28.12.13

alientazionebrixen.pdf

http://www.oncohelp.it/contenuti/upload/file/alientazionebrixen.pdf

nyas_ehd_023.tex (Berrino)

http://www.nvvm.org/Adjuvant_diet.pdf

L'Arte di Nutrirsi

http://www.leonardo2015.it/biosolutions/Arte%20di%20Nutrirsi%20con%20consapevolezza.pdf

Layout 1

http://www.pianfeieroccadebaldi.bcc.it/uploads/media/Strategia_alimentare.pdf

La Bottega dei Semplici: BISCOTTI DIANA

Questa ricetta è stata tratta dal libro di Franco Berrino "Alimentare il benessere". Vi invito a scaricare questo interessante PDF dove troverete uno scritto di Berrino e delle interessantissime ricette.
La mia versione è stata leggermente modificata rispetto all'originale in base agli ingredienti presenti in dispensa ed al gusto personale.

Ingredienti:
110 gr farina semintegrale
70 gr fiocchi 5 cereali
2 C miglio soffiato
1/3 bicchiere di noci
1/3 bicchiere di mandorle
1/3 bicchiere di nocciole tostate
100 ml latte di riso
40 gr uvetta
1 mela piccola
1 pera piccola
1 c scorza di limone
pizzico sale
pizzico di cannella
1/2 bustina lievito bio

Procedimento:
Mettete in ammollo l'uvetta nell'acqua tiepida. Frullate grossolanamente la frutta secca e aggiungete la farina, i fiocchi di cereale, il sale, il miglio, la scorza di limone grattugiata e la cannella. Unite poi il latte, l'uvetta ben strizzata e la frutta fresca grattugiata finemente. Azionate il frullatore a media velocità per pochi secondi. Aggiungete il lievito e mescolate ancora a bassa velocità.
Con l'aiuto di due cucchiai formate i vostri biscotti e disponeteli sopra ad una teglia ricoperta da carta forno. Cuoceteli per 20 minuti a 180°.




Microsoft Word - _212_ Ferraro_PROCEDURE_Prevenzione_08 dicembre 2008.doc

http://www.torinomedica.com/allegati/2008/pagina%20web%20nick/212_%20Ferraro_PROCEDURE_Prevenzione_08%20dicembre%202008.pdf

Pappa-Mi - Cosa e come si mangia a scuola: Resoconto dell'incontro: Quale futuro per la ristorazione scolastica

http://blog.pappa-mi.it/2011/01/resoconto-dellincontro-quale-futuro-per.html

26.12.13

Second life, Peia e il ciclo della vita: dal web ai messaggeri su due ruote - Milano - Repubblica.it

Basta un attimo per capire che Roberto Peia, classe 1955, è un maschio alfa, un Machoman che affronta la vita di petto e si muove sicuro nel mondo. Lui, per l'esattezza, a Milano si muove regolarmente in bici, macinando una media di ottanta chilometri al giorno. Nel 2008 ha infatti fondato UBM-Urban Bike Messengers, la prima società di pony express su due ruote. "Non ho inventato nulla - spiega - Ho semplicemente ripreso un'idea già presente in molte città americane ed europee: utilizzare la bici come mezzo per le consegne. Oltre che sostenibile ed ecologica, la bicicletta in centro ha tempi imbattibili anche da un motorino".

Un'impresa che oggi dà lavoro a 22 ragazzi e che allo stesso tempo soddisfa un bisogno profondo che Roberto ha sempre avuto: quello di fare gruppo e di essere protagonista del suo tempo, riuscendo a incidere il cambiamento nella società. Come gran parte della sua generazione appassionata e inquieta, Roberto è cresciuto nell'oratorio sotto casa e si è formato nel movimento studentesco; ha distribuito volantini contro il colpo di stato in Cile e lavorato alle 150 ore; ha organizzato numerosi cineforum con dibattito (poi per fortuna c'è stato Moretti con il suo No, il dibattito no di "Io sono un autartico"...) ed è andato a Taizé; ha letto Gandhi, don Milani, Marcuse e per un po' di anni ha vissuto (prima con i quattro amici di sempre, poi con le fidanzate diventate in fretta mogli) nella - come la chiama lui - pseudocomune di Rocca Brivio; ha fatto il servizio civile da don Gino Rigoldi e poi, in tempi più recenti, obiezione fiscale alle spese militari.

LE ALTRE PUNTATE Emanuele Breveglieri e Roberta Barzaghi Anna Buono Luciano Gessaga Maria Bianucci Letizia Lattuada Gianni e Cristina De Marchi Enrico Tittarelli Brunella Rossi Roberta Sollazzi

Nel frattempo ha incontrato Sabina, sua compagna fin dalla quinta ginnasio al Berchet, poi dal 1981 moglie e madre dei loro tre figli, Francesco, Luca e Giacomo (oggi rispettivamente di 28, 26 e 16 anni). Insomma, una vita consumata a morsi che lo ha portato - come spesso accade - verso il giornalismo. "Scrivevo di alimentazione, consumi e ambiente - racconta - Temi che sento urgenti e vicini". Collabora con Altroconsumo, Il Sole 24Ore.it, Il Giorno, l'Unità e Il Salvagente, poi si tuffa nell'avventura del web con Virgilio.it.

"La fase di start-up è stata bellissima ed energica - ricorda emozionato -. All'inizio eravamo in una cantina, ma in poco tempo siamo passati da un gruppo di venti persone ad oltre duecento ". Poi però arriva la crisi, il clima cambia, un po' di free lance e Roberto rimane senza lavoro. Ed è allora che decide di dare corpo a una sua antica passione, la bicicletta. Un amore che coltiva da oltre vent'anni, da quando assieme agli amici di Rocca Brivio (tutti ormai sposati e con figli), passa le estati al Maso Hintnerhof in val Casies.

