paese lungo questo sentiero semplice, ben percorribile, con posti attrezzati. Si cammina a quote basse, tra gli 800 e i 1300 metri, tra terre di boschi e montagne, vallate e piccoli centri medievali, facendo tappa per assaggiare piatti della tradizione. Per il Cammino di San Benedetto è il culto (e l'amore per la natura) a guidare attraverso il sentiero che parte da Norcia, con la splendida Basilica, e, percorrendo 300 chilometri, porta a Montecassino, nella valle del Liri, attraversando i luoghi più significativi della vita di san Benedetto da Norcia. Tra boschi di pioppi, fiumiciattoli e colline, campi di grano e pascoli, attraversa i Monti Sibillini e Subiaco, nell'alta valle dell'Anienie, con alcuni bellissimi monasteri benedettini.

È San Francesco invece a guidare il percorso che attraversa l'Umbria da nord a sud e prosegue verso la Valle Santa di Rieti, fino a raggiungere la tomba dell'apostolo Pietro a Roma. Il cuore della via è Assisi, patria del santo, di cui si possono contemplare i resti nella splendida Basilica. Si passa per il santuario della Verna, immerso nei boschi dell'Appennino toscano, per l'Eremo del Cerbaiolo a Pieve Santo Stefano e per l'Eremo di Montecasale a Sansepolcro. E, attraverso la Riserva Naturale dell'Alpe della Luna, nel silenzio dei boschi abitati da daini, cervi e caprioli, si giunge a Gubbio, dove vale la pena sostare per vivere l'atmosfera spirituale del Convento di San Francesco. Richiede sette giorni a piedi la Via del Sale, originariamente percorsa dai mercanti. Si parte da Varzi, antico borgo dell'Oltrepò Pavese, famoso per il salame che vi si produce, sede del Castello della potente famiglia Malaspina che deteneva il dominio di numerosi feudi del- la zona, e della Chiesa dei Cappuccini, pieve del XII secolo dedicata a San Germano, patrono del paese. Si transita per Monteforte, terra di boschi di castagni e felci, e Castellaro, villaggio dal tipico aspetto medievale con costruzioni in sasso. Attraversando il Parco naturale dell'Antola e l'Alta Via dei Monti Liguri, si arriva a Sori sulla Riviera ligure di Levante. Dove potete recuperare con le specialità del posto, dalla focaccia genovese alle linguine con il pesto.

È immersa nella macchia mediterranea sarda la Strada del Vino Carignano, che vaga per duecento chilometri dall'entroterra al mare tra vigneti e cantine dell'isola, dove degustare il rosso del Sulcis Iglesiente. La Via degli Dei, invece, porta a fare trekking tra Bologna e Firenze, 130 chilometri lungo l'antico tracciato della Flaminia Militare. Perché Via degli Dei? Perché il percorso attraversa località come Monzuno ( o Mons Iovis, monte di Giove), Monte Venere e Monte Luario (Lua era la dea romana dell'espiazione). L'itinerario parte da Bologna per salire a San Luca, e poi seguire il lungo Reno fino a Sasso Marconi, dove si inerpica per Contrafforte Pliocenico. Infine si giunge a Firenze con una straordinaria vista dall'alto da Fiesole. E' caratterizzata dai selciati di origine romana che troviamo in diversi tratti del percorso, ma anche dai grandi boschi e le torri in pietra di Monte Adone. La parte più alta del cammino è quella di Contrafforte Pliocenico, con le sue grandi faggete, e porta alle colline dolci della piana del Mugello.



19.10.15

Il fabbisogno glucidico (di carboidrati)

Il fabbisogno glucidico (di carboidrati)


"A me la coscienza interessa più delle opinioni degli altri" CICERONE

Si sente spesso dire: non esistono carboidrati essenziali ma solo amminoacidi e grassi essenziali.
Ottimo e questo cosa vuol dire? Che i carboidrati sono un macronutriente meno importante? Che possiamo benissimo vivere senza?
Certo, possiamo vivere anche senza figa se è per questo.Shay-Laren-girls-16265306-1707-2560

Certe affermazioni, non mostrano una comprensione reale del metabolismo del corpo, dei suoi regolatori e degli effetti che questi hanno sulla nostra composizione corporea.
Limitare l'assunzione di carboidrati , come succede nelle diete low carbs, è una delle tante strategie per perdere peso. Funziona?
Si funziona.
E' ottimale?
No non è ottimale, almeno sul lungo periodo.
Come succede per tutti macronutrienti conviene sempre assumerne il giusto quantitativo, ne inferiore, ne superiore.

ippocrate

Cosa ci perdiamo se limitiamo eccessivamente i carboidrati?

1) Si abbassa il metabolismo. La leptina è regolata sul metabolismo glucidico adipocitario, mangiare pochi carboidrati porta ad abbassarla, con ripercussioni sugli ormoni tiroidei e gonadici. Inoltre l'enzima deiodinasi che converte il T4 (poco attivo) in T3 (molto attivo) è regolato principalmente a livello epatico, renale e muscolare. Più le scorte di glicogeno sono elevate e più è alto il metabolismo.
Qui di seguito l'articolo che ti spiega come attraverso i carboidrati possiamo far ripartire il metabolismo.

2) Limita la crescita muscolare. La sintesi proteica è un processo che richiede un surplus calorico. Lo stato energetico cellulare è governato anche dai depositi di glicogeno. Diete low carb abbassano i valori delle scorte muscolari.
Perchè sono i carboidrati il carburante preferenziale?
Per tre ragioni.
– A parità di consumo d'ossigeno producono più energia:
1L di O2 produce 5,36Kcal ossidando il glucosio
1L di O2 produce 4,47Kcal ossidando acido palmitico
1L di O2 produce 3,33Kcal ossidando Isoleucina /leucina
Gli acidi grassi non possono essere ossidati in assenza d'ossigeno
– I carboidrati non producono prodotti di scarto come l'azoto delle proteine o i chetoni degli acidi grassi.
Oltre a questo aumentando la glicemia hanno un'azione diretta contro la proteolisi, come vedremo nei prossimi paragrafi.

