25.11.13

AARR Index | Alan Aragon's Blog

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» Nutrient Timing Revisited: The Anabolic Window of Opportunity



I recently co-authored a review article with my good friend and colleague Alan Aragon titled, "Nutrient Timing Revisited: Is there a post-exercise anabolic window?" I'm happy to say the article was published in the prestigious Journal of the International Society of Sports Nutrition and has received a lot of favorable attention. Here are the highlights:

1) Nutrient timing can be a beneficial strategy for maximizing muscular gains, but the "window of opportunity" is not necessarily as narrow as often believed.

2) Provided that a protein-rich meal is consumed within about 3-4 hours prior to a workout (or possibly even longer, depending on the size of the meal), you don't have to stress about chowing down a post-workout meal as soon as you finish training. For those who train partially or fully fasted, on the other hand, consuming protein immediately post-workout becomes increasingly more important to promote anaoblism.

2) Although research is somewhat equivocal, it seems prudent to consume high-quality protein (at a dose of ~0.4-0.5 g/kg of lean body mass) both pre- and post-exercise within about 4-6 hours of each other depending on meal size.

3) Contrary to popular belief, consuming post-exercise carbohydrate does not meaningfully enhance anabolism. Moreover, unless you are performing two-a-day workouts involving the same muscle group(s), glycogen replenishment will not be a limiting factor in those who consume sufficient carbohydrate over the course of a given day. So from a muscle-building standpoint, just focus on meeting your daily carb requirement as opposed to worrying about timing issues.

One of the most surprising aspects of writing this paper was the lack of clarity in the current body of research. Alan and I reviewed every direct study conducted on the subject. Not only were results of these studies highly conflicting, but most had confounding issues that obscured the ability to tease out the impact of the effects of consuming nutrients post-workout. I am planning a study in my lab that addresses the gaps in the literature. Hope to begin data collection in the near future. Stay tuned!

In case you want to delve into the heavy science on the topic, here is a link to a PDF of the article:

Nutrient Timing Revisited: Is there a post-exercise anabolic window?

Cheers!

Brad




22.11.13

AARR Index | Alan Aragon's Blog

http://www.alanaragonblog.com/aarrindex/

Metodo pre-esaurimento - Wikipedia

Il metodo pre-esaurimento (pre-exhaustion method) è un metodo di allenamento usato nell'esercizio con i pesi.

Definizione

L'ordine degli esercizi tradizionale e il Priority system

Il metodo pre-esaurimento, da non confondere con l'omonima tecnica del pre-esaurimento in super set, definisce uno specifico ordine degli esercizi dedicati allo stimolo di un gruppo muscolare all'interno di una sessione con i pesi. Le classiche linee guida sull'esercizio coi pesi più autorevoli e accreditate suggeriscono di svolgere prima gli esercizi multiarticolari (detti anche fondamentali o base) dedicati ad un gruppo muscolare rispetto ai monoarticolari (detti anche di isolamento) che reclutano lo stesso gruppo muscolare. Inoltre, viene data generalmente una priorità molto maggiore agli esercizi multiarticolari rispetto ai monoarticolari. In altre parole, nelle normali routine con i pesi viene prevista una prima parte dell'allenamento dedicata agli esercizi multiarticolari e una loro maggiore preponderanza sui monoarticolari. Le motivazioni generalmente presentate sono riferite al fatto che gli esercizi multiarticolari che coinvolgono maggiori masse muscolari permettono di:

  • sollevare maggiori carichi rispetto agli esercizi monoarticolari;
  • sviluppare più efficientemente le prestazioni di forza e potenza;
  • ottenere una prestazione significativamente migliore se eseguiti per primi nella sessione (cioè evitando il pre-affaticamento);
  • provocare una maggiore risposta metabolica;
  • provocare la maggiore risposta acuta degli ormoni anabolici come il GH e il testosterone;.

Questo schema di allenamento può essere riconosciuto come priority system (sistema delle priorità), modello in cui gli obiettivi principali dell'allenamento sono i miglioramenti della prestazione o del gesto atletico su determinati esercizi, per tanto gli esercizi principali vengono eseguiti per primi all'interno della sessione di allenamento. Nel modello priority system viene permesso all'atleta di concentrarsi sulla performance, usare carichi maggiori e non accusare un pre-affaticamento durante l'esecuzione dell'esercizio prioritario che viene eseguito per primo durante la sessione.

