25.4.14

La Spalla Dolorosa

La Spalla Dolorosa
http://www.tecar-rimini.it/news/la-spalla-dolorosa/
Quando si parla di "Spalla Instabile Dolorosa", si devono innanzi tutto distinguere le patologie che interessano il giovane, spesso sportivo, l'adulto  e  l'anziano.


 Sopra i 40 anni la principale causa del dolore alla spalla è un conflitto che avviene tra la testa dell'omero e l'arco coraco-acromiale: osteofitosi, infiammazioni della borsa, ridotto apporto vascolare,  sofferenza della cuffia dei rotatori e tendinopatie sono gli aspetti patologici che più frequentemente s'incontrano in questi pazienti.

Nei soggetti più giovani la patologia è spesso legata al tipo d'attività svolta, ad esempio tennis, baseball, pallavolo, nuoto, ecc.. Infatti la stabilità della spalla in alcuni sport è continuamente minata da eccessivi movimenti in extrarotazione, abduzione, velocità, ripetitività e grandi forze che tendono a spostare la testa dell'omero. Vi sono tre strutture fondamentali di stabilizzazione della spalla: muscoli che stabilizzano la scapola, cuffia dei rotatori e muscoli che s'inseriscono sull'omero, legamenti e capsula articolare. Quando traumi o lesioni da sovraccarico interessano queste strutture si può instaurare un cattivo sincronismo nel reclutamento muscolare e divenire causa di patologia. Nei primi la riabilitazione dovrà mirare ad una decompressione sottoacromiale, nei secondi al recupero della stabilità.

E' quindi essenziale distinguere la "patologia primitiva da conflitto" dalla "instabilità con conflitto secondario"!

Si possono distinguere, secondo la classificazione di Jobe, quattro tipi di pazienti:

  1. Puro conflitto e non instabilità.
  2. Instabilità primaria dovuta a microtraumi e conflitto secondario:
  3. Instabilità primaria dovuta a lassità legamentosa e conflitto secondario.
  4. Pura instabilità post-traumatica e non conflitto.

Il primo gruppo comprende generalmente soggetti oltre i 40 anni. I segni del conflitto sono evidenti; spesso vi è osteofitosi, fibrosi della borsa, sofferenza della cuffia dei rotatori e tendinite. Questi casi sono trattati con terapie mediche generali e/o locali, fisioterapia e programma specifico riabilitativo; solo in caso d'insuccesso si ricorre a trattamento chirurgico di decompressione sottoacromiale.

Nel secondo gruppo si trovano atleti che hanno sviluppato una primaria instabilità con conflitto secondario. Anche per questo gruppo la terapia è principalmente conservativa; in caso d'insuccesso la terapia è chirurgica.

Nel terzo gruppo sono compresi i soggetti che presentano una lassità legamentosa generalizzata ed in particolare sublussazione della spalla. Dopo un programma riabilitativo volto al recupero dei MM stabilizzatori della spalla il trattamento sarà chirurgico.

Nel quarto gruppo includiamo coloro che hanno un'instabilità di spalla provocata da un precedente violento trauma. Il trattamento è quasi sempre chirurgico ed avviene dopo un breve periodo riabilitativo per il recupero dell'articolarità e al riequilibrio muscolare.

Da tutto ciò si evince che, quando è stata posta una diagnosi precisa, in molti casi prima di ricorrere ad un intervento chirurgico, il Paziente inizia uno specifico programma di riabilitazione che proseguirà per circa tre mesi; Paziente, fisioterapista e medico lavoreranno in concerto per riuscire a raggiungere il miglior risultato con la terapia conservativa. Se dopo tre mesi d'intensa   riabilitazione non si raggiungerà il risultato prefissato, si renderà necessaria la soluzione chirurgica.