Il fabbisogno glucidico.

Il fabbisogno glucidico (di carboidrati)

Il nostro corpo ha tessuti glucosio dipendenti e glucosio preferenziali. I primi sono quelli privi di mitocondri come i globuli rossi, che possono usare solo la glicolisi anaerobica come fonte energetica, i secondi sono quelli quasi privi degli enzimi per la beta-ossidazione e che utilizzano come metabolita energetico il glucosio, ma che possono sfruttare anche i corpi chetonici se occorre, come il cervello.

Dopo due ore da un pasto quando la glicemia torna a valori quasi normali, il fegato inizia a rilasciare glucosio ai tessuti. Mediamente l'organismo ha bisogno 7-8g di glucosio all'ora (0,1-0,12g/Kg di peso corporeo) se la persona non è attiva, il fabbisogno glucidico raggiunge il suo massimo dopo 10-12 ore di digiuno dopodiché il metabolismo inizia ad shiftarsi verso la beta-ossidazione.
Il SNC (sistema nervoso centrale) ha bisogno mediamente di 120g al giorno pari al 40-60% del consumo totale di glucosio, in una persona moderatamente attiva di 70kg.
Gli eritrociti (i globuli rossi) consumano invece 37g al giorno (tra il 12-15% del consumo totale).
Midollare del surrene, testicoli, retina e tutti gli altri tessuti glucosio-dipendenti consumano 45-50g (17-21% del consumo).
I muscoli a seconda dell'attività svolta richiedono più o meno glucosio, a riposo il loro dispendio è prevalentemente a carico degli acidi grassi ed in una persona moderatamente attiva consumano al giorno 30-40g di glucosio (15-18% del totale).
In condizioni basali il fabbisogno glucidico si aggira intorno ai 180g al giorno (2,6g/Kg di peso corporeo), a seconda invece delle attività che la persona svolge, arriva a 210-220 per chi non fa mestieri pesanti (3-3,2g/Kg di peso corporeo).

Da dove arrivano gli zuccheri:

Fabbisogno glucidico

In condizioni di digiuno (per le prime 12-16 ore) il glucosio immesso per soddisfare le esigenze dell'organismo arriva principalmente dal fegato che eroga 7-8g all'ora.
Di questi 2/3 arrivano direttamente per glicogenolisi, mentre 1/3 da processi di gluconeogenesi (glucosio derivante: dal lattato, aminoacidi muscolari, glicerolo). Il rapporto esatto tra i due dipende dalle scorte di glicogeno più sono ampie e più vengono in prevalenza utilizzati i glucidi.
Abbiamo così in queste ore di "digiuno" una lisi muscolare atta a fornire energia. Va fatto notare che per ottenere un grammo di glucosio dagli aminoacidi dobbiamo spendere 1,75g di proteine.
In una giornata intera senza mangiare una persona utilizzerà mediamente 150g di proteine per fornire glucosio, una somma molto rilevante per il catabolismo muscolare.

Va però ricordato che l'adattamento al digiuno, permette di limitare la lisi muscolare, il corpo regola la biosintesi proteica in base alla disponibilità degli aminoacidi nel flusso ematico.

Morale della favola

La morale della favola è che tutte le strade portano a Roma.
Potete scegliere se fare tanti piccoli pasti durante la giornata per limitare il catabolsimo muscolare, oppure potete scegliere il digiuno intermittente lasciando all'organismo la capacità d'adattarsi e di sfruttare dopo una fase catabolica una sovra-fase anabolica.
Potete scegliere di mangiare tante proteine in modo che la loro più lenta digestione/assorbimento rilasci in modo graduale amminoacidi nel sangue, oppure potete assumere molti carboidrati per limitare il più possibile la lisi epatica e muscolare.

Quello che però non potete fare è impedire al vostro organismo di consumare 180-220g di glucosio al giorno (senza allenamento) pari a 2,6-3,2g/Kg di peso corporeo.
La strategia che sceglierete starà a voi, low carb, chetogeniche sono diete che funzionano benissimo (soprattutto per tempi limitati), tuttavia difficilmente le persone si trovano bene per tutta la vita, perchè?
Perchè non assumere il giusto quantitativo di carboidrati è un po' come vivere in Italia e scambiare gli euro in dollari per doverli poi riscabiare per potersi comprare le cose.

Impariamo ad alimentarci in modo intelligente, impariamo a dare al nostro organismo quello di cui ha bisogno.

Nel prossimo articolo vedremo quanto glucosio spendiamo durante le attività sportive.

(Se ti è piaciuto l'articolo aiutaci e condividilo, ma ricordati di commentarlo sul sito, rispondiamo solo qui.)




15.10.15

Digiuno, digiuno intermittente e “super digiuno” - vivereinforma

Digiuno, digiuno intermittente e "super digiuno" - vivereinforma

Questo articolo nasce per rispondere a tutti coloro che, essendosi avvicinati agli approcci a digiuno intermittente o intermittent fasting (i cui vari tipi sono stati egregiamente descritti da Lorenzo Pansini in questo articolo), chiedono ripetutamente se il tal alimento o integratore può essere assunto durante le fasi di digiuno o lo "interrompa". Sperando dunque di rispondere una volta per tutte a queste domande, avventuriamoci nell'affascinante mondo del metabolismo umano, per capire qualcosa di più.

Che cos'è il digiuno

Il digiuno, in termini letterari, è questo: "astensione totale o parziale dagli alimenti, sia volontaria (per es. come forma di protesta non violenta), sia in osservanza di un precetto religioso o di una prescrizione medica".