Differenze tra forza e ipertrofia nel metodo pre-affaticamento

L'uso di esercizi multiarticolari è giudicato fondamentale per sviluppare le prestazioni come la forza e la potenza, ed i progressi a lungo termine nei guadagni di forza sono molto probabilmente attribuibili all'ipertrofia delle fibre muscolari o del gruppo muscolare. Sebbene il priority system possa essere ritenuto un valido metodo in una buona parte dei contesti, soprattutto per migliorare gli adattamenti legati alla prestazione, invertire l'ordine degli esercizi eseguendo nella prima parte dell'allenamento gli esercizi monoarticolari seguiti dai multiarticolari potrebbe offrire uno stimolo differente per favorire lo sviluppo di altri adattamenti muscolari come l'ipertrofia muscolare. Per quanto l'allenamento di forza possa produrre anche un certo adattamento ipertrofico, e quindi possa esserci una certa correlazione tra la forza e l'ipertrofia, non sempre esiste uno stretto legame tra i due adattamenti. Ad esempio, durante il deallenamento dall'esercizio con i pesi, la forza massima inizia a calare dopo circa una settimana, ma il volume muscolare non si riduce fino a circa 2 settimane di deallenamento, riflettendo quanto i due adattamenti non risultino strettamente dipendenti l'uno dall'altro, e quanto la forza sia dipendente dall'aspetto neurale al contrario dell'ipertrofia. Inoltre, diverse evidenze scientifiche recenti hanno iniziato a sottolineare la non correlazione tra l'aumento degli ormoni sistemici (GH e testosterone) indotto dall'allenamento e l'esaltazione della forza, dell'ipertrofia, e della sintesi proteica muscolare. Per tanto, sotto l'aspetto strettamente ormonale, gli esercizi multiarticolari non avrebbero alcun vantaggio sui monoarticolari nonostante siano in grado di provocare una risposta ormonale generalmente maggiore. Infine, i classici programmi con i pesi per lo sviluppo specifico dell'ipertrofia differiscono da quelli per il massimo sviluppo della forza per diverse variabili, come l'intensità, il volume, la densità, i tempi di recupero, il Time Under Tension (TUT), e potenzialmente la scelta e l'ordine degli esercizi.

Nell'esercizio con i pesi finalizzato primariamente allo sviluppo dell'ipertrofia muscolare viene previsto il largo uso di esercizi monoarticolari (di isolamento). Durante l'esecuzione degli esercizi multiarticolari (fondamentali), alcuni muscoli agonisti possono prevalere su altri, creando di conseguenza uno squilibrio ipertrofico tra i muscoli coinvolti, e quindi a delle asimmetrie estetiche. L'uso degli esercizi monoarticolari può invece reclutare selettivamente un muscolo sottosviluppato migliorandone la simmetria. Inoltre, l'architettura unica del singolo muscolo suggerisce che l'utilizzo di esercizi monoarticolari può provocare differenti modelli di attivazione muscolare contribuendo ad accrescere lo sviluppo muscolare generale. Per tanto, diversamente dall'esercizio con i pesi per la forza, nel metodo ipertrofia gli esercizi di isolamento muscolare sono ampiamente utilizzati. Questo può rafforzare le differenze tra i protocolli con i pesi per la forza con quelli il cui obiettivo principale è lo sviluppo del volume muscolare. Di conseguenza, gli esercizi di isolamento non solo assumono un ruolo più importante nei protocolli per l'ipertrofia, ma alcuni metodi di allenamento, come il metodo pre-esaurimento, possono sfruttarne i vantaggi collocandoli all'inizio della sessione, facendoli precedere agli esercizi fondamentali (multiarticolari).

Definizione del metodo pre-esaurimento

Pur essendo meno popolare del pre-esaurimento in super set, il metodo pre-esaurimento condivide i punti fondamentali con la tecnica in questione. In entrambi i casi infatti l'esercizio di isolamento precede l'esercizio fondamentale col fine di "pre-affaticare" i muscoli agonisti senza affaticare alcuni dei muscoli sinergici. Tuttavia, mentre il pre-esaurimento in super set prevede l'esecuzione di un esercizio monoarticolare seguito immediatamente da un esercizio multiarticolare senza alcuna pausa che intercorre tra le serie dei rispettivi esercizi, il metodo pre-esaurimento consiste fondamentalmente nell'iniziare la sessione di allenamento con un gruppo di serie multiple usando un esercizio monoarticolare, il quale una volta terminato con tutte le serie previste viene seguito da un esercizio multiarticolare dedicato allo stesso muscolo. In altre parole, questa strategia consiste nel capovolgere la tradizionale impostazione in cui il primo esercizio è multiarticolare, mentre l'esercizio monoarticolare viene considerato secondario e svolto successivamente all'interno della sessione. L'obiettivo del metodo pre-esaurimento è quello di affaticare un gruppo muscolare escludendo l'attività di alcuni muscoli sinergici con un primo gruppo di serie multiple, prima di eseguire un altro gruppo di serie multiple in cui l'esercizio praticato riesce a reclutare altri muscoli ausiliari non affaticati che nell'esercizio precedente non erano intervenuti.