LA RIABILITAZIONE DELLA SPALLA CON CONFLITTO PRIMARIO

La fisiopatologia del conflitto (impingement) sottoacromiale è legata ad un contatto che avviene tra il trochite omerale e la volta acromio-coracoidea con conseguente sofferenza delle strutture molli periarticolari ed in particolare della cuffia dei rotatori (sovra e sottospinato, sottoscapolare e piccolo rotondo) e del capo lungo del bicipite.

Nella sindrome da conflitto, Neer descrive tre stadi:

  1. 20 anni circa: edema della borsa con dolore dopo un lavoro prolungato o movimenti ripetuti con braccio in elevazione e rotazione esterna.
  2. 2. Tra i 30 e i 40 anni: fibrosi della borsa con tendinite del sovraspinato (SvSp) e/o capo lungo del bicipite (CLB). Dolore presente durante un'elevazione prolungata del braccio che obbliga il Paziente ad arrestare la sua attività.
  3. Dopo i 40 anni: lesioni tendinee spesso con rottura su base degenerativa della cuffia o del CLB. Dolore permanente, anche notturno, che impedisce al Paziente una normale vita di relazione.

Il trattamento Medico e Fisiochinesiterapico (FKT) ha due obiettivi primari:

  1.  Sedare il dolore.
  2. Ridurre il conflitto sottoacromiale con appropriata rieducazione.

Per ottenere quest'obiettivo sono usati farmaci per via generale o locale; il trattamento fisioterapico nella fase acuta prevede applicazioni di ghiaccio, elettroterapia antalgica, laserterapia, ultrasuoni, ionoforesi, idroterapia, mobilizzazioni dolci.

RIDUZIONE DEL CONFLITTO TRAMITE RICENTRAGGIO ARTICOLARE

Qualunque è lo stadio evolutivo della lesione della cuffia, è utile un periodo di riprogrammazione del movimento della spalla, che ha l'obiettivo di scaricare le tensioni dei muscoli che stabilizzano la testa omerale contro la cavità glenoidea, ristabilendo l'equilibrio tra abbassatori ed abduttori dell'omero.

Lo scopo è di rinforzare i muscoli che abbassano la testa dell'omero (sottoscapolare, sottospinato, piccolo rotondo, gran dorsale, gran pettorale, capo lungo del bicipite) senza esercitare il deltoide perché ciò aggraverebbe il conflitto ed il dolore.

L'eventuale lesione della cuffia provoca anche la rottura del "ritmo scapolo-omerale"; nasce quindi l'esigenza di ristabilire, oltre al ricentraggio dinamico della testa dell'omero, una stabilizzazione dinamica della scapola. Il nostro protocollo riabilitativo prevede diverse fasi:

  1. Rieducazione posturale – per evitare l'atteggiamento di protezione (elevazione e antepulsione del cingolo scapolare) – mediante lavoro isotonico dei muscoli della spalla nei movimenti d'antepulsione, retropulsione, abbassamento ed elevazione passiva (terapista e/o carrucole).
  2. Ricentraggio passivo mediante esercizi pendolari e manovre del terapista. Questi esercizi hanno effetto antalgico e decontratturante; sono preparatori al ricentraggio attivo.
  3. Ricentraggio attivo. E' molto importante e prevede inizialmente esercizi isometrici e successivamente isotonici es. in acqua ed eventualmente isocinetici dei muscoli abbassatori della testa omerale. L'impegno sarà gradualmente crescente per arrivare al potenziamento vero e proprio.
  4. Ricentraggio automatico mediante esercizi propriocettivi a catena cinetica chiusa; è fondamentale per ottenere una gestualità normale.
  5. Recupero della specifica gestualità professionale o sportiva.