A noi, nel campo salute, nutrizione, fitness, ricomposizione corporea, dimagrimento, oncologia, e chi più ne ha più ne metta, più che il digiuno in sé interessano i suoi effetti metabolici, per cui propongo un'altra citazione (di Lyle McDonald – se non erro nel libro The Rapid Fat Loss Handbook): "la dieta è come il digiuno, soltanto meno drastica". Questa affermazione può risultare stravagante o senza senso, in realtà un senso ce l'ha eccome, basta leggere fra le righe: gli effetti metabolici di una restrizione calorica sono assimilabili a quelli di un digiuno, la differenza sta nell'intensità e le tempistiche entro i quali questi si verificano.

Qualcuno ricorda il Minnesota Semistarvation Study? Spero di sì, perché se una cosa buona ha fatto Ancel Keys, sarebbe molto meglio ricordarlo per questo che non per il fallace "Seven countries study". A cosa è servito questo esperimento? A molto, moltissimo: ci ha fatto comprendere cosa accade, a livello biologico, psicologico e sociale, a persone a digiuno. Tutto il mondo della Ricerca parla di "digiuno", ma a quanto ammontava l'introito energetico dei pazienti di Keys e colleghi? 1800 calorie al giorno, per 6 mesi. I Ricercatori considerano digiuno ciò che oggi molte ragazze e molti ragazzi pensano siano introiti che facciano ingrassare.

Digiuno reale vs metabolico

Perché considerare digiuno qualcosa che, di fatto, non lo è? 1800 calorie giornaliere significa comunque mangiare una quantità di cibo che molte persone a dieta oggi si sognano, dov'è l'inghippo? L'inghippo risiede nella nostra incapacità, da esseri umani, di pensare "lateralmente", una sorta di pigrizia cognitiva, quello che ci porta a distorsioni del ragionamento che chiamiamo, nel gergo, bias. Attenzione, un bias non è necessariamente negativo: il nostro cervello cerca di utilizzare scorciatoie di ragionamento, che sono utili in termini evoluzionistici, perché stereotipate e molto più veloci di processi consapevoli (pensate ai riflessi: girarsi bruscamente per un forte rumore può essere futile se questo rumore è generato da un portone che sbatte a distanza, è vitale se il rumore è generato da un'automobile che urta un muretto a pochi metri da noi).

Il bias in questo caso risiede nel fatto che abbiamo fatto nostra la definizione di digiuno come "Non si mangia (e a volte beve) nulla", quando in realtà come detto su a noi interessano gli effetti metabolici del digiuno. Pensate ai vari farmaci antitumorali o antidiabetici o anticolesterolo: tutti farmaci che agiscono su vie metaboliche attivate anche in condizioni di digiuno. A tal proposito consiglio la lettura dell'articolo "Calorie, carboidrati e terapia del cancro con le radiazioni: sfruttare le cinque R tramite la manipolazione dietetica" (1). In particolare vi chiedo di soffermarvi sull'immagine che riporto qui sotto. Non spaventatevi, a breve la spiegazione semplice di tutto il quadro:

cancer calorie restriction ketogenic

A sinistra abbiamo fattori per così dire "catabolici" (ricavano energia a partire da molecole più complesse, carboidrati, grassi e proteine), a destra quelli "anabolici" (creano molecole complesse avendo a disposizione energia e molecole più semplici). Per farla spicciola: attivare i fattori a sinistra fa dimagrire e perdere peso, attivare quelli a destra fa ingrassare e accumulare peso.

Ma c'è qualcosa di più affascinante in tutto ciò: attivare i fattori a sinistra "simula" in qualche modo il digiuno. Perché? Perché la cellula "vede" quelli, non ragiona in termini di cosa mettiamo in bocca in un determinato momento o quanto duri la nostra finestra di sovralimentazione, se quei fattori sono attivati, lei capisce "digiuno". Volete un parallelismo che faccia comprendere questo discorso? Prendiamo una stanza con un condizionatore regolato da un termostato. Immaginiamo che la manopola di regolazione del termostato sia rotta, e che il condizionatore non raffreddi abbastanza la stanza. Noi abbiamo caldo, molto caldo, come facciamo per far avviare il condizionatore, in un certo senso "ingannandolo"? Prendiamo un phon e lo piazziamo sul termostato, che "sente" l'innalzamento di temperatura e avvia il condizionatore.

Come potete osservare dall'immagine, "Calorie restriction", "Ketogenic diet", "CHO restriction" sono messe insieme, perché tutte e tre hanno effetti simili e attivano i fattori a sinistra. A destra troviamo invece "Protein restriction", che come potete osservare dalla linea spezzata, inibisce i fattori anabolici e interagisce anche con ciò che c'è a destra.

Cosa significa tutto questo? Che se io faccio "vedere" alla cellula che sono attivi i fattori a sinistra, in qualsiasi modo ottenga questo risultato, lei capirà "digiuno". Il che vuol dire che se introduco un alimento, prima di chiedermi "Interrompe il digiuno" devo chiedermi "Interferisce con quelle vie metaboliche? In che modo? Le potenzia o le inibisce?"; solo le risposte a queste domande possono davvero farmi capire se ciò che sto facendo si inserisce bene o meno nel mio protocollo di digiuno intermittente, in fase di sottoalimentazione (nella sovralimentazione cerchiamo esattamente il contrario, ma adesso stiamo parlando dell'underfeeding). Ma c'è di più, molto di più…

Il "super digiuno"

Questo termine ho cominciato a utilizzarlo per fare intendere che, paradossalmente, possiamo usare gli alimenti in maniera funzionale non solo per simulare il digiuno, ma per amplificarne gli effetti. Carino, eh? In effetti l'argomento è molto affascinante, ma alcuni esperimenti e ricerche sono spesso prese sotto gamba, ci si ferma sempre alle cose tangibili e tutto ciò che non si può vedere sembra non interessare. Prendiamo ad esempio l'esperimento di Draznin e colleghi, di cui ho fatto una revisione in "Grassi dimagranti" e che si intitola "Effetti della composizione dei macronutrienti dietetici sull'espressione e l'attività di AMPK e SIRT1 nel muscolo scheletrico umano" (2).