Ad esempio, nel caso si intenda applicare il metodo pre-esaurimento sul grande pettorale, l'allenamento potrebbe iniziare con qualche serie di pectoral machine (esercizio monoarticolare o di isolamento), la quale sollecita il muscolo agonista e i deltoidi anteriori escludendo i tricipiti. Una volta terminate tutte le serie di pectoral machine in cui si è pre-affaticato il gran pettorale, si passa a qualche serie di distensioni su panca. Questo esercizio multiarticolare non chiama in causa solo il grande pettorale e i deltoidi anteriori, ma anche gli estensori del gomito, ovvero i tricipiti. Durante le distensioni su panca, il grande pettorale sarà pre-affaticato e cederà prima dei tricipiti, che risulteranno ancora "freschi". Secondo la teoria, i muscoli sinergici che erano stati esclusi nell'esercizio di isolamento vengono portati a contribuire meno durante il successivo multiarticolare, ponendo maggiore stress sugli agonisti. Ad esempio, l'esaurimento muscolare durante le distensioni su panca può facilmente portare all'esaurimento dei tricipiti. Le distensioni su panca sono un esercizio di prima scelta per stimolare il grande pettorale, per tanto la logica del metodo pre-esaurimento è quella di eseguire prima un esercizio monoarticolare come la pectoral machine per pre-affaticare il petto cosicché il cedimento muscolare durante le distensioni su panca sarà collegato all'esaurimento del petto piuttosto che a quello dei tricipiti. Il metodo del pre-esaurimento può far riferimento anche ad altri metodi. I ricercatori Fleck e Kraemer (1997) sostengono che il metodo pre-esaurimento possa assumere anche un altro significato. Il metodo alternativo consiste nel pre-affaticare i muscoli sinergici e stabilizzatori prima di svolgere l'esercizio principale per il principale muscolo che si intende sollecitare. Un esempio sarebbe quello di eseguire la lat machine o la shoulder press prima della panca piana. Effettivamente, questa forma di pre-affaticamento venne testata in alcune ricerche.

Conclusioni

Alcuni autori sottolineano che la strategia del pre-affaticamento muscolare sia in grado di causare un calo della forza una volta che si giunge all'esercizio multiarticolare principale, e questo solleverebbe alcuni dubbi sulla sua idoneità per sviluppare strettamente la forza nonostante la sua popolarità nell'ambito dell'ipertrofia. A questo proposito è necessario citare una ricerca di Sforzo e Touey (1996) in cui venne testata proprio una forma di metodo pre-affaticamento. Quando gli esercizi principali (panca piana e squat) venivano svolti prima di esercizi dedicati a gruppi muscolari sinergici di inferiori dimensioni, la prestazione era significativamente migliore rispetto a quando gli esercizi minori venivano svolti prima di quelli principali in termini di forza totale. Per questi motivi il pre-esaurimento può essere un metodo adatto per l'ipertrofia, ma teoricamente meno indicato per lo sviluppo della forza, dove il fine principale è quello di migliorare la prestazione. Ad ogni modo, diversi studi hanno dimostrato che anche la fatica ed i suoi metaboliti (acido lattico) possano stimolare lo sviluppo della forza. Alcune ricerche dimostrarono inaspettatamente che le ripetizioni continue risultassero in maggiori guadagni di forza rispetto a quando veniva impostato il recupero tra le serie. Quindi, l'accumulo della fatica e dei fattori metaboliti potrebbero essere considerati segnali fisiologici dell'adattamento. Tuttavia, non è stata stabilita l'eventuale correlazione diretta tra questi meccanismi e il metodo pre-esaurimento, e molte ricerche stabiliscono al contrario che l'ottimale prestazione di forza sia migliore senza pre-affaticamento, e lo sviluppo della forza sul lungo termine avvenga con tempi di recupero lunghi (3 o più minuti), riflettendo la necessità di ridurre al minimo l'affaticamento metabolico e qualsiasi forma di pre-affaticamento che può compromettere la prestazione. Kraemer e Häkkinen (2008) suggeriscono che l'effetto dell'ordine degli esercizi in pre-esaurimento nell'incidere positivamente o negativamente sulla prestazione sia una questione solo ipotetica, anche se può essere utile per sviluppare la forza e la potenza funzionale in condizioni di pesante affaticamento in alcuni sport specifici come il wrestling o i 400 metri in stile libero. Ad ogni modo, poichè la fatica penalizza lo sviluppo della forza e della potenza, è possibile che il metodo pre-esaurimento possa essere più adatto per altri obiettivi diversi dal miglioramento di queste qualità specifiche.

Esempi di metodo pre-esaurimento

Altri metodi di resistance training

Voci correlate

Note

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  10. ^ Balady et al. ACSM'S Guidelines for Exercise Testing and Prescription (Sixth Edition). Lippincott Williams and Wilkins, 2000. ISBN 0781727359
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  12. ^ William J Kraemer, Steven J. Fleck. Ph.D. Optimizing Strength Training: Designing Nonlinear Periodization Workouts. Human Kinetics, 2007. p. 43-44. ISBN 0736060685
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Bibliografia




Archaeologists Officially Declare Collective Sigh Over “Paleo Diet” | Mumanu: the new way to sleep

Hamburger, beef cheese burger with tomato

Source: Hell's Ditch .com
Date: August 6th, 2012

FRANKFURT- In a rare display of professional consensus, an international consortium of anthropologists, archaeologists, and molecular biologists have formally released an exasperated sigh over the popularity of the so-called "Paleo Diet" during a two-day conference dedicated to the topic.