LA RIABILITAZIONE DELLA SPALLA INSTABILE

 

1: Acromion, 2: legamento coraco-acromiale 3: processo coracoideo; 4: borsa sottoacromiale 5: muscolo sovraspinato; 6: muscolo sotto scapolare; 7: cuffia dei rotatori; 8: capo lungo del tendine del bicipite

I nostri protocolli di rieducazione della spalla instabile prevedono quattro fasi:

  • 1° Fase:  Obiettivo: diminuzione del dolore e maggiore indipendenza del Paziente.  Mezzi: massaggio, terapie fisiche, mobilizzazione passiva.
  • 2° Fase:  Obiettivo: articolarità completa, corretto schema motorio. Mezzi: mobilizzazione attiva, recupero schemi motori, propriocettiva, rinforzo muscolare isometrico, rieducazione in acqua.
  • 3° Fase:  Obiettivo: Sviluppo forza e resistenza. Mezzi: Rinforzo muscolare isotonico (forza e resistenza), isometrico, isocinetico, rieducazione in acqua. Test di valutazione.
  • 4° Fase:  Obiettivo: Allenamento specifico.  Mezzi: Esercizi sport specifici, potenziamento muscolare con carichi, propriocettiva avanzata.

Gli esercizi di rinforzo muscolare nelle instabilità di spalla in genere sono praticati 3 volte la  settimana per 3 mesi. Alcuni di questi esercizi devono essere ripetibili anche in casa senza particolari attrezzature.  S'inizierà con es. isometrici, poi isotonici (con piccoli sovraccarichi o con elastici).

L'attenzione sarà rivolta ai muscoli :

1- protettori dell'articolazione scapolo-omerale;

2- stabilizzatori della scapola;

3- agenti sull'omero.

MUSCOLI PROTETTORI DELL'ARTICOLAZIONE SCAPOLO OMERALE

 I muscoli della cuffia dei rotatori  stabilizzano l'articolazione scapolo omerale. E' importante la gradualità e la progressione;  se l'articolarità è limitata s'inizierà con esercizi isometrici da posizioni di decubito laterale anche con piccoli carichi o da in piedi usando degli elastici (intra ed extra rotatori). Il sovraspinato si rinforzerà con esercizi d'abduzione a braccia anteposte di 30° e intraruotate

MUSCOLI STABILIZZATORI DELLA SCAPOLA

I muscoli stabilizzatori della scapola sono: il trapezio (con le sue tre porzioni), l'elevatore della scapola, i romboidi, il piccolo pettorale,  il piccolo e il grande rotondo.
Esercizi molto utili sono: il rematore da prono, la pressa sulle braccia e i piegamenti sulle braccia.

MUSCOLI   CHE   AGISCONO SULL'OMERO

In questo gruppo ricordiamo: il deltoide, il gran pettorale e il gran dorsale.
Questi muscoli vanno esercitati solo dopo che i muscoli dei primi due gruppi sono stati rafforzati.
Tra gli es. più comuni elenchiamo:  aperture in fuori delle braccia extraruotate, pressa con spinta contro il muro, piegamenti sulle braccia.

Durante l'esecuzione bilaterale di questi esercizi è importante correggere le eventuali asimmetrie.




23.4.14

Luciana Baroni - blog di un medico vegetariano: NUOVO STUDIO SULLA SALUTE DEI VEGETARIANI: SPECCHIETTO PER ALLODOLE MOLTO "VOLENTEROSE"

Luciana Baroni - blog di un medico vegetariano: NUOVO STUDIO SULLA SALUTE DEI VEGETARIANI: SPECCHIETTO PER ALLODOLE MOLTO "VOLENTEROSE"

http://lucianabaroni.blogspot.it/2014/04/nuovo-studio-sulla-salute-dei.html
Nelle ultime settimane è girata come un incessante tam-tam la notizia di un nuovo studio "choc", condotto da alcuni ricercatori austriaci, che nell'immaginario dei giornalisti "ribalterebbe" l'attuale stato delle conoscenze sulla buona salute dei vegetariani, dimostrando inequivocabilmente che questa non sarebbe poi così buona, ma che in verità sarebbe invece pessima. I vegetariani esaminati in questo studio risulterebbero infatti di salute più cagionevole, ricorrendo maggiormente a farmaci, dei soggetti non-vegetariani esaminati dai ricercatori.