"È in quella valle verdissima che le due ruote diventano per me scelta politica e culturale". Cinelli gli regala le prime bici a scatto fisso e l'avventura milanese degli UBM-UrbanBikeMessengers ha inizio. "Oggi abbiamo numerosi clienti importanti (da Henkel a Discovery Channel), viaggiamo sulle 1800 consegne al mese e la nostra flotta si è arricchita di due bicicargo per i trasporti più pesanti". Un successo. "Una soddisfazione: siamo riusciti a fare una cosa che non c'era, siamo un esempio concreto di sostenibilità e stiamo contribuendo al cambiamento di mentalità in questa città".

Per ribadirlo ha scritto un libro (Tutta mia la città - Diario di un Bike Messenger, ed. Ediciclo) e contribuito a fondare Upcycle, il primo urban bike café restaurant di Milano, uno spazio dal sapore molto nordeuropeo che nei prossimi mesi lo vedrà nei panni dell'anfitrione. "Dopo cinque anni di consegne quotidiane, ho bisogno di riposare le ossa". Mi agito. Anche Machoman va in pensione? "No, riduco un po' il mio impegno fisico con UBM, lascio spazio ai ragazzi più giovani e mi concentro su questa nuova avventura". Ah, ecco...



20.12.13

"Scoperta la formula per ringiovanire, muscoli da ventenni a 60 anni" - Repubblica.it

E' IL MITO di Dorian Gray. Rimanere giovani e forti per sempre. Un sogno come il titolo della canzone
"For ever young" degli Alphaville. Da tempo la ricerca studia tecniche per fermare il tempo che passa. E i medici danno consigli per rimanere in forma il più a lungo possibile. Ora uno studio della Harvard Medical School , negli Stati Uniti, fa qualche cosa in più: identifica un  nuovo meccanismo dell'invecchiamento e lo rende reversibile. Quasi come se si riuscisse a far tornare le lancette dell'orologio indietro fino a cancellare decine di anni. La sperimentazione, appena pubblicata sulla rivista Cell , si è concentrata sui muscoli che con il passare dell'età perdono sempre più tono e volume.

Gli studiosi hanno testato sui topi una sostanza che ha dato risultati incoraggianti e sono convinti di essere vicini a una grande rivoluzione. Dopo la cura i muscoli delle cavie di laboratorio sono ringiovaniti molto velocemente, quasi come se gli animali fossero entrati in una macchina del tempo. "E' stato quasi come trasformare i muscoli di un sessantenne in quelli di un ventenne", spiegano gli autori della ricerca.

Lo studio si è concentrato sui mitocondri, le cosiddette "centrali energetiche" della cellula che producono l'energia necessaria per molte funzioni cellulari, come, ad esempio, il movimento, il trasporto di sostanze. Quando la comunicazione tra il nucleo della cellula e i mitocondri si inceppa, a quel punto incomincia l'invecchiamento. Gli sudiosi di Harvard si sono concentrati sulla molecola Nad, che ha una funzione importante, nella comunicazione tra mitocondri e nucleo. Grazie all'uso di una serie di sostanze, gli autori dello studio sono riusciti a fermare il processo di declino sui topi. Dopo una settimana di cura, i muscoli di due cavie da laboratorio di due anni si erano ringiovaniti di una quindicina di mesi.

La ricerca potrebbe essere il primo passo per mettere a punto un medicinale per fortificare i muscoli dell'uomo anche in tarda età. Un sogno quello di poter restare giovani e forti nel tempo. Ma sarà possibile scoprire una cura che cancelli velocemente gli anni? "La scoperta è sorprendente - spiega Ana Gomes, genetista della Harvard Medical School - , ma non potremo arrivare a una vera e propria 'cura' complessiva per combattere l'invecchiamento. Si può trovare una soluzione per questo aspetto specifico, ma va ricordato che l'invecchiamento dipende da diversi fattori. Non si può intervenire invertendo i processi legati ai telomeri o al fatto che con il passare del tempo il Dna si invecchia".

Ora gli studiosi puntano a una sperimentazione clinica entro il 2015. "Non pensiamo che sarà creata una cura da prendere dai 20 anni fino alla fine della vita. Col tempo potremo creare una cura che potranno prendere anche le persone anziane, prima di trovarsi in condizioni di salute troppo compromesse".






 



GUIDA+Ristrut_edilizie.pdf

http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/wcm/connect/b817df80426dc23e98b59bc065cef0e8/GUIDA+Ristrut_edilizie.pdf?MOD=AJPERES&CACHEID=b817df80426dc23e98b59bc065cef0e8

14.12.13

Ferrara , Arcispedale S. Anna: gli anni 10 e 20

http://www.slideshare.net/comuneferrara/larcispedale-s-anna-gli-anni-10-e-20

Ottocento ferrarese

http://www.ottocentoferrarese.it/

Ferrara

http://www.liceoariosto.it/index.php?option=com_docman&task=doc_download&gid=130&Itemid=40

Ferrara

http://www.ferraraforum.com/conferenza%20giardini%20%20Scafuri%20%208.11.%202011.pdf

La sorpresa del debito «sostenibile» - Il Sole 24 ORE

http://www.ilsole24ore.com/art//2013-12-14/la-sorpresa-debito-sostenibile-082749.shtml?uuid=ABx6l0j
Il debito pubblico italiano è molto più «sostenibile» di quello di Germania, Francia, Spagna, Gran Bretagna e persino Usa. Quella che può sembrare una provocazione è semplicemente un'equazione che calcola il "gap della sosteniblità" sommando il debito pubblico esplicito (il debito/Pil attuale che riflette il passato) con il debito implicito (che tiene conto degli obblighi di spesa futuri tra i quali pensioni e sanità) per arrivare a un debito totale. Ebbene in questa classifica - l'ultima calcolata in questi giorni dal Centro Studi dell'Università di Friburgo sotto la guida del Prof. Raffelhuschen - l'Italia svetta al secondo posto con un debito totale/Pil al 73%, dopo la Lettonia. Al quarto posto la Germania (154%), 16a la Francia (449%), 22a la Gran Bretagna (640%), 24a la Spagna (672%). Gli Usa sarebbero ultimi, al 1.300 per cento.