The Paleo Diet is a nutritional framework based on the assumption that the human species has not yet adapted to the dietary changes engendered by the development of agriculture over the past ten thousand years. Proponents of the diet emphasize in particular the negative effects of eating large quantities of grain and its numerous by-products, which can lead to hypertension, obesity, and various other health problems. Instead, the Paleo Diet posits that a reliance on lean meats, fresh fruits, and vegetables while minimizing processed food is the key to health and longevity.

The nutritional benefits of the diet are not what the grievance is about, said Dr. Britta Hoyes, who organized the event. She agreed that a high-carbohydrate diet can have a detrimental effect on long-term health, as many studies have demonstrated. Instead, the group's protest is a reaction to the biological and historical pediments of the diet, in particular the contention that pre-agricultural societies were only adapted to eat those foods existing before the Neolithic Revolution.

Hoyes, a paleoethnobotanist who specializes in reconstructing prehistoric subsistence, stated that only thing unifying the myriad diets that she's studied has been their diversity. "You simply do not see specific, trans-regional trends in human subsistence in the archaeological record. People can live off everything from whale blubber to seeds and grasses. You want to know what the ideal human diet consists of? Everything. Humans can and will eat everything, and we are remarkably successful not in spite of this fact, but because of it. Our adaptability is the hallmark of the human species. We're not called omnivores for nothing."

As for the idea that agricultural products are somehow maladaptive to the human species, researchers at a seminar entitled "It's When You Mate, Not What You Ate,"  pointed out that evolutionary fitness is measured by reproductive success, not by the health or longevity of an individual.

Richard Wenkel, a biostatistician who chaired the panel, explained: "As long as the diet of an individual keeps them alive long enough to successfully mate, then that diet has conferred an evolutionary advantage. By that metric, the agricultural revolution has proven to be the most effective dietary system in the history of our species. We are the most prolific higher-order vertebrate on the planet." It is a point that he feels is overlooked by Paleo Diet enthusiasts.

"Look at that British girl who lived off of chicken nuggets for almost eighteen years, " Wenkel continued. "The fact that her body was able to utilize the meager nutritional value of those things and get her to reproductive age is an incredible feat. It shows exactly how effective our versatility has been in human development. In a strict evolutionary framework, all your body needs to do is keep you alive until you breed. After that, you're just living on borrowed time."

Wenkel stressed that personal health is too often confused and conflated with evolutionary fitness, a fact that has become more pronounced with the popularity of the Paleo Diet. Roddy Collins, a colleague of Wenkel's, drove the point home: "It's like, even my barber is suddenly an expert in evolutionary physiology. A seventeen-year-old kid at my gym give me a ten minute lecture on how my Clif Bar was poison because humans can't metabolize soy. I've been studying human evolution for thirty years."

One of the strongest critiques of the Paleo Diet was presented by Karl Fenst, a bioarchaeologist with the Ardipithecus Institute, in a keynote address entitled "Papayas Ain't Paleo, and Neither Are You." Rather than focus on relative merits of one diet over another, Dr. Fenst instead attacked the premise that agricultural products are somehow "'unnatural," with wheat being specifically singled out.  What people seem to ignore, he said, was that the fresh fruits and vegetables forming the basis of the Paleo Diet were created by the same agricultural process that produced cereal grains.

"Nearly every food item you currently eat today has been modified from its ancestral form, typically in a drastic way, " he began. "The notion that we have not yet adapted to eat wheat, yet we have had sufficient time to adapt to kale or lentils is ridiculous. In fact, for most practitioners of the Paleo Diet, who are typically westerners, the majority of the food they consume has been available to their gene pool for less than five centuries. Tomatoes, peppers, squash, potatoes, avocados, pecans, cashews, and blueberries are all New World crops, and have only been on the dinner table of African and Eurasian populations for probably 10 generations of their evolutionary history. Europeans have been eating grain for the last 10,000 years; we've been eating sweet potatoes for less than 500. Yet the human body has seemingly adapted perfectly well to yams, let alone pineapple and sunflower seeds."

In a Q-and-A session afterwards, Dr. Fenst provided some clarification into what he felt was at the heart of the issue: "The real problem is that people are cherry-picking data to sell this diet, and that it seriously misrepresents the historical and evolutionary development of our species."

Back in the lobby, Dr. Hoyes was busily collecting signatures for an even stronger gesture than the sigh to be held at the conference next year. "Were thinking of something big," she explained, "like a statue of a Cro-Magnon eating a baguette." The room burst into applause at his news.