Peccato però che, sapendo ben leggere e possedendo il raro attributo dell'onestà intellettuale, al di la del titolo e delle prime righe dell'abstract, il reale contenuto dello studio in oggetto ne sveli l'assoluta inconsistenza. Si tratta infatti di poco più di un sondaggio, in cui gli intervistati auto-riferivano i dati raccolti, compreso il fatto di essere vegetariano o meno, dato questo che negli studi seri viene invece valutato sulla base di questionari alimentari. Nessuno dei dati raccolti è stato oggetto di alcun controllo da parte dei ricercatori, non è stato raccolto alcun dato sulla composizione nutrizionale delle diete e, fatto ben più importante in termini di validità dello studio, si tratta di una analisi cross-sectional, cioè trasversale.

In uno studio trasversale viene "fotografata" la situazione in un dato momento della vita della persona, e si ricercano eventuali associazioni tra le variabili esaminate. Questo tipo di analisi ha però un limite intrinseco, che cioè NON è in grado di stabilire un rapporto di causa-effetto tra le variabili che risultano tra loro associate: anche se le modalità di raccolta dei dati fossero state rigorose (e non è questo il caso), il fatto che si tratti di uno studio trasversale non permette di stabilire alcun nesso di causalità nell'associazione tra vegetarismo e malattia: il vegetarismo è causa di malattia? essere malati porta ad adottare un regime vegetariano? Altri fattori, diversi da questi, fanno risultare questa associazione che di fatto non esiste?

Qualunque sia la risposta, è tuttavia probabile che i risultati siano frutto uno scherzo del caso, dovuto oltre alla criticità nella raccolta dei dati, anche allo scadente metodo dello studio: all'interno di un vasto campione di circa 15.500 soggetti, era presente uno sparuto gruppo di circa 300 "vegetariani", tra i quali la maggioranza consumava pesce, che sono stati messi a confronto con circa 1.000 non-vegetariani, scelti dai ricercatori tra circa i 15.000 non-vegetariani partecipanti al sondaggio. Un campione totalmente squilibrato.

Queste sono probabilmente le ragioni per cui i risultati di questo studio non sono in sintonia con i dati scientifici prodotti da circa 60 anni di studi sui vegetariani. Centinaia di migliaia vegetariani sono stati esaminati da ricercatori di più parti del mondo: i ricercatori hanno reclutato soggetti sani all'ingresso nello studio, che hanno seguito per decenni, ne hanno registrato con scrupolo le abitudini alimentari, lo stato di salute a partire da dati sanitari (ricoveri, registri di malattie) e non da interviste, e isolanto nel tempo coloro che avevano sviluppato una data malattia. Questi ultimi sono poi stati raccolti in gruppi distinti per tipo di malattia, e i ricercatori hanno analizzato i possibili fattori correlati con quest'ultima, traendo delle conclusioni sui rapporti reciproci. Solo un rapporto che si confermi come statisticamente significativo viene preso in considerazione e il fattore correlato con la malattia viene classificato come fattore di rischio, se aumenta nel tempo il rischio di sviluppare quella malattia, o fattore protettivo, se lo riduce.

Questo tipo di studi, che si chiamano prospettici proprio perché seguono nel tempo, per molti anni, molti soggetti, hanno una elevata forza dell'evidenza (a differenza di quelli trasversali): questo significa che i loro risultati sono in grado di dare informazioni attendibili su quali dei fattori associati sono legati da un rapporto di causa-effetto.