Non vi chiedo di andarvi a leggere quegli articoli, ma solo di guardarne i grafici; o, se proprio non ne avete voglia, state attenti alle parole che seguono. Draznin ha fatto un esperimento con 4 tipi di diete diverse, ovvero

  • Una dieta ipocalorica a bassi carboidrati e alti grassi;
  • Una dieta ipocalorica ad alti carboidrati e bassi grassi;
  • Una dieta ipercalorica a bassi carboidrati e alti grassi;
  • Una dieta ipercalorica ad alti carboidrati e bassi grassi.

Quali erano le diete che attivavano maggiormente le vie "a sinistra" (relativamente all'immagine discussa sopra)? Quelle elevate in grassi, rispetto a quelle elevate in carboidrati. A questo non era difficile arrivare per… semplice logica. Ma la cosa più interessante è questa: la dieta ipercalorica ad alti grassi comunque attivava quelle vie, vincendo sulla dieta ipocalorica ad alti carboidrati. Unendo questo al discorso fatto sopra: le cellule capivano "digiuno" anche in ipercalorica!

Qui si potrebbe aprire una piccola parentesi che non piacerà ai fautori della statistica medica: una dieta low carb, a parità di calorie, genera risultati differenti rispetto a una dieta high carb? In sostanza, posso introdurre più calorie ingrassando meno in una dieta high fat? La risposta è sì, e i motivi biochimici e fisiologici qui descritti ce lo dicono chiaramente.

Alimenti e supplementi funzionali al digiuno

Olio di cocco, acido alfa lipoico (ALA), epigallocatechin gallato (EGCG), cannella, pepe nero, aceto, allina, vanidil solfato, cromo polinicotinato, e chi più ne ha più ne metta: cosa hanno in comune? Sono tutti degli induttori, simulatori, potenziatori del digiuno. Il che significa che se mangiate olio di cocco durante il digiuno, non lo "interrompete", ma lo potenziate; se assumete EGCG o ALA o qualsiasi altra sostanza in grado di agire sui quei fattori "a sinistra", non state facendo altro che potenziare gli effetti del digiuno.

Caffeina e stimolanti? Non devo dirvi io se possono essere o non essere assunti, dovete essere voi bravi a ragionarci su: la caffeina, direttamente e indirettamente, aumenta la produzione e i tempi di azione della noradrenalina. La noradrenalina fa mettere in circolo nutrienti, "depletando" le scorte energetiche cellulari e quindi aumentando il rapporto ADP/ATP, che a sua volta attiva AMPK/PPAR: dove compaiono, questi, nell'immagine su discussa? A sinistra! Quindi, caffeina e stimolanti sono altri potenziatori del digiuno (che poi le xantine abbiano anche un effetto sulla sensibilità al glucosio e l'insulina, è un discorso a parte, in questa sede parliamo dell'underfeeding, non dimenticatelo).

L'acqua e il super digiuno idrico

E in tutto questo, l'acqua? Molte volte viene trascurata, perché tanto… "è acqua". Non è così: l'acqua può essere utilizzata funzionalmente in diversi modi, ma non possiamo svelarvi "tutto e subito", parte di questi modi saranno trattati dal Dott. Manuel Salvadori. Io qui ne parlo nel contesto del nostro "super digiuno".

L'acqua può essere utilizzata funzionalmente per potenziare gli effetti del digiuno? Non ha nutrienti, non ha calorie, ha qualche minerale, ma non in quantità tali da avere macroscopicamente effetti rilevabili in tal senso. E allora? Come posso utilizzare l'acqua in questo modo? Ritorniamo al nostro "pensiero laterale": sapete cos'è l'ipotensione ortostatica? Una condizione in cui, passando da clinostatismo (sdraiati) a ortostatismo (in piedi) si avvertono capogiri e/o nausee dovuti a un abbassamento pressorio che non dovrebbe verificarsi (questo potrebbe far sospettare anche un affatticamento surrenalico). Sapete qual è uno dei modi non farmacologici per gestirla? Boli d'acqua! Bere una quantità consistente d'acqua (> 500 mL) in pochi minuti permette un innalzamento pressorio di 10-20 mm Hg (3) noradrenalino-mediato. Avete letto bene, mediato dalla noradrenalina. Dove agisce la noradrenalina, riprendendo in mano l'immagine di cui sopra? A sinistra: "super digiuno".

Considerazioni e conclusioni

Cosa ricavare da quanto detto? Ogni volta che pensate a quali alimenti inserire o non inserire nel vostro protocollo di digiuno intermittente, in fase di sottoalimentazione, non chiedetevi "Interrompe il digiuno?" ma prendete in mano quella immagine e indagate per capire dove ciò che state introducendo agisce: a sinistra o a destra? Se agisce a sinistra, non "interrompe" ma induce, simula o potenzia il vostro digiuno. Pensate comunque anche alle interazioni tra sinistra e destra: supplementi come i BCAA stimolano direttamente le vie a destra, ma se assunti in restrizione energetica l'effetto netto non è quello di "interrompere il digiuno".