When asked what she would tell people who wished to pursue a true paleolithic diet, Dr. Hoyes laughed harshly before replying. "You really want to be paleo? Then don't buy anything from a store. Gather and kill what you need to eat. Wild grasses and tubers, acorns, gophers, crickets- They all provide a lot of nutrition. You'll spend a lot of energy gathering the stuff, of course, and you're going to be hungry, but that'll help you maintain that lean physique you're after. And hunting down the neighbor's cats for dinner because you've already eaten your way through the local squirrel population will probably give you all the exercise you'll ever need."

Summing up what many considered to be the main point of the entire conference, she told reporters:

"Look, the diet itself is sound; it's the philosophy that's bullshit. Eat what you want. Just leave the damn cavemen out of it."




Un cardiochirurgo di fama mondiale ci illumina su ciò che provoca realmente le malattie cardiache - La Leva di Archimede (IT)

Un cardiochirurgo di fama mondiale ci illumina su ciò che provoca realmente le malattie cardiache

Noi medici con tutta la nostra formazione, la conoscenza e l'autorità spesso acquisiamo un ego piuttosto grande che tende a rendere difficile ammettere che abbiamo torto. Così, eccomi qui. Ammetto di aver sbagliato. Da cardiochirurgo con 25 anni di esperienza, dopo aver effettuato oltre 5.000 interventi chirurgici a cuore aperto, oggi è il mio giorno per riparare al torto fatto come medico e scienziato.

Ho studiato per molti anni con altri medici importanti etichettati come "opinion makers" (autorità del settore). Bombardati continuamente dalla letteratura scientifica, frequentando seminari di formazione, noi professionisti, abbiamo insistito che le malattie cardiache sono semplicemente il risultato della presenza di colesterolo nel sangue.

L'unica terapia accettata era prescrivere farmaci per abbassare il colesterolo e una dieta che limita fortemente l'assunzione di grassi. La limitazione di quest'ultimo, naturalmente, abbiamo creduto potesse far abbassare il colesterolo e quindi le malattie cardiache. Deviazioni da queste raccomandazioni sono sempre state considerate eresia e potrebbero apparire come negligenza medica.

Non funziona!

Queste raccomandazioni non sono più scientificamente e moralmente difendibili. La scoperta pochi anni fa che l'infiammazione della parete arteriosa è la vera causa delle malattie cardiache, sta lentamente portando ad un cambiamento di paradigma nel modo in cui le malattie cardiache e altre malattie croniche saranno curate.

Le raccomandazioni dietetiche, a lungo termine, hanno creato epidemie di obesità e diabete, le cui conseguenze fanno impallidire qualsiasi piaga storica in termini di mortalità, sofferenza umana e disastrose conseguenze economiche.

Nonostante il fatto che il 25% della popolazione prende costosi farmaci che contengono statine e nonostante il fatto che abbiamo ridotto il contenuto di grassi della nostra dieta, più americani moriranno quest'anno di malattie cardiache rispetto al passato.

Le statistiche dell'American Heart Association mostrano che 75 milioni di americani soffre di malattie cardiache, 20 milioni hanno il diabete e 57 milioni hanno pre-diabete. Questi disturbi colpiscono le persone sempre più giovani in numero maggiore ogni anno.

In poche parole, senza un'infiammazione presente nel corpo, non c'è modo che il colesterolo si accumuli sulla parete del vaso sanguigno causando così malattie cardiache e ictus.
Senza l'infiammazione, il colesterolo è libero di muoversi in tutto il corpo come natura vuole. E' l'infiammazione che causa l'accumulo di colesterolo.

L'infiammazione non è una cosa complicata - è semplicemente una difesa naturale del corpo ad un invasore estraneo, come tossine, batteri o virus. Il processo di infiammazione è perfetto nel modo in cui protegge il corpo da questi invasori batterici e virali. Tuttavia, se esponiamo frequentemente il corpo ai danni da tossine o alimenti che il corpo umano non è stato progettato per elaborare, si verifica una condizione chiamata infiammazione cronica. L'infiammazione cronica è nociva tanto quanto l'infiammazione acuta è benefica.

Quale persona ragionevole vorrebbe intenzionalmente esporsi ripetutamente ad alimenti o altre sostanze che sono note per causare lesioni al corpo? Beh, forse i fumatori, ma almeno hanno fatto questa scelta volontariamente.

Il resto di noi ha semplicemente seguito i consigli della dieta tradizionale a basso contenuto di grassi e ad alto contenuto di grassi polinsaturi e carboidrati, non sapendo che stavamo causando lesioni ripetute ai nostri vasi sanguigni. Queste lesioni creano un'infiammazione cronica che porta a malattie cardiache, ictus, diabete e obesità.

Lasciatemelo ripetere: le lesioni e l'infiammazione dei nostri vasi sanguigni sono causate dalla dieta a basso contenuto di grassi raccomandata per anni dalla medicina tradizionale.

Quali sono i maggiori colpevoli dell'infiammazione cronica? Molto semplicemente, sono il sovraccarico di carboidrati semplici e altamente trasformati (zucchero, farina e tutti i prodotti derivati) e l'eccessivo consumo di omega-6, oli vegetali come soia, mais e girasole, che si trovano in molti alimenti trasformati.