E i dati che derivano questi studi, condotti in più parti del mondo, evidenziano come, grazie alla loro dieta, i vegetariani tendano ad avere una miglior sensibilità all'insulina, ridotti tassi di tumore, diabete mellito di tipo 2, obesità, ipertensione, morte e ospedalizzazione per cardiopatia ischemica, e sin dall'età pediatrica un ridotto indice di massa corporea (BMI), rispetto ai non-vegetariani. Sono inoltre stati condotti alcuni studi di intervento che hanno dimostrato l'efficacia terapeutica delle diete vegetariane, a fronte di una buona accettabilità, sulle malattie metaboliche e cardiovascolari.

Ma tutti questi dati hanno goduto in Italia della radice cubica della risonanza di cui ha goduto questo nuovo studio, ammesso e non concesso che ciò sia accaduto. Come mai? Ma soprattutto, come mai un altro studio a firma degli stessi autori, pubblicato sempre nel mese di febbraio 2014 sulla rivista Wiener Klinische Wochenschrift (pag. 113-118), e condotto sull'intero campione di soggetti, non ha avuto alcuna menzione sulla stampa? Forse perché i giornalisti non avevano i fondi per scaricarsi l'articolo, a pagamento? O forse perché questo secondo studio porta a conclusioni che sono l'esatto contrario del primo, riportando che una dieta vegetariana sarebbe associata con un miglior stato di salute e una migliore qualità della vita?

I risultati di qualunque nuovo studio, condotto su un argomento per il quale è già disponibile una vasta letteratura scientifica accreditata, devono venire analizzati sulla base di quanto già certo. E se un nuovo studio arriva a risultati differenti da quelli già ottenuti (situazione che si dice "priva di consistenza") potrebbe guadagnare l'attenzione del mondo scientifico e stimolare nuove ricerche sul campo, solo se esso è paragonabile, come "forza dell'evidenza" agli altri studi con cui viene confrontato.

Non è questo il caso di questo nuovo studio, che per quanto sinora esposto nulla aggiunge, nemmeno un minimo di dubbio, alla solida letteratura sulla migliore salute dei vegetariani, che è l'unica certezza di questo assurdo contenzioso, espressa anche dalle Linee Guida dietetiche USA, nel capitolo 5 (costruiamo sani schemi alimentari), dove il pattern vegetariano viene classificato tra i 3 pattern dietetici sani, assieme alla dieta DASH e alla dieta mediterranea.


But, think pink!!! L'altro verso della medaglia è davvero confortante, in fondo è il vero trionfo di questa commovente e patetica storia: sbandierare i risultati di questo studio sostenendo che "ribalta" quanto sinora noto, rappresenta non uno choc, ma al contrario un endorsement nei confronti della buona salute dei vegetariani, che ha potuto finalmente essere menzionata solo per poter sostenere il contrario. Ma la buona salute del vegetariani è invece, oltre che la premessa su cui si è innescata tutta la retorica delle ultime settimane, una certezza, che non può essere messa in discussione da questo "nuovo studio", che ha immotivatamente alimentato le speranze di coloro che hanno interesse a nascondere la verità, affinché "nulla cambi".

Luciana Baroni, MD

Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana - SSNV

www.scienzavegetariana.it




20.4.14

Tutti i segreti del Deep Web - Repubblica.it

Tutti i segreti del Deep Web - Repubblica.it
"QUESTO MESSAGGIO è un avviso ai proprietari e ai frequentatori di Lolita City, Hidden Wiki e Freedom Hosting. È venuto alla nostra attenzione che voi vi sentite sicuri nel Dark Web. Che vi credete liberi di creare, distribuire e consumare pornografia infantile. Voi siete convinti che questo comportamento sia libertà di pensiero. Vi sbagliate. Voi approfittate di bambini innocenti e se continuerete a farlo riveleremo in Rete quante più possibili informazioni personali riusciremo ad avere di ognuno di voi. Noi siamo Anonymous. Noi siamo Legione. Noi non perdoniamo. Noi non dimentichiamo". Detto fatto: nel 2011 gli hacker di Anonymous assaltano una serie di siti pedofili nel Dark Web e divulgano informazioni sensibili sui 1589 utenti di Lolita City, luogo infame considerato una sorta di "paradiso dei pedofili".