Se studiate bene l'immagine vi accorgete, infatti, che la restrizione energetico-glucidica oltre ad agire sulle vie a sinistra, attivandole, mette un freno a quelle a destra (guardate la linea interrotta che da AMPK a mTORC1). Questo è anche il motivo per cui non si può sempre considerare un singolo fattore come "anabolico" o "catabolico", ed il motivo per cui nessun Ricercatore con un po' di buon senso metterebbe la carne (non i surrogati della stessa; la carne vera) tra gli alimenti "cancerogeni" di per sé: sebbene le proteine della carne siano un potente stimolo di quelle vie a destra, se persiste una restrizione calorico-glucidica e un certo grado di attività fisica, le chance di aumentare la proliferazione cellulare sono molto ridotte. Ma questo è un altro paio di maniche e un discorso da affrontare in separata sede.




10.10.15

11 Easy Exercises To Heal Scar Tissue And Ease Inflammation - Just Naturally Healthy

11 Easy Exercises To Heal Scar Tissue And Ease Inflammation - Just Naturally Healthy
1-5

By Jennifer Lang

As soon as I got out of bed, I knew something was wrong. My left foot felt fine, but my right one hurt each time I took a step. I did a quick mental check of potential causes: a bike ride with kids—OK. A vigorous yoga class—maybe. A 30-minute jump-roping session in my lightweight, snazzy sneakers—ouch!

For the following two weeks, I winced when I walked. An orthopedist, who X-rayed my foot, discovered a bone spur and the beginnings of mild arthritis in both feet. He concluded that I'd pinched a nerve jumping rope in non-supportive shoes. Prescription: time, patience, and no more strenuous yoga.

A week later, still in pain, I went to a chiropractor. After reviewing the doctor's report, he felt my right foot, then left, then right again. New diagnosis: scar tissue. It's normal, he said, but because of a severely sprained ankle 13 years ago, I had a lot of it.

Hearing about everyone else's aches, my guess is I'm not alone. Many people walk around with vague pain in their shoulders or backs thinking they've got tendonitis or arthritis. What if it's not one of those catchall "itises," but really scar tissue? And what if healing requires a more hands-on approach and some yoga-like stretching instead of an anti-inflammatory and a sling?

Moving the matrix

"The reality is if you've ever had an injury, you have scar tissue," says Natalie Nevins, a medical doctor and a certified yoga instructor in Hollywood, California. Scar tissue forms as the body's natural response to trauma, such as sprains, strains, and repetitive stress injuries to muscles and joints. It consists primarily of collagen, which is a type of connective tissue that assists healing of the damaged tissues. "We often think of it as bad, but without it our bodies would never heal," says Nevins.

But scar tissue formation isn't always problem-free. Unlike soft tissue—which has fibers running alongside each other in the same direction—scar tissue can form randomly, potentially causing pain and limiting function. "Think of a game of pick-up sticks where you stand the sticks upright in your hand and then gently let go, allowing them to drop any which way," says Nevins. "That's what scar tissue can do if you don't help your body heal properly." Meaning? Say you sprain your wrist. Most likely, your instinct is to immobilize it based on the RICE theory—rest, ice, compression, and elevation. But what you really need to do is keep moving. "Rest doesn't mean immobilize," says Nevins. "It means do what you can do—gentle, pain-free, range-of-motion, non-weight-bearing exercises—and slowly work your way up each day." If you keep proper motion going and strengthen the surrounding area, slowly working to rehabilitate the injury and stretch the surrounding areas that are tight, scar tissue will lay down in the same pattern as the original tissue.

Easy does it

Because scar tissue takes years to form and is created any time you damage skin, tendons, ligaments, fascia, muscle, and joint capsules, you may not realize you've developed a problem with it until it's too late. "It's a process that occurs over a long period of time, and you won't even know it," says Robert Inesta, MD, a chiropractor in Eastchester, New York, with a focus on soft tissue treatment. That's why knowing how to treat an injury in the days and months following it becomes so critical. Once heavy scar tissue has formed improperly, you may get into a situation where more aggressive treatment—chiropractic or physical therapy—is needed to break the tissue down so it can heal the right way. Gentle motion at the time of injury encourages a more natural healing process and prevents you from having to break up troublesome and impeding scar tissue years later.

That said, moving an injured knee, wrist, or ankle can cause significant pain and discomfort. Your first instinct might be to mask the pain with medications. Don't. "Pain is your body's way of communicating with you," says Nevins. "If you don't listen to your body's warning signs, you continue to cause micro-trauma to an area, which leads to further inflammation and disorganized scar tissue formation." Thus, there's a delicate balancing act between moving an injured area and causing more damage to it. Pain is at the fulcrum. Pay attention to its signals, and you'll know when to say when.

The body as a single unit

With any injury, it's important to assess not only the place of pain, but also all the tissues that can affect that area. "You have to look at the entire body as a continuous biomechanical unit," explains Inesta. With repetitive stress injuries, for example, such as lateral epicondylosis (tennis elbow), you feel pain in your elbow, but the origin of that pain may come from the shoulder or wrist. The shoulder may not rotate properly because of a scar tissue adhesion in the rotator cuff. Or, the muscles that extend the wrist may be overworking to compensate for weak wrist flexors, creating stress that will lead to the formation of scar tissue in the elbow. The same goes for nerve entrapments such as carpal tunnel syndrome. If the nerve is restricted in the carpal tunnel, it will develop scar tissue adhesions in other surrounding areas such as the elbow, shoulder, or neck because it isn't sliding properly. Backaches or strained necks from sitting at a desk all day are no different. "We aren't designed to sit straight for eight hours every day," says Nevins. "If you stop moving an injured joint or soft tissue that long it interferes with the normal healing process, causing scar tissue to be laid down randomly." The result: pain and loss of mobility.

Yoga to the rescue

Any kind of stretching can help ease scar tissue buildup. "Yoga can be especially effective because it's based on motion, which is precisely what the body needs," says Nevins. Hatha, or physical yoga, works every joint, stretches key areas of the body, strengthens weaker muscles, and balances the body out. "Any pose can be good to do, depending on where the scar tissue is," says Nevins. You should never go to the point of pain, no matter what. That means modify and keep it gentle. Don't bend as deeply or hold as long as you usually do, and use extra props. For example, when my right foot was hurting and I couldn't sit in Virasana (Hero Pose), I rolled a blanket up and put it underneath the tops of my feet. That little lift made the pose pressure- and pain-free, enabling me to stretch my feet and legs.