Provate a pensare di strofinare ripetutamente con una spazzola rigida la nostra pelle morbida finché non diventa tutta rossa e quasi sanguinante. Pensate di fare questo più volte al giorno, tutti i giorni per cinque anni. Se si potesse sopportare questa dolorosa spazzolatura, si arriverebbe ad avere un'area gonfia, sanguinante e
infetta che si aggrava dopo ogni ripetuto attacco. Questo è un buon modo per visualizzare il processo infiammatorio che potrebbe essere in corso nel vostro corpo in questo momento.

Il processo infiammatorio è lo stesso, indipendentemente da dove avviene, esternamente o internamente. Io ho guardato dentro migliaia e migliaia di arterie. La parete di un'arteria malata fa pensare proprio a qualcuno che la abbia ripetutamentestrofinata con una spazzola. Più volte al giorno, ogni giorno, i cibi che mangiamo creano piccole ferite che si aggiungono a ferite, stimolando l'organismo a rispondere in modo continuo all'infiammazione.

Mentre noi assaporiamo il gusto di un dolce appena cotto, il nostro corpo risponde in modo allarmante, come se un invasore straniero fosse arrivato a dichiarare guerra. Gli alimenti carichi di zuccheri e carboidrati semplici o elaborati con oli omega-6 per la lunga conservazione, sono stati il pilastro della dieta americana per sei decenni. Questi alimenti hanno lentamente avvelenato tutti.

Come mai mangiando un semplice dolce l'infiammazione aumenta fino a farti male?

Immaginate di versare dello sciroppo sulla vostra tastiera e di avere una visuale di ciò che avviene all'interno. Quando consumiamo carboidrati semplici come lo zucchero, lo zucchero nel sangue aumenta rapidamente. In risposta, il pancreas secerne insulina il cui scopo primario è quello di guidare lo zucchero in ogni cellula in cui c'è fabbisogno di glucosio. Se la cellula è piena e non necessita di glucosio, lo zucchero in eccesso viene respinto per evitare di inceppare il meccanismo.

Quando le cellule già sature rifiutano il glucosio extra, lo zucchero nel sangue aumenta, viene prodotta più insulina e il glucosio viene convertito in grasso immagazzinato.

Cosa ha a che fare tutto questo con l'infiammazione? Il livello di glucosio viene controllato in un intervallo molto breve. Le molecole di zucchero in eccesso si uniscono ad una varietà di proteine che a loro volta vanno a colpire la parete del vaso sanguigno. Questo danno ripetuto alla parete del vaso sanguigno scatena l'infiammazione. Quando si supera il livello di zuccheri nel sangue più volte al giorno, ogni giorno, è esattamente come prendere della carta vetrata e strofinarla nei tuoi delicati vasi sanguigni.

Anche se non sei in grado di vederlo, ti assicuro che è così. L'ho visto in più di 5.000 pazienti sottoposti ad intervento chirurgico in 25 anni, che hanno tutti un denominatore comune - l'infiammazione delle loro arterie.

Torniamo al nostro dolce. Questo apparentemente innocente cibo, non contiene soltanto zuccheri, viene cotto in uno dei tanti oli omega-6 come la soia. Le patatine fritte sono immerse in olio di soia, prodotti alimentari trasformati sono realizzati con oli omega-6 per aumentare la durata di conservazione. Gli omega-6 sono essenziali: sono parte di ogni membrana cellulare e controllano ciò che accade dentro e fuori la cellula – però devono essere nel giusto equilibrio con gli omega-3.

Se l'equilibrio si sposta in un eccessivo consumo di omega-6, la membrana della cellula produce sostanze chimiche chiamate citochine che causano direttamente l'infiammazione.

La dieta americana tradizionale di oggi ha prodotto uno squilibrio estremo di questi due grassi. Il rapporto di squilibrio è nell'intervallo da 15:1 ad un massimo di 30:1 a favore degli omega-6. Questo indica l'enorme quantità di citochine che causano l'infiammazione. Un giusto, ottimale e sano equilibrio nell'alimentazione, sarebbe un rapporto 3:1.

A peggiorare le cose, l'eccesso di peso provocato da questi alimenti crea cellule di grasso sovraccaricate che a loro volta riversano grandi quantità di sostanze pro-infiammatorie che vanno ad aggiungersi ai danni causati dalla presenza di zucchero nel sangue. Il processo che è iniziato con un piccolo dolce si trasforma in un circolo vizioso nel corso del tempo, portando a problemi cardiaci, pressione alta, diabete e infine, il morbo di Alzheimer, mentre l'infiammazione continua senza sosta.

Non può sfuggire il fatto che più si consumano cibi preparati e trasformati, più agiamo sull'interruttore dell'infiammazione giorno dopo giorno. Il corpo umano non è in grado di elaborare, né è stato progettato per consumare, cibi ricchi di zuccheri e imbevuti di oli omega-6.