Il cosiddetto Deep Web, l'Internet nascosto considerato il luogo di ogni orrore, però non è solo questo. Sono sempre di più infatti le Ong, i dissidenti e i blogger che hanno individuato proprio nel Deep Web un nuovo luogo dove incontrarsi, scambiarsi dati e informazioni, o sostenere una "giusta causa" usando il Bitcoin come moneta. Nel Deep Web sono stati clonati i documenti di Wikileaks sulle atrocità della guerra in Iraq e Afghanistan, e sempre qui i whistleblowers, le "talpe" che denunciano governi e funzionari corrotti, proteggono le loro rivelazioni.

E dunque, che cos'è il Deep Web? Detto anche Invisible Web, è la parte non indicizzata dai motori di ricerca. Una parte fatta di pagine web dinamiche, non linkate, generate su richiesta e ad accesso riservato, dove si entra solo con un login e una password: come la webmail. Questo accade perché i motori di ricerca funzionano con i crawler, i raccoglitori di link. Li categorizzano, li indicizzano, e li restituiscono in pagine ordinate quando digitiamo una parola sul motore preferito. Ma se i link non ci sono, non possono farlo. Un altro motivo per cui non riescono a trovarle potrebbe essere perché quelle pagine sono inibite ai motori di ricerca con il comando norobots. txt .

Ma il Deep Web non è solo questo. È anche il mondo dei database scientifici e dei siti che cambiano continuamente indirizzo, delle Vpn, le reti private virtuali che connettono direttamente il tuo computer a un altro: se usi un software di anonimizzazione che cifra i contenuti dei tuoi scambi con la crittografia, nessuno (o quasi) ti può trovare lì dentro.

Per enfatizzarne il carattere rischioso e illegale in passato il Deep Web è stato spesso confuso col Dark Web, ovvero con l'insieme di pagine e servizi web intenzionalmente nascosti a cui si accede con indirizzi impossibili da ricordare o con software di anonimizzazione come Tor, che consente l'accesso ai siti . onion e altri hidden services. In sostanza è esso stesso una porzione del Deep Web. Arturo Filastò, venticinquenne ideatore di Ooni, uno strumento nato all'interno del progetto Tor per misurare la censura nel mondo, spiega con due esempi italiani perché il Deep può non essere Dark: "Globaleaks, (la piattaforma italiana di whistleblowing, lontana parente di Wikileaks, ndr) non esisterebbe senza Tor. E anche Mafialeaks, una piattaforma di denuncia sulla mafia, non sarebbe mai nata".

Non si conoscono le esatte dimensioni del Deep Web. Secondo la società di analisi dati Bright Planet sarebbe circa 500 volte più grande del web di superficie, ma per il direttore dell'Istituto di informatica e telematica del Cnr di Pisa, Domenico Laforenza, "non esistono attualmente metriche e tecnologie per misurarlo ". Per immaginare come è fatto pensiamo a un iceberg. Sopra la superficie del mare c'è la parte più piccola, il web accessibile a tutti, quello che cerchiamo con Bing e Google. E sotto la superficie c'è il Deep Web, molto più esteso, a cui non si arriva coi motori di ricerca. Non è veramente invisibile, è solo difficile da vedere. In realtà, come ci ricorda Ivo Schiaroli nel libro
Dark Web & Bitcoin (Lantana editore, 2013), sarebbe più corretto paragonarlo al pianeta Solaris descritto da Stanislaw Lem, "un oceano in continuo mutamento".