It doesn't matter whether you're an avid yoga practitioner or a newcomer—you need to work within your limitations and condition your body properly. Also, try finding an instructor who understands injury and knows how to modify poses based on a person's physical restrictions. "Even if you set out with the best of intentions to exercise," says Inesta, "if you do motions incorrectly or don't have proper body alignment, you can hurt yourself and cause scar tissue to build."

As for me, the pain in my foot is long gone. Twice a week for one month, the chiropractor kneaded his thumb into the sole of my foot, into the outer ankle, and up into the calf muscle to break down the old scar tissue buildup. I found myself wishing I'd known about keeping my injury mobile 13 years ago. Over time, the pain lessened—and contrary to the orthopedist's advice about yoga—I found the poses and intense stretching actually helped. This time, I knew that movement, rather than rest, would lead me toward ultimate healing.

11 Exercises to Heal Scar Tissue

The following exercises can help bring movement back into areas of the body most commonly affected by scar tissue adhesions. Practitioners recommend stretching twice a day, holding stretches for 10 to 20 seconds with 10 repetitions. Break up your workday by doing the ankle and neck exercises at your desk.

Ankle

  • Ankle alphabet (not shown): Sit on a chair and let your legs dangle. Using right (then left) ankle and foot only, trace the letters of the alphabet from A to Z in the air.
  • Ankle/calf stretch (below): Stand on a doorway sill with your heels on the floor and your toes on the sill. Rise up on your toes until you feel a stretch through both calves.

Wrist & Elbow

Since the majority of the muscles that move the wrist in all directions come from the medial and lateral sides of the elbow (inside and outside), any wrist stretch will affect the elbow.

  • Wrist flexor stretch (above): Sit with your elbows splayed on a table until your forearms rest on the table. Begin to press your palms together until you feel a stretch.
  • Wrist extensor stretch (not shown): Extend your left arm in front of you, grasp your fingers, thumb included, with your right hand and gently pull your wrist back until you feel a stretch. Hold for 20 seconds, then change sides.

Back

  • Cat/Cow (above): Kneel on all fours with hands under shoulders and knees under hips. As you inhale, slowly lift your head and your tailbone toward the ceiling, arching your back and reaching your collarbones forward (main photo). On an exhale tuck your chin and tighten your stomach as you round your back and look at your navel (inset).
  • Spinal Twist (not shown): Sit on a chair and put your hands on your shoulders with your elbows out to the sides, parallel to the floor. Slowly twist your torso left, then right.

Lower back

Pelvic Tilt (not shown): Lie down on your back with your knees bent and feet flat on the floor. Tip your pubic bone toward your navel as you move your navel up and back toward your spine. Release your tailbone back to the floor, relax, and repeat.

Bridge Pose (below): Repeat pelvic tilt, but this time raise your buttocks off the floor as high as you can comfortably go, engaging your stomach muscles and lifting your sternum. Don't tuck your chin.

Neck

  • Neck rotation (above): Sit up straight. Turn your head slowly to look over one shoulder, come back to center, and look over the other.
  • Neck extension (not shown): Lie on your back, knees bent, and lift your chin gently toward the ceiling. Come back to center. Repeat.
  • Lateral neck flexion (above): Slowly tilt head toward left shoulder, using your right hand to guide. Repeat on right side.



5 consigli per eliminare le riunioni inutili - Wired

5 consigli per eliminare le riunioni inutili - Wired

Una persona o fa una riunione o lavora. Non può fare entrambe le cose allo stesso tempo

Ryan Holmes

Pubblicato

La maggior parte di noi può essere d'accordo nel dire che, sul posto di lavoro, non c'è nulla di più inefficiente (o frustrante) di una riunione inutile. Certo, può essere preziosa per discutere faccia a faccia di progetti e iniziative importanti, ma ad un certo punto diventa solo controproducente. E il non sapere quando e dove questa linea viene superata, sta diventando un problema diffuso, all'interno di molte imprese. Le riunioni non indispensabili costano alle aziende una cifra fuori di testa: 37 miliardi di dollari all'anno, secondo uno studio. E altre ricerche, nel frattempo, hanno dimostrato che gli impiegati passano più di 60 ore ogni mese in meeting del tutto improduttivi. La metà dei quali viene dipinto come una completa perdita di tempo.

Mentre la mia azienda è diventata sempre più grande, ho notato quanto sia davvero difficile porre un freno a queste riunioni. Il team originale che ha creato Hootsuite, la nostra piattaforma che si occupa di gestione dei social media, era composto da appena 7 persone.

Adesso abbiamo più di 800 dipendenti e 10 milioni di utenti. Le riunioni sono un'assoluta necessità, ma la mia ossessione rimane quella di fare in modo che siano focalizzati e mirati alla risoluzione di un preciso problema.

Qui di seguito, ho individuato alcuni principi chiave che aiutano me e la mia squadra a non cadere nella trappola, che è sempre dietro l'angolo, della riunione improduttiva:

1. Dì semplicemente di no. Troppo spesso, i partecipanti ad una riunione non hanno la più pallida idea del perché siano lì presenti. Una riunione senza un chiaro oggetto è un inutile spreco di tempo.

Quindi, uno dei modi migliori per far sì che i vostri meeting siano produttivi, è non prenderne proprio parte. Affinate la vostra capacità di dire no sul posto di lavoro. Se siete invitati ad una riunione sulla quale nutrite qualche dubbio, non abbiate paura di dirlo all'organizzatore, e chiedetegli perché la vostra presenza è così necessaria.