C'è solo un modo per spengere l'infiammazione; tornare ai cibi più vicini al loro stato naturale. Per nutrire i muscoli, mangiare più proteine. Scegliere i carboidrati che sono molto complessi, come frutta e verdura. Ridurre o eliminare i grassi omega-6 come l'olio di mais e di soia e gli alimenti trasformati che causano l'infiammazione.

Un cucchiaio di olio di mais contiene 7280 mg di omega-6; uno di soia contiene 6.940 mg. E' più salutare usare l'olio di oliva o burro da bovini allevati a fieno.

I grassi animali contengono meno del 20% di omega-6 e hanno molte meno probabilità di provocare una reazione infiammatoria rispetto agli oli polinsaturi apparentemente etichettati come sani. Dimenticate la "scienza" che vi è stata inculcata nella testa per decenni. La scienza che afferma che i grassi saturi provocano malattie cardiovascolari, non dice il vero. Il pensiero scientifico che dice che i grassi saturi aumentano il colesterolo nel sangue non è attendibile. Dal momento che ora sappiamo che il colesterolo non è la causa di malattie cardiache, la paura dei grassi saturi è ancora più assurda oggi.

La teoria sul colesterolo ha portato alle diete senza grassi, o a basso contenuto di grassi, creando cibi che stanno provocando un'epidemia di infiammazione. La Medicina tradizionale ha commesso un terribile errore quando ha consigliato di evitare i grassi saturi a favore di cibi ricchi di grassi omega-6. Ora abbiamo un'epidemia di infiammazione arteriosa che porta a malattie cardiache e ad altri "assassini silenziosi".

Ciò che si può fare è scegliere alimenti integrali "della nonna" e non quelli trasformati e lavorati, che oggi "la mamma" acquista nelle grandi catene alimentari. Eliminando gli alimenti che provocano infiammazione e con l'aggiunta di sostanze nutritive essenziali da prodotti alimentari freschi e non lavorati, si invertirà il processo di anni di nutrizione sbagliata e conseguentemente, i danni alle arterie.

Il Dr. Dwight Lundell è stato a capo del personale e Primario di Chirurgia all'Heart Hospital Banner, Mesa, AZ. Il suo studio privato, Cardiac Care Center si trova a Mesa, AZ. Recentemente il dottor Lundell ha abbandonato la pratica chirurgica per concentrarsi sul trattamento nutrizionale delle malattie cardiache. Egli è il fondatore della Healthy Humans Foundation che promuove la salute umana con particolare attenzione su come aiutare le grandi aziende a promuovere il benessere. Egli è anche l'autore di The Cure for Heart Disease e The Great Cholesterol Lie.

tradotto da: "La Leva di Archimede"




18.11.13

2009-2 Osteo-Kapak

http://www.osteoporozdunyasindan.com/sayilar/14/52-58.pdf

Campi incolti, stop allo spreco. Decolla la Banca della terra - Repubblica.it

http://www.repubblica.it/economia/2013/11/18/news/campi_incolti_stop_allo_spreco_decolla_la_banca_della_terra-71265593/?ref=HRLV-4
La Regione Toscana fa da apripista in Italia e vara il censimento dei terreni abbandonati da prendere in gestione e affittare ad agricoltori senza terra da coltivare. E a Milano nasce il portale per mettere in contatto i contadini urbani (e non) con i proprietari di campi improduttivi

MILANO - L'Italia prova a far fruttare la miniera d'oro dei terreni incolti per combattere dissesto idrogeologico e disoccupazione. A fare da apripista con un progetto pilota destinato - si spera - a fare proseliti, è la Regione Toscana che in questi giorni ha messo a punto gli ultimi tasselli per il lancio operativo della Banca della Terra. Il progetto è semplice: censire le migliaia di ettari di campi lasciati a gerbido o in pasto ai rovi (pubblici e privati) per metterli poi a disposizione a canoni concordati e con sussidi ai tanti agricoltori senza terreni da coltivare. Un modo non solo per creare posti di lavoro, ma anche di "incrementare i livelli di sicurezza idraulica e idrogeologica del territorio", come ha spiegato l'assessore Gianni Salvadori uno dei promotori della "Borsa" dei terreni incolti.

La materia prima, come è evidente a tutti, non manca. Stime vere e proprie sull'estensione delle terre abbandonate nel Belpaese non esistono. Ma per dare un'idea delle proporzioni, un'area attenta al territorio come l'Alto Adige ha calcolato che sul territorio regionale ci sono 30mila ettari dedicati alla cultura intensiva e 100mila lasciati a se stessi che non vedono da anni un aratro o un trattore in azione. Firenze si è mossa unendo le forze di tutte le istituzioni locali: è stato messo a punto con l'Ente delle terre regionali il regolamento tecnico per il censimento e l'inserimento dell'incolto nella Banca della Terra. Una volta scattata

la fotografia del patrimonio a disposizione, la banca provvederà all'assegnazione. Avranno priorità i coltivatori diretti più giovani e il canone d'affitto equo sarà stabilito dall'Ente terre. In caso di campi di privati, il prezzo potrà pure essere negoziato tra le parti. Il risultato sarà doppio: da una parte si rimetteranno in attività aree rimaste improduttive a volte per decenni. Dall'altra si creeranno posti di lavoro e si curerà di più senza troppa spesa pubblica (si sa in che condizioni sono i conti degli enti locali) la stabilità dei terreni. Fatto che in un paese con i guai idrogeologici dell'Italia non è certo un male.