Nel Deep Web ci sono siti che offrono file illegali, ma anche pagine di istituzioni scientifiche, database di organizzazioni internazionali e biblioteche universitarie. Come ci si arriva? Con un link mandato via email o con motori di ricerca a pagamento. Leo Reitano, giornalista esperto di investigazioni digitali, spiega: "Motori di ricerca specializzati come Silobreaker o il portale CompletePlanet ci conducono all'esplorazione di enormi database del Deep Web e con specifiche parole chiave ci consentono di fare ricerche su materiali selezionati e provenienti da fonti attendibili e qualificate. Tutto perfettamente legale". Esempi? Deepwebtech. com consente di fare ricerca su business, medicina e scienza; theeuropeanlibrary. org su ingegneria, matematica e informatica.

In molti paesi dove la censura e l'autoritarismo imbavagliano le aspirazioni della democrazia fra pari, il Deep Web sta diventando sempre più una risorsa e una speranza. La nuova frontiera della cultura, dell'arte, della creatività e della religione, quando salire in superficie può portare al carcere, alle torture, alla morte. È nel Deep Web che i fan dell'artista cinese Ai Wei Wei organizzano i loro incontri. È attraverso il Deep Web (e Tor) che gli oppositori siriani del regime di Assad comunicano al mondo e Amnesty International ha potuto raccogliere le fotografie delle torture e dei maltrattamenti della guerra in corso. Frank La Rue, inviato speciale dell'Onu per la libertà d'espressione, ha chiarito davanti all'assemblea delle Nazioni Unite che "l'anonimato e la comunicazione sicura sono cruciali per una società aperta e democratica". Il confine tra il legale e l'illegale, tra la paura e la speranza, non è mai stato così sottile.



Pareggio di bilancio? Siamo già in attivo di CARLO CLERICETTI - Repubblica.it

Pareggio di bilancio? Siamo già in attivo di CARLO CLERICETTI - Repubblica.it

http://www.repubblica.it/economia/rubriche/il-commento/2014/04/19/news/pareggio_di_bilancio_siamo_gi_in_attivo-83996017/?ref=HRER3-1
Altro che chiedere un rinvio per l'obiettivo del pareggio di bilancio, come ha appena fatto l'Italia: siamo già in attivo, e neanche di poco, un punto di Pil. Ma non è che qualcuno sbagli i conti. E' che dietro una questione che sembrerebbe puramente tecnica si cela, come avviene quasi sempre, un problema squisitamente politico. La cosa è complessa, cerchiamo di spiegarla.


Il pareggio di bilancio che siamo tenuti a raggiungere è quello "strutturale": significa che alle entrate e uscite effettive si applica una correzione per tener conto di quanto abbia influito la situazione economica contingente, e si considera come sarebbe andata se l'economia non fosse stata sotto stress per la crisi, cioè in situazione "normale". Già qui si capisce che siamo in mezzo a concetti del tutto discrezionali: quale sarebbe la "normalità" dell'economia? La definizione non può che essere convenzionale. Ma andiamo avanti.

Il Pil "strutturale" si calcola in base a una procedura fatta di ipotesi macroeconomiche e di formule matematiche. La matematica conferisce sempre un'aura di oggettività, che però è del tutto falsa: la formula non è altro che la trasposizione di una teoria, e le teorie, questo lo sanno tutti, possono sempre essere contraddette. Il metodo di calcolo utilizzato dalla Commissione Ue, nello specifico, è basato sulla teoria economica neoclassica, quella a cui si riferiscono tutti coloro che appartengono all'area politico-culturale comunemente nota come "liberista". La stessa teoria su cui è basato tutto l'impianto della costruzione europea, pensata nel periodo di massimo successo di quelle idee.