L'esito controverso di questo ranking, che premia l'Italia nonostante la crescita sia gracile e molte delle grandi riforme strutturali ancora al palo, non sorprende affatto Alexander Kockerbeck, ex analista per il debito sovrano di Moody's e attualmente consulente in Germania: Kockerbeck è convinto da tempo che nel valutare l'affidabilità e la sostenibilità del debito pubblico l'importanza assegnata nei rating alla crescita è smisurata. E, quel che è peggio, non tiene spesso conto della qualità della crescita, quando virtuale, non reale essa sia: nella storia recente sono stati numerosi i casi di un Pil che è salito perchè drogato da bolle speculative immobiliari, da squilibri della finanza. Per non parlare dei Paesi che crescono grazie all'aiuto del QE delle banche centrali e quindi con tassi tenuti artificialmente molto bassi, svalutazione della divisa e inflazione.
«L'Italia ha una crescita del Pil fiacca, molto debole ma almeno è una crescita onesta. È la più onesta che c'è, nel senso che non nasce da una degenerazione. L'Italia non è cresciuta negli anni passati con le bolle speculative immobiliari oppure partecipando alle avventure virtuali della finanza - sostiene Kockerbeck candidamente -. E ora l'Italia esce dalla recessione nonostante la condizionalità sottintesa delle OMTs abbia imposto l'austerity e il rigore sui conti pubblici, e torna a crescere senza l'aiuto della svalutazione dell'euro, senza tassi bassissimi (perchè paga lo spread), senza inflazione: un sostegno che invece gli Usa e il Regno Unito, tornati a crescere, hanno avuto dalla Fed e dalla Bank of England con il QE che dà più tempo per fare le riforme».
Secondo Kockerbeck, le agenzie di rating in particolar modo considerano la crescita un elemento chiave per la sostenibilità del debito pubblico ma questo elemento, importantissimo, va comunque valutato con un insieme di fattori, tra i quali «gli obblighi futuri di spesa pubblica, la qualità della crescita e le opzioni rimanenti di aggiustamento». La crescita della Spagna, per esempio, «era virtuale, non reale, quindi non sostenibile».
L'Italia, come evidenziano i calcoli disponibili e il ranking del Centro studi dell'Università di Friburgo, risulta l'unico Paese in Europa in grado di controllare gli obblighi futuri «connessi all'invecchiamento della popolazione che sono essenzialmente i finanziamenti di pensioni e sanità». Nel calcolo del debito totale, che unisce il debito esplicito e il debito implicito, si misura il «sustainability gap» e la dinamica del debito implicito diventa dominante. Kockerbeck sottolinea che l'Italia «è uno dei rari Paesi con un surplus primario del bilancio dello Stato». E aggiunge: «Non capisco perchè il rating dei titoli di Stato italiani rimanga vicino al livello di junk con outlook negativo - livello fondamentalmente inspiegabile e basato sull'ormai obsoleto "panico" del mercato». Questo alla luce delle OMTs della Bce.
Anche per Kockerbeck resta il rischio che l'Italia non porti avanti le riforme e non riesca ad abbassare il debito esplicito: «è un rischio alto, ma l'osservazione non deve finire qui. La dinamica del debito pubblico italiano sembra essere controllabile - più che in molti altri paesi - e la strada sembra meno lunga. Sarà la voglia e la capacità politica a decidere».
© RIPRODUZIONE RISERVATA




12.12.13

Our father

Our father which art in Heaven,
Hollowed be thy name,
Thy kingdom come,
Thy will be done, 
On Earth as it is in Heaven,
Give us our daily bread, 
And forgive our trespasses
As we forgive those who trespass against us,
Lead us not into temptation,
But deliver us from Evil,
For
thine
is the kingdom, 
The power and the glory,
For ever and ever,
Amen.

5.12.13

Runners

Almost all novice runners take fewersteps than the oft-cited ideal stridefrequency of 180 steps per minute (spm).So researchers got a group of newbies to
run at a frequency 10 per cent higher than their usual step rate. The results were startling: a 14 per cent reduction in peak joint force on the knee.

Coffee helps you run faster, for further – and now it seems it might help you recover faster too. After a dose of caffeine, volunteers were able to perform more reps of a
weight-lifting exercise but paradoxically reported less muscle soreness over the next two days. It's not clear exactly why cof ee might help keep DOMS at bay...

Sometimes less really is more – according to new research, a daily workout of 30 minutes shifts more blubber from a novice exerciser than a full hour's effort. It might seem counterintuitive, but the shorter sessions left volunteers full of energy,which tipped over into more activity over the rest of their day. The long slogs, meanwhile, just tired the exercisers out so they became far more sedentary.

As temperatures plummet, new research gives runners a reason not toresent the chill. In a study published in the Journal of Clinical Investigation, volunteers spent two hours a day sitting in a room set to 17C. Six weeks later, and they'd raised their energy expenditure enough to lose 5.2 per cent of their body fat.

Another reason to do as you're told and eat your greens. Sulforaphane, a compound found in broccoli, helped protect against cartilage deterioration in a recent University of East Anglia study. The researchers say that sulforaphane might one day help treat – and even prevent – painful conditions such as osteoarthritis. Sulforaphane is less bioavailable the longer broccoli is cooked, so lightly steam yours to keep things crunchy.


4.12.13

'Dna spazzatura', scoperto un suo possibile ruolo nella formazione dei tumori - Repubblica.it

Da oggetto misterioso, considerato 'spazzatura', a possibile alleato nella battaglia contro i tumori. Il Dna non codificante, il cosiddetto 'Dna spazzatura', potrebbe invece essere fondamentale per la ricerca. A confermarlo due studi che, a breve distanza temporale l'uno dall'altro, ci dicono che alcune di queste regioni del Dna umano, chiamate pseudo-geni, potrebbero essere responsabili dello sviluppo di processi degenerativi e di forme tumorali tra le più comuni, come quelli al seno e alla prostata.