L'iniziativa della Toscana potrebbe a breve trovare nuovi emuli. La Liguria (altra regione di terre abbandonate e di dissesti geologici) ha già approvato il varo della sua Banca della terra anche se allo stato non sono ancora stati attivati i decreti attuativi per renderla operativa. E la LegaCoop ha preso a cuore la vicenda, iniziando a promuovere la proposta in giro per l'Italia attraverso la rete dei suoi associati. Il mercato, del resto, esiste se è vero che a Milano, non proprio un'area agricola d'elezione è nato di recente il sito www.terraXchange.it. Una piazza virtuale privata e non a fine di lucro dove si mettono in contatto i proprietari dei terreni abbandonati attorno alla città (molti più di quanto si pensi) e le migliaia di agricoltori e di contadini urbani a caccia disperata di un fazzoletto di terra da coltivare. L'affitto, in questo caso, si salda con i prodotti dei campi.



Fish and Omega-3 Fatty Acids

Fish and Omega-3 Fatty Acids

Nutrition - Fish + Omega-3 Words (spot)

Fish is a good source of protein and, unlike fatty meat products, it's not high in saturated fat. Fish is also a good source of omega-3 fatty acids. Omega-3 fatty acids benefit the heart of healthy people, and those at high risk of — or who have — cardiovascular disease. Research has shown that omega-3 fatty acids decrease risk of arrhythmias (abnormal heartbeats), which can lead to sudden death.  Omega-3 fatty acids also decrease triglyceride levels, slow growth rate of atherosclerotic plaque, and lower blood pressure (slightly).

Nutrition - At Least Twice a Week (spot)

Go fish

The American Heart Association recommends eating fish (particularly fatty fish) at least two times (two servings) a week. Each serving is 3.5 ounce cooked, or about ¾ cup of flaked fish. Fatty fish like salmon, mackerel, herring, lake trout, sardines and albacore tuna are high in omega-3 fatty acids. 

Increasing omega-3 fatty acid consumption through foods is preferable. However, those with coronary artery disease, may not get enough omega-3 by diet alone. These people may want to talk to their doctor about supplements. And for those with high triglycerides, even larger doses could help.

Patients taking more than 3 grams of omega-3 fatty acids from capsules should do so only under a physician's care. High intakes could cause excessive bleeding in some people. Check out Fish 101 for specific consumption recommendations.

Eating fish, is there a catch?

Some types of fish may contain high levels of mercury, PCBs (polychlorinated biphenyls), dioxins and other environmental contaminants. Levels of these substances are generally highest in older, larger, predatory fish and marine mammals.

The benefits and risks of eating fish vary depending on a person's stage of life.

  • Children and pregnant women are advised by the U.S. Food and Drug Administration (FDA) to avoid eating those fish with the potential for the highest level of mercury contamination (e.g., shark, swordfish, king mackerel or tilefish); to eat up to 12 ounces (two average meals) per week of a variety of fish and shellfish that are lower in mercury (e.g., canned light tuna, salmon, pollock, catfish); and check local advisories about the safety of fish caught by family and friends in local lakes, rivers and coastal areas.
  • For middle-aged and older men and postmenopausal women, the benefits of fish consumption far outweigh the potential risks when the amount of fish are eaten is within the recommendations established by the FDA and Environmental Protection Agency.
  • Eating a variety of fish will help minimize any potentially adverse effects due to environmental pollutants.

Five of the most commonly eaten fish or shellfish that are low in mercury are shrimp, canned light tuna, salmon, pollock, and catfish. Avoid eating shark, swordfish, king Mackerel, or tilefish because they contain high levels of mercury. Check out Fish 101 for amounts of omega-3 fatty acids and mercury levels for the top 10 fish and shellfish in the United States. Also check out frequently asked questions by consumers.

 Tips for Cooking Fish   Nutrition - Recipe Trout with Salsa (spot)

  • Enjoy fish baked or grilled, not fried. 
  • Choose low-sodium, low-fat seasonings such as spices, herbs, lemon juice and other flavorings in cooking and at the table.
  • Try these flavorful fish recipes:

Spring Greens with Salmon and Apricot-Ginger Vinaigrette
Trout with Skillet-Roasted Peppers
Cumin-Rubbed Salmon
Salmon and Corn Chowder


Detailed Research

AHA Scientific Statements: Fish Consumption, Fish Oil, Omega-3 Fatty Acids and Cardiovascular Disease