Accade però a volte che l'applicazione delle formule generi effetti che qualunque persona non accecata dall'ideologia definirebbe insensati. E questo è per l'appunto ciò che è accaduto - sta accadendo - con la procedura di calcolo del Pil strutturale. Uno degli elementi di questo calcolo è il "tasso di disoccupazione strutturale", con cui si indica quel tasso di disoccupazione al di sotto del quale si generano tensioni sui salari e sull'inflazione. Attenzione, anche con quest'ultima proposizione siamo nel campo dell'applicazione di una teoria economica, non di una legge della fisica o della chimica. Fatto sta che dalla formula della Commissione salta fuori che il tasso di disoccupazione strutturale dell'Italia è del 10,4% nel 2013 e del 10,8 nel 2014. Se ne sono accorti Stefano Fantacone, Petya Garalova e Carlo Milani del Cer, che, rilevando giustamente che si tratta di un dato assurdo, hanno rifatto il calcolo cambiando quel dato e rilevando che basterebbe portarlo all'8,6% per ottenere che l'Italia il pareggio strutturale l'ha raggiunto già nel 2013 (anzi, risulterebbe un piccolo surplus dello 0,1% del Pil).

Repubblica ha chiesto al Cer di calcolare che risultato si otterrebbe se la disoccupazione strutturale fosse portata invece al 6,5%, e il risultato è clamoroso: senza cambiare nient'altro nel metodo di calcolo i nostri conti pubblici - sempre sotto il profilo strutturale - risulterebbero in attivo - per il 2014 - dell'1% di Pil: si tratta di circa 16 miliardi. Dunque non solo non saremmo tenuti a ulteriori tagli, ma avremmo una cifra non indifferente da spendere per sostenere l'economia.



Perché il 6,5%? Cominciamo col dire che non si tratta di un obiettivo utopistico, né massimalista. Una disoccupazione a quel livello è ancora relativamente elevata, ben lontana dalla situazione di piena occupazione che dovrebbe essere l'obiettivo di ogni politica economica. Una volta lo era, anzi: l'obiettivo della piena occupazione era la ragion d'essere della "scienza" economica. Ma poi le cose sono cambiate e ha prevalso la convinzione che bisognasse occuparsi dell'efficienza dell'economia, e l'occupazione ne sarebbe stata la conseguenza, E questo è ancora il pensiero dominante, nonostante le smentite della realtà.

Comunque, il 6,5% è per esempio l'obiettivo indicato dall'ex presidente della Federal Reserve Usa, Ben Bernanke, come prioritario per le decisioni di politica monetaria, anche a costo di un rialzo dell'inflazione nel breve periodo (cosa che comunque non si è verificata), e confermato dall'attuale presidente, Janet Yellen. Ma è anche il tasso che aveva raggiunto l'Italia nel 2008, prima dello scoppio della crisi (anzi, era anche qualcosa in meno), senza che si producesse nessuna tensione, né sui salari, né sull'inflazione. Un obiettivo realistico, dunque, sul quale nessuno dovrebbe avere qualcosa da obiettare.

Ma allora le procedure di calcolo della Commissione Ue, che producono un risultato così abnorme, sono sbagliate? Non le procedure in sé: è sbagliata la logica che le guida ed è sbagliato l'obiettivo politico assunto come prioritario, cioè un astratto pareggio del bilancio. E' appunto quello che si diceva all'inizio: il problema, prima ancora che tecnico, è politico.

L'Italia però quelle procedure le ha accettate. Potrebbe, adesso, contestarle? Sì che potrebbe. Le metodologie non sono cristallizzate nei trattati, e di fronte a risultati palesemente assurdi e politicamente inaccettabili avremmo tutto il diritto di chiedere che siano immediatamente riviste. Certo, non dovremmo dare l'impressione di voler fare i Berlusconi di turno, che appena si allenta la pressione della crisi ricominciano a fare spese in libertà e abbandonano le riforme necessarie (che non è detto che coincidano con quelle attualmente in discussione). Abbiamo però un appiglio concreto per affermare che oggi le regole europee sono sbagliate e ci spingono in un circolo vizioso che soffoca le possibilità di ripresa e dunque rende anche impossibile rispettare gli impegni sul debito, e non fa altro che impoverire sempre più la nostra economia. Avremo il coraggio e la capacità di seguire questa strada?