Negli esseri umani, circa l'1,5 per cento del Dna è composto di geni che codificano per proteine. Il restante 98,5 per cento è invece chiamato 'Dna spazzatura', perché contiene geni senza scopo apparente o che regolano la produzione di proteine a parte di altri geni. Da qui lo scarso interesse mostrato, fino a qualche tempo fa, da parte della ricerca scientifica per il Dna non codificante. Ma le cose potrebbero presto cambiare.

A fare la clamorosa scoperta due gruppi di ricerca che, pur lavorando indipendentemente, sono giunti a conclusioni simili. Il più recente in ordine di tempo è stato pubblicato sulla rivista Nature Methods ed è il frutto del lavoro di alcuni ricercatori svedesi del Karolinska Institutet di Solna. Il team di scienziati scandinavi ha scoperto che un centinaio di nuove regioni del genoma umano che si pensava non codificassero sono invece attive. In particolare, alcune di esse (gli pseudo-geni, per l'appunto) potrebbero essere legate all'insorgere e allo sviluppo del cancro. 

Grazie a un nuovo metodo che fonde insieme tecniche di proteogenomia e bioinformatica, gli scienziati svedesi sono riusciti per la prima volta a individuare alcuni pseudo-geni che producono proteine, il che indica che potrebbero avere una funzione. Molte di queste proteine, inoltre, sono state anche ritrovate all'interno di cellule cancerose.

Il secondo studio, invece, è merito del team coordinato da Etka Khurana, dell'università americana di Yale ed è stato pubblicato sulla rivista Science qualche settimana fa. Un progetto al quale ha partecipato anche l'italiana Vincenza Colonna, dell'Istituto di genetica e biofisica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Napoli e del britannico Wellcome Trust Sanger Institute.

Il pool di ricerca si è basato sui dati pubblici forniti dal progetto '1000 Genomi', che raccoglie il Dna di oltre mille persone, e li ha analizzati con un software appositamente progettato.

''A differenza di quanto si fosse pensato fino ad oggi, abbiamo scoperto regioni a bassa o assente variabilità genetica anche in questa porzione di Dna e le abbiamo chiamate regioni ultrasensibili - ha detto la dottoressa Colonna - E' in esse che siamo andati a caccia delle mutazioni ed abbiamo scoperto che le basi del Dna, se modificate, causavano gravi alterazioni".

Così, applicando la stessa tecnica al Dna di 90 tumori che colpiscono seno, cervello e prostata sono state scoperte quasi 100 varianti genetiche potenzialmente responsabili di forme tumorali proprio nelle regioni non codificanti. Una scoperta rivoluzionaria visto che, questa procedura, potrebbe essere utilizzata per trovare molte altre varianti che causano tumori e altri tipi di malattie.

A questo punto resta da capire se questi geni del 'Dna spazzatura' siano effettivamente responsabili di forme cancerose e di altre patologie. Per ora la compatibilità c'è tutta ma ulteriori test chiariranno il quadro, aprendo o meno un nuovo fondamentale fronte nella infinita lotta contro il cancro.

A suscitare clamore, però, è soprattutto il protagonista di entrambe le ricerche: il 'Dna spazzatura'. Si è sempre pensato che la quasi totalità del patrimonio genetico umano non codificasse alcuna proteina. Questo ha portato gli scienziati, per molti anni, alla conclusione che il Dna non codificante non avesse alcun ruolo nei processi genetici.

Almeno fino a qualche anno fa. Perché, grazie al consorzio internazionale Encode (Encyclopedia of Dna Elements) si è potuto scoprire che, al contrario, il 'Dna spazzatura' è un vero e proprio regista del codice genetico umano. Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature nel 2007, ha infatti assegnato una funzione ad almeno l'80% dell'intero genoma, imprimendo un deciso cambio di rotta alla ricerca.

ll progetto Encode, in particolare, mettendo a disposizione dell'intera comunità scientifica le sequenze di 1.640 genomi, completate con le informazioni relative alle numerose strutture molecolari associate, ha permesso una mappatura quasi completa del genoma umano da mettere a disposizione dei ricercatori, per aiutarli nella comprensione delle complesse interazioni in gioco tra i numerosi elementi del sistema.



3.12.13

Fertilità, una difesa dalla dieta 'a colori' ma è allarme per le nuove generazioni - Repubblica.it


ROMA - Mangiare a colori aiuta la fertilità maschile. Lo dimostra un recente studio dell'Harvard School of Public Health di Boston, pubblicato sulla rivista 'Fertility and Sterility'. Pomodori, zucche, agrumi, carote, cocomeri, ananas, salmone e alcuni tipi di crostacei sono infatti cibi ricchi di carotenoidi che possono migliorare la qualità del liquido seminale.

La ricerca - L'obiettivo dello studio era quello di stabilire l'effetto delle vitamine dei gruppi A, C ed E sulla qualità dello sperma maschile. I ricercatori, finanziati dal National Institutes of Health e dall'Unione Europea, hanno reclutato 389 giovani universitari dello stato di New York, chiedendogli di compilare un questionario sul tipo di alimentazione adottato e sull'apporto calorico totale giornaliero. Solo 189 lo hanno completato, con un'età media di 19 anni. Ogni ragazzo ha poi fornito un campione di seme, analizzato nel giro di mezz'ora. È stato misurato il volume dello sperma e la conta degli spermatozoi, oltre alla loro concentrazione, motilità e morfologia.