Quindi, chiedetevi se è assolutamente necessario incontrarsi per affrontare il problema in questione. Può essere risolto via email, telefono o con un veloce scambio di opinioni faccia a faccia? Se sì, declinate educatamente l'invito, e suggerite un'alternativa più rapida.

2. Solo Vip: fate in modo che la lista sia ristretta. Se proprio una riunione deve essere fatta, fate in modo che nella lista dei partecipanti ci sia solo chi è assolutamente necessario. Steve Jobs ha sempre seguito alla lettera questo principio, e ha sempre fatto in modo che ad un meeting fossero presenti solo gli stretti e indispensabili, nonostante Apple fosse diventata una realtà globale enorme. E l'amministratore delegato di Google, Larry Page, ha una regola per la quale ad una riunione non possono partecipare più di dieci persone.

Un esercizio da fare, per iniziare, è quello di provare a far fuori la persona meno necessaria, ad ogni riunione. Non è una cosa che il vostro collega debba prendere sul personale: spiegategli che è semplicemente il modo migliore per rispettare il suo tempo prezioso.

3. Fate una prova generale. Come in una grande performance, la parte più importante di una riunione produttiva ha luogo prima ancora del fischio d'inizio. Se l'avete organizzata voi, prendetevi 5 minuti per controllare che tutto sia a posto. Assicuratevi che tutto sia nella giusta posizione, testate il proiettore, le attrezzature audio e video, ecc. Se dovete usare degli strumenti specifici per una live conference, controllate che siano pronti per l'uso, prima che i vostri colleghi arrivino.

Se si tende a evitare il lavoro di preparazione pensando che sia solo una perdita di tempo, considerate quanto costa tenere dieci persone sedute in una stanza, a girarsi i pollici, perché qualcosa non funziona. Se queste dieci persone sono dirigenti (e quindi hanno stipendi da manager) è facile rendersi conto che anche pochi minuti di improduttività costano moltissimo all'azienda.

4. Mettete nero su bianco azioni concrete. All'inizio di ogni riunione, scegliete una persona che prenda appunti. E che si assicuri di includere una sezione intitolata "risultati" o "azioni". Dopo l'incontro, assicuratevi che questi appunti siano distribuiti a tutti i partecipanti del meeting, in modo che ognuno sappia esattamente cosa fare, e ne sia responsabile.

Senza questo accorgimento, può facilmente arrivare una sorta di amnesia collettiva. Le idee discusse vengono presto dimenticate e le cose da fare non vengono mai messe in pratica. Così da rendere quella riunione del tutto inconcludente, il che ci riporta alla vera questione: perché scomodarci con queste riunioni?

5. Tagliate corto. Solo pochissime riunioni hanno bisogno di più di 25 minuti. Ne ho viste migliaia, e lo so per certo. Questioni molto importanti possono essere risolte efficientemente in molto meno tempo. Sheryl Sandberg, di Facebook, è nota per avere un quaderno contenente la lista dei punti che devono essere discussi ad ogni riunione. Ogni volta che un punto è stato discusso, pone fine alla riunione, anche se sono passati appena 10 minuti.

Ai miei dipendenti, a Hootsuite, ho sempre detto di sentirsi liberi di alzarsi e andarsene da ogni meeting, se si rendono conto che a loro non serve sentire altro (anche da parte mia). Preferirei mille volte vederli lavorare alla loro scrivania, piuttosto che averli lì, seduti educatamente ad ascoltare e recepire informazioni che comunque non possono utilizzare. Provateci. È incredibilmente liberatorio tagliarsi fuori da una riunione nella quale si sente di non essere più indispensabile.

E perché 25 minuti? Pianificare riunione leggermente più corte dà alle persone un piccolo spazio di tempo nel quale possono rispondere alle email più urgenti, o possono spostarsi da una location all'altra. Lo stesso vale per la regola delle "ore di 50 minuti".

Il guru della gestione aziendale Peter Drucker una volta ha detto: "Una persona o fa una riunione o lavora. Non può fare entrambe le cose allo stesso tempo". Ha ragione. Nel nostro panorama lavorativo moderno, sembra che abbiamo tutti dimenticato che le riunione non prendono il posto del lavoro effettivo. Ma con alcuni accorgimenti di buonsenso (e con la volontà di dire "no") potrebbe diventare possibile evitare la trappola delle riunioni inutili per tornare, finalmente, a fare in modo che le cose vengano effettivamente fatte.

Traduzione di Fabio Manfreda




3.10.15

Addio carne e pesce: in aumento il popolo dei vegetariani e vegani in Italia - Repubblica.it

Addio carne e pesce: in aumento il popolo dei vegetariani e vegani in Italia - Repubblica.it
Addio carne e pesce: in aumento il popolo dei vegetariani e vegani in Italia
LA PASTA si scola in bianco e poi si condisce in tre modi diversi (olio, burro e parmigiano e ragù), senza che più nessuno si scandalizzi. I nighiri del sushi diventano vegetariani grazie alla marmellata e all'avocado, gli arancini vengono preparati anche ai funghi o ai pistacchi. E il Vegorino Romano sarà presentato il 10 ottobre: «Il primo alimento stagionato vegetale, crudo, fermetato con probiotici di calcio e magnesio ». A Torino ha aperto il primo Fine Vegan Fast Restaurant (si chiama Coox) che propone lasagne al sugo di seitan e torte Sacher senza burro. «C'è qualcuno vegetariano o vegano?» chiedono le padrone di casa quando invitano, proprio come una volta avrebbero domandato se i funghi o l'aglio erano graditi. Al tempo stesso, un vegano che si è dimenticato di annunciarsi per tempo potrebbe anche chiudere un occhio quando, alla tavola degli ospiti, scopre che sulla torta di verdure è stato spalmato anche un uovo.