"Abbiamo visto che un'aumentata motilità è direttamente correlata a un maggiore contenuto di beta-carotene nella dieta, mentre l'assunzione di licopene, un altro carotenoide, migliora la morfologia degli spermatozoi" spiega Piotr Zareba, primo firmatario dello studio, il quale suggerisce peraltro un legame meno significativo fra vitamina C e concentrazione degli spermatozoi.

Carote e pomodori - I risultati finali dell'indagine, dunque, suggeriscono che i carotenoidi giocano un ruolo fondamentale ed hanno un impatto positivo sulla qualità del seme maschile. In particolare, si è visto che la motilità degli spermatozoi è aumentata del 6,5% nei soggetti che seguivano una dieta ricca di carotenoidi. Risultati simili si sono riscontrati in chi mangiava alimenti ricchi di luteina (che si trova in spinaci, insalata verde, porri e piselli). Una dieta ricca di licopene (contenuto soprattutto nei pomodori) ha migliorato la morfologia spermatica in una percentuale che varia dall'8% al 10%.

La fertilità è in calo - I dati raccolti durante lo studio hanno permesso di osservare che la quantità e la qualità dello sperma maschile è in declino nei paesi occidentali, dato che il numero degli spermatozoi è calato, in media, di oltre la metà. Anche in Italia la fertilità maschile è in calo: secondo gli ultimi dati dell'Istituto Superiore di Sanità, in circa il 35% delle coppie infertili si riconosce un fattore maschile. Purtroppo, anche la fertilità degli adulti di domani sembra a rischio. Lo dimostrano gli ultimi dati del progetto "Accademia della Fertilità" dell'università di Roma La Sapienza in collaborazione col ministero della Salute e che rientra nell'iniziativa nazionale "Amico Andrologo" (www.amicoandrologo.it).

La ricerca, condotta su 10.000 ragazzi dai 18 ai 22 anni, dimostra che i ragazzi italiani sono poco attenti e informati sui comportamenti che proteggono la loro fertilità. Lo studio ha incluso l'osservazione dei comportamenti a rischio e dimostra che l'uso occasionale di alcolici è molto elevato (80 %), ma anche estremamente preoccupante è l'elevato abuso di alcolici (30%). I giovani italiani sono anche particolarmente attratti dalle droghe (le ha provate almeno una volta il 50% ), le più comuni sono marijuana/hashish (40-50%), popper (12-17%) e cocaina (8-10%). Il 29% dei ragazzi che ha partecipato all'indagine aveva assunto una droga nel mese precedente la visita. Fino al 56% fuma in modo occasionale e fino al 38% invece è fumatore abituale. In media fumano 6,5 sigarette al giorno, ma il 30,8% dei ragazzi fuma più di 10 sigarette e il 23 % ha iniziato prima dei 13 anni.

Problemi andrologici - "I comportamenti a rischio acquisiti durante l'adolescenza spesso hanno implicazioni sulla salute nell'età adulta in diversi ambiti" spiega Andrea Lenzi, direttore della sezione di Fisiopatologia medica ed endocrinologia all'università di Roma La Sapienza. "Il declino della fertilità delle giovani generazioni è un problema sanitario emergente che colpisce oggi in Italia circa il 15% delle coppie che stanno cercando di avere un bambino". L'esame clinico, svolto nell'ambito della campagna di sensibilizzazione "Amico Andrologo" su 3.816 ragazzi, rivela infatti che il volume di entrambi i testicoli è inferiore a quello finale per l'adulto per il 14 % dei giovani. Il 27% ha varicocele (il 19% in forma grave) e fimosi, anche in presenza di infezioni e lesioni cutanee irritative.

"Il volume testicolare - sottolinea Renzi - è considerato il miglior indicatore della salute andrologica ed è connesso col potenziale riproduttivo perché correlato con la produzione di spermatozoi e con i livelli ormonali. In via generale più è grande il testicolo e meglio funziona. Tale variabilità quindi può dipendere da fattori di rischio comportamentali, tra questi l'abuso di droghe e alcol sembrano i principali determinanti. I nostri dati dimostrano per la prima volta quanto lo stile di vita errato durante l'adolescenza possa influenzare la salute riproduttiva delle future generazioni".



Ricerca: "L'uso regolare di aspirina protegge dal rischio cancro" - Repubblica.it

L'ASSUNZIONE regolare di aspirina protegge dal cancro. Lo ha dimostrato l'analisi comparativa di 8 studi, pubblicata su Lancet, su 23.535 pazienti trattati con il farmaco nelle dosi utilizzate per prevenire eventi cardiovascolari, con una riduzione della mortalità per tumori del 34% dopo 5 anni e del 20% dopo 20 anni. I dati sono stati appena presentati al 30° Congresso della Società italiana di medicina generale (Simg) a Firenze. "Il 2014 - ha affermato Claudio Cricelli, presidente Simg - sarà l'anno della prevenzione cardiologica e oncologica promosso dalla nostra società scientifica. Recentemente numerose ricerche hanno ipotizzato che nella scelta dell'utilizzo dell'aspirina, soprattutto in chi non ha mai avuto eventi cardiovascolari, debbano essere considerati anche i potenziali benefici che potrebbero derivare in ambiti patologici apparentemente distanti da quello delle malattie cardiovascolari. Se, in precedenza, il miglioramento della prognosi era limitato a pazienti con tumore del colon-retto, oggi questi dati estendono i benefici ad altri tipi di cancro, agli adenocarcinomi in generale".

Anche se parte della comunità accademica non è convinta dell'effetto antitumorale dell'aspirina, da qualche anno arrivano sempre più conferme in questa direzione e della sua utilità per prevenire le malattie cardiocircolatorie. Secondo una ricerca del Dana-Faber Cancer Institute, ad esempio, la risposta potrebbe essere nei geni dei pazienti. Secondo altre ricerche recenti, l'uso regolare dell'aspirina diminuirebbe le possibilità di ammalarsi di tumore e, nei casi in cui la persona si è già ammalata, abbasserebbe il tasso di mortalità.

Una ricerca del 2011 ha messo in evidenza che un'aspirina al giorno per almeno due anni riduce del 60 per cento il rischio di ammalarsi di un tumore di origine ereditaria. Soprattutto per i casi di cancro all'intestino e all'utero, il farmaco ha dimostrato di avere un grosso effetto di prevenzione. (V.P.)



The effect of protein timing on muscle strength and hypertrophy: a meta-analysis

http://www.jissn.com/content/pdf/1550-2783-10-53.pdf

25.11.13

AARR Index | Alan Aragon's Blog

http://www.alanaragonblog.com/aarrindex/

» Nutrient Timing Revisited: The Anabolic Window of Opportunity



I recently co-authored a review article with my good friend and colleague Alan Aragon titled, "Nutrient Timing Revisited: Is there a post-exercise anabolic window?" I'm happy to say the article was published in the prestigious Journal of the International Society of Sports Nutrition and has received a lot of favorable attention. Here are the highlights:

1) Nutrient timing can be a beneficial strategy for maximizing muscular gains, but the "window of opportunity" is not necessarily as narrow as often believed.

2) Provided that a protein-rich meal is consumed within about 3-4 hours prior to a workout (or possibly even longer, depending on the size of the meal), you don't have to stress about chowing down a post-workout meal as soon as you finish training. For those who train partially or fully fasted, on the other hand, consuming protein immediately post-workout becomes increasingly more important to promote anaoblism.

2) Although research is somewhat equivocal, it seems prudent to consume high-quality protein (at a dose of ~0.4-0.5 g/kg of lean body mass) both pre- and post-exercise within about 4-6 hours of each other depending on meal size.

3) Contrary to popular belief, consuming post-exercise carbohydrate does not meaningfully enhance anabolism. Moreover, unless you are performing two-a-day workouts involving the same muscle group(s), glycogen replenishment will not be a limiting factor in those who consume sufficient carbohydrate over the course of a given day. So from a muscle-building standpoint, just focus on meeting your daily carb requirement as opposed to worrying about timing issues.

One of the most surprising aspects of writing this paper was the lack of clarity in the current body of research. Alan and I reviewed every direct study conducted on the subject. Not only were results of these studies highly conflicting, but most had confounding issues that obscured the ability to tease out the impact of the effects of consuming nutrients post-workout. I am planning a study in my lab that addresses the gaps in the literature. Hope to begin data collection in the near future. Stay tuned!

In case you want to delve into the heavy science on the topic, here is a link to a PDF of the article:

Nutrient Timing Revisited: Is there a post-exercise anabolic window?

Cheers!

Brad




22.11.13

AARR Index | Alan Aragon's Blog

http://www.alanaragonblog.com/aarrindex/

Metodo pre-esaurimento - Wikipedia

Il metodo pre-esaurimento (pre-exhaustion method) è un metodo di allenamento usato nell'esercizio con i pesi.

Definizione

L'ordine degli esercizi tradizionale e il Priority system

Il metodo pre-esaurimento, da non confondere con l'omonima tecnica del pre-esaurimento in super set, definisce uno specifico ordine degli esercizi dedicati allo stimolo di un gruppo muscolare all'interno di una sessione con i pesi. Le classiche linee guida sull'esercizio coi pesi più autorevoli e accreditate suggeriscono di svolgere prima gli esercizi multiarticolari (detti anche fondamentali o base) dedicati ad un gruppo muscolare rispetto ai monoarticolari (detti anche di isolamento) che reclutano lo stesso gruppo muscolare. Inoltre, viene data generalmente una priorità molto maggiore agli esercizi multiarticolari rispetto ai monoarticolari. In altre parole, nelle normali routine con i pesi viene prevista una prima parte dell'allenamento dedicata agli esercizi multiarticolari e una loro maggiore preponderanza sui monoarticolari. Le motivazioni generalmente presentate sono riferite al fatto che gli esercizi multiarticolari che coinvolgono maggiori masse muscolari permettono di:

  • sollevare maggiori carichi rispetto agli esercizi monoarticolari;
  • sviluppare più efficientemente le prestazioni di forza e potenza;
  • ottenere una prestazione significativamente migliore se eseguiti per primi nella sessione (cioè evitando il pre-affaticamento);
  • provocare una maggiore risposta metabolica;
  • provocare la maggiore risposta acuta degli ormoni anabolici come il GH e il testosterone;.

Questo schema di allenamento può essere riconosciuto come priority system (sistema delle priorità), modello in cui gli obiettivi principali dell'allenamento sono i miglioramenti della prestazione o del gesto atletico su determinati esercizi, per tanto gli esercizi principali vengono eseguiti per primi all'interno della sessione di allenamento. Nel modello priority system viene permesso all'atleta di concentrarsi sulla performance, usare carichi maggiori e non accusare un pre-affaticamento durante l'esecuzione dell'esercizio prioritario che viene eseguito per primo durante la sessione.