Addio carne e pesce: in aumento il popolo dei vegetariani e vegani in Italia

Fonte: Eurisko-Tre Valli 2015 



Essere vegetariani è facilissimo, essere vegani è facile, e anche felice, come dice l'ultima campagna pubblicitaria realizzata col campione di rugby Mirco Bergamasco come testimonial. Lo dicono le cifre, 4.600.000 persone in tutto che in Italia non mangiano più né carne né pesce (il 6 per cento) o rifiutano tutti i prodotti animali (3 per cento). Ma lo dimostrano anche i prodotti, e la tendenza di un costume alimentare che ora non assomiglia più a una religione, ma a un semplice stile. Anzi, a uno "stile liquido", come ritiene la Coop, che nel suo ultimo rapporto sui consumi del maggio 2015 ha definito così le nuove abitudini degli italiani. «Un tempo — dice Albino Russo, responsabile dell'ufficio studi economici della Coop — le persone iniziavano da piccole a mangiare i cibi del proprio territorio, e perlopiù continuavano così per tutta la vita. Ora invece ogni persona sceglie da sé il proprio menù». Le ragioni che stanno dietro il "cibo della rinuncia" sono in parte etiche e in parte salutistiche: «Non siamo certi che l'aumento dei vegani continuerà all'infinito, magari molte persone cambieranno idea — spiega Russo — Ma altre tendenze, come la rinuncia alla carne pensata anche in favore di una vita più lunga, sono molto forti e potrebbero durare a lungo». Nei focus organizzati dalla Coop, gruppi di consumatori invitati a dire la loro sul tema, la frase più frequente è "non voglio mangiare nulla che sia stato vivo". E l'ultima indagine Eurisko racconta anche chi sono i vegani: vivono soprattutto a Nord-Ovest (36%), abita in grandi città (13%), occupa posizioni dirigenziali (25%) ed è una donna (58%) tra i 45 e i 54 anni (28%), spesso in possesso di una laurea (17%).
 
Per i giovani, scegliere la strada vegetariana o vegana è anche un modo di affermare la propria autonomia. «Una forma di consapevolezza — dice Paola Segurini, responsabile vegana della Lav, la Lega antivivisezione — che è prima di tutto culturale. Per questo anche la nostra comunicazione è diventata meno indottrinante, più accogliente. Ci interessa il risultato, cioè la facilità di trovare prodotti vegani in ogni supermercato, il fatto che escano continuamente nuove riviste e che le ricette siano ormai migliaia e alla portata di tutti ».

Anche i ristoranti si sono ormai impadroniti della tendenza, che all'inizio spopolava soprattutto tra gli etnici orientali, abituati a contrassegnate i piatti vegetariani o vegani già dal menù, proprio come si usa per quelli piccanti. «Il trend vegano, ideale per una cena leggera, impatta molto anche sul nostro business — dice Daniele Contini, country manager di Just Eta, con 3.000 ristoranti affiliati — Ogni giorno constatiamo che i nostri locali inseriscono piatti vegetariani e vegani, andando incontro alle aspettative». Le manifestazioni si moltiplicano: il 4 ottobre la Notte Veg sarà in molti Comuni, il 10 e l'11 la Mi-Veg si offirà ai milanesi, dal 31 ottobre al 1° novembre il Vegan Day è a Padova.

E se il veganesimo non è più una religione, è comunque importante per chi decide di sceglierlo avere la certezza di quel che si compra. VeganOk è stata la prima società di certificazione nel campo, dal 2009, e ha già certificato 400 aziende: «Abbiamo cominciato perché era molto difficile per i consumatori acquistare prodotti sicuramente vegan. Adesso il numero delle domande è sempre in crescita, e certifichiamo anche corsi di cucina. Cerchiamo di rispondere il più in fretta possibile, ci è capitato di farlo anche in quindici giorni, ma il disciplinare è molto rigoroso ».

IL COMMENTO DI UMBERTO VERONESI

Gli italiani che consumano alimenti a base di soia sono il 40 per cento: si inizia con la panna vegetale (15%), si prosegue con le bevande sostituive del latte (conosciute da tutto il campione dell'Eurisko, e scelte regolarmente dal 14%), per poi passare ai piatti pronti (12%). Ma il 54 per cento dei consumatori di soia ha iniziato solo nell'ultimo anno, aggiungendosi ai compratori storici, chehanno aumentato gli acquisti. E le scelte alimentari non progrediscono più un gradino dopo l'altro, con gli onnivori che diventano prima vegetariani e poi vegani. Si passa direttamente dalla bistecca al seitan, un cibo che, per altro, i vegani di vecchia data considerano ormai adatto «solo a chi sente il bisogno di vedere nel piatto una semplice bistecca». Maria Di Noia, alias Vegachef, ha 120.000 fan su Facebook, e ha scritto un best seller che rappresenta bene l'ironica ribellione degli italiani a prosciutti e cotolette: "Tutto il resto è noia" (Anima Edizioni). E le ricette delle orechiette alle cime di rapa o della ribollita sono tra le più gettonate sul suo profilo, perché il veganesimo può (anche) essere tradizionale. Olio extravergine, sale integrale e frutta secca dovrebbero rendere sicura la dieta di chi non vuole mangiare animali, uniti a ortaggi, cereali, legumi e frutta fresca. La zucca, più antica che mai e tipicamente autunnale, è il cibo-cult di chi passa al veganesimo. Ebbene sì, essere vegani è un costume, una moda, che si affonda sull'etica, sul bene degli animali e del pianeta, sulla voglia di depurare il corpo, ma anche sui famosi che già lo fanno, da Umberto Veronesi a Dorina Vaccaroni, da Lorenzo Cherubini a Paola Maugeri. Vegan Go Glam, titola anche il New York Times . E non è obbligatorio esserlo per sempre.

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