Differenze tra forza e ipertrofia nel metodo pre-affaticamento

L'uso di esercizi multiarticolari è giudicato fondamentale per sviluppare le prestazioni come la forza e la potenza, ed i progressi a lungo termine nei guadagni di forza sono molto probabilmente attribuibili all'ipertrofia delle fibre muscolari o del gruppo muscolare. Sebbene il priority system possa essere ritenuto un valido metodo in una buona parte dei contesti, soprattutto per migliorare gli adattamenti legati alla prestazione, invertire l'ordine degli esercizi eseguendo nella prima parte dell'allenamento gli esercizi monoarticolari seguiti dai multiarticolari potrebbe offrire uno stimolo differente per favorire lo sviluppo di altri adattamenti muscolari come l'ipertrofia muscolare. Per quanto l'allenamento di forza possa produrre anche un certo adattamento ipertrofico, e quindi possa esserci una certa correlazione tra la forza e l'ipertrofia, non sempre esiste uno stretto legame tra i due adattamenti. Ad esempio, durante il deallenamento dall'esercizio con i pesi, la forza massima inizia a calare dopo circa una settimana, ma il volume muscolare non si riduce fino a circa 2 settimane di deallenamento, riflettendo quanto i due adattamenti non risultino strettamente dipendenti l'uno dall'altro, e quanto la forza sia dipendente dall'aspetto neurale al contrario dell'ipertrofia. Inoltre, diverse evidenze scientifiche recenti hanno iniziato a sottolineare la non correlazione tra l'aumento degli ormoni sistemici (GH e testosterone) indotto dall'allenamento e l'esaltazione della forza, dell'ipertrofia, e della sintesi proteica muscolare. Per tanto, sotto l'aspetto strettamente ormonale, gli esercizi multiarticolari non avrebbero alcun vantaggio sui monoarticolari nonostante siano in grado di provocare una risposta ormonale generalmente maggiore. Infine, i classici programmi con i pesi per lo sviluppo specifico dell'ipertrofia differiscono da quelli per il massimo sviluppo della forza per diverse variabili, come l'intensità, il volume, la densità, i tempi di recupero, il Time Under Tension (TUT), e potenzialmente la scelta e l'ordine degli esercizi.

Nell'esercizio con i pesi finalizzato primariamente allo sviluppo dell'ipertrofia muscolare viene previsto il largo uso di esercizi monoarticolari (di isolamento). Durante l'esecuzione degli esercizi multiarticolari (fondamentali), alcuni muscoli agonisti possono prevalere su altri, creando di conseguenza uno squilibrio ipertrofico tra i muscoli coinvolti, e quindi a delle asimmetrie estetiche. L'uso degli esercizi monoarticolari può invece reclutare selettivamente un muscolo sottosviluppato migliorandone la simmetria. Inoltre, l'architettura unica del singolo muscolo suggerisce che l'utilizzo di esercizi monoarticolari può provocare differenti modelli di attivazione muscolare contribuendo ad accrescere lo sviluppo muscolare generale. Per tanto, diversamente dall'esercizio con i pesi per la forza, nel metodo ipertrofia gli esercizi di isolamento muscolare sono ampiamente utilizzati. Questo può rafforzare le differenze tra i protocolli con i pesi per la forza con quelli il cui obiettivo principale è lo sviluppo del volume muscolare. Di conseguenza, gli esercizi di isolamento non solo assumono un ruolo più importante nei protocolli per l'ipertrofia, ma alcuni metodi di allenamento, come il metodo pre-esaurimento, possono sfruttarne i vantaggi collocandoli all'inizio della sessione, facendoli precedere agli esercizi fondamentali (multiarticolari).

Definizione del metodo pre-esaurimento

Pur essendo meno popolare del pre-esaurimento in super set, il metodo pre-esaurimento condivide i punti fondamentali con la tecnica in questione. In entrambi i casi infatti l'esercizio di isolamento precede l'esercizio fondamentale col fine di "pre-affaticare" i muscoli agonisti senza affaticare alcuni dei muscoli sinergici. Tuttavia, mentre il pre-esaurimento in super set prevede l'esecuzione di un esercizio monoarticolare seguito immediatamente da un esercizio multiarticolare senza alcuna pausa che intercorre tra le serie dei rispettivi esercizi, il metodo pre-esaurimento consiste fondamentalmente nell'iniziare la sessione di allenamento con un gruppo di serie multiple usando un esercizio monoarticolare, il quale una volta terminato con tutte le serie previste viene seguito da un esercizio multiarticolare dedicato allo stesso muscolo. In altre parole, questa strategia consiste nel capovolgere la tradizionale impostazione in cui il primo esercizio è multiarticolare, mentre l'esercizio monoarticolare viene considerato secondario e svolto successivamente all'interno della sessione. L'obiettivo del metodo pre-esaurimento è quello di affaticare un gruppo muscolare escludendo l'attività di alcuni muscoli sinergici con un primo gruppo di serie multiple, prima di eseguire un altro gruppo di serie multiple in cui l'esercizio praticato riesce a reclutare altri muscoli ausiliari non affaticati che nell'esercizio precedente non erano intervenuti.

Ad esempio, nel caso si intenda applicare il metodo pre-esaurimento sul grande pettorale, l'allenamento potrebbe iniziare con qualche serie di pectoral machine (esercizio monoarticolare o di isolamento), la quale sollecita il muscolo agonista e i deltoidi anteriori escludendo i tricipiti. Una volta terminate tutte le serie di pectoral machine in cui si è pre-affaticato il gran pettorale, si passa a qualche serie di distensioni su panca. Questo esercizio multiarticolare non chiama in causa solo il grande pettorale e i deltoidi anteriori, ma anche gli estensori del gomito, ovvero i tricipiti. Durante le distensioni su panca, il grande pettorale sarà pre-affaticato e cederà prima dei tricipiti, che risulteranno ancora "freschi". Secondo la teoria, i muscoli sinergici che erano stati esclusi nell'esercizio di isolamento vengono portati a contribuire meno durante il successivo multiarticolare, ponendo maggiore stress sugli agonisti. Ad esempio, l'esaurimento muscolare durante le distensioni su panca può facilmente portare all'esaurimento dei tricipiti. Le distensioni su panca sono un esercizio di prima scelta per stimolare il grande pettorale, per tanto la logica del metodo pre-esaurimento è quella di eseguire prima un esercizio monoarticolare come la pectoral machine per pre-affaticare il petto cosicché il cedimento muscolare durante le distensioni su panca sarà collegato all'esaurimento del petto piuttosto che a quello dei tricipiti. Il metodo del pre-esaurimento può far riferimento anche ad altri metodi. I ricercatori Fleck e Kraemer (1997) sostengono che il metodo pre-esaurimento possa assumere anche un altro significato. Il metodo alternativo consiste nel pre-affaticare i muscoli sinergici e stabilizzatori prima di svolgere l'esercizio principale per il principale muscolo che si intende sollecitare. Un esempio sarebbe quello di eseguire la lat machine o la shoulder press prima della panca piana. Effettivamente, questa forma di pre-affaticamento venne testata in alcune ricerche.

Conclusioni

Alcuni autori sottolineano che la strategia del pre-affaticamento muscolare sia in grado di causare un calo della forza una volta che si giunge all'esercizio multiarticolare principale, e questo solleverebbe alcuni dubbi sulla sua idoneità per sviluppare strettamente la forza nonostante la sua popolarità nell'ambito dell'ipertrofia. A questo proposito è necessario citare una ricerca di Sforzo e Touey (1996) in cui venne testata proprio una forma di metodo pre-affaticamento. Quando gli esercizi principali (panca piana e squat) venivano svolti prima di esercizi dedicati a gruppi muscolari sinergici di inferiori dimensioni, la prestazione era significativamente migliore rispetto a quando gli esercizi minori venivano svolti prima di quelli principali in termini di forza totale. Per questi motivi il pre-esaurimento può essere un metodo adatto per l'ipertrofia, ma teoricamente meno indicato per lo sviluppo della forza, dove il fine principale è quello di migliorare la prestazione. Ad ogni modo, diversi studi hanno dimostrato che anche la fatica ed i suoi metaboliti (acido lattico) possano stimolare lo sviluppo della forza. Alcune ricerche dimostrarono inaspettatamente che le ripetizioni continue risultassero in maggiori guadagni di forza rispetto a quando veniva impostato il recupero tra le serie. Quindi, l'accumulo della fatica e dei fattori metaboliti potrebbero essere considerati segnali fisiologici dell'adattamento. Tuttavia, non è stata stabilita l'eventuale correlazione diretta tra questi meccanismi e il metodo pre-esaurimento, e molte ricerche stabiliscono al contrario che l'ottimale prestazione di forza sia migliore senza pre-affaticamento, e lo sviluppo della forza sul lungo termine avvenga con tempi di recupero lunghi (3 o più minuti), riflettendo la necessità di ridurre al minimo l'affaticamento metabolico e qualsiasi forma di pre-affaticamento che può compromettere la prestazione. Kraemer e Häkkinen (2008) suggeriscono che l'effetto dell'ordine degli esercizi in pre-esaurimento nell'incidere positivamente o negativamente sulla prestazione sia una questione solo ipotetica, anche se può essere utile per sviluppare la forza e la potenza funzionale in condizioni di pesante affaticamento in alcuni sport specifici come il wrestling o i 400 metri in stile libero. Ad ogni modo, poichè la fatica penalizza lo sviluppo della forza e della potenza, è possibile che il metodo pre-esaurimento possa essere più adatto per altri obiettivi diversi dal miglioramento di queste qualità specifiche.

Esempi di metodo pre-esaurimento

Altri metodi di resistance training

Voci correlate

Note

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Bibliografia




Archaeologists Officially Declare Collective Sigh Over “Paleo Diet” | Mumanu: the new way to sleep

Hamburger, beef cheese burger with tomato

Source: Hell's Ditch .com
Date: August 6th, 2012

FRANKFURT- In a rare display of professional consensus, an international consortium of anthropologists, archaeologists, and molecular biologists have formally released an exasperated sigh over the popularity of the so-called "Paleo Diet" during a two-day conference dedicated to the topic.

The Paleo Diet is a nutritional framework based on the assumption that the human species has not yet adapted to the dietary changes engendered by the development of agriculture over the past ten thousand years. Proponents of the diet emphasize in particular the negative effects of eating large quantities of grain and its numerous by-products, which can lead to hypertension, obesity, and various other health problems. Instead, the Paleo Diet posits that a reliance on lean meats, fresh fruits, and vegetables while minimizing processed food is the key to health and longevity.

The nutritional benefits of the diet are not what the grievance is about, said Dr. Britta Hoyes, who organized the event. She agreed that a high-carbohydrate diet can have a detrimental effect on long-term health, as many studies have demonstrated. Instead, the group's protest is a reaction to the biological and historical pediments of the diet, in particular the contention that pre-agricultural societies were only adapted to eat those foods existing before the Neolithic Revolution.

Hoyes, a paleoethnobotanist who specializes in reconstructing prehistoric subsistence, stated that only thing unifying the myriad diets that she's studied has been their diversity. "You simply do not see specific, trans-regional trends in human subsistence in the archaeological record. People can live off everything from whale blubber to seeds and grasses. You want to know what the ideal human diet consists of? Everything. Humans can and will eat everything, and we are remarkably successful not in spite of this fact, but because of it. Our adaptability is the hallmark of the human species. We're not called omnivores for nothing."

As for the idea that agricultural products are somehow maladaptive to the human species, researchers at a seminar entitled "It's When You Mate, Not What You Ate,"  pointed out that evolutionary fitness is measured by reproductive success, not by the health or longevity of an individual.

Richard Wenkel, a biostatistician who chaired the panel, explained: "As long as the diet of an individual keeps them alive long enough to successfully mate, then that diet has conferred an evolutionary advantage. By that metric, the agricultural revolution has proven to be the most effective dietary system in the history of our species. We are the most prolific higher-order vertebrate on the planet." It is a point that he feels is overlooked by Paleo Diet enthusiasts.

"Look at that British girl who lived off of chicken nuggets for almost eighteen years, " Wenkel continued. "The fact that her body was able to utilize the meager nutritional value of those things and get her to reproductive age is an incredible feat. It shows exactly how effective our versatility has been in human development. In a strict evolutionary framework, all your body needs to do is keep you alive until you breed. After that, you're just living on borrowed time."

Wenkel stressed that personal health is too often confused and conflated with evolutionary fitness, a fact that has become more pronounced with the popularity of the Paleo Diet. Roddy Collins, a colleague of Wenkel's, drove the point home: "It's like, even my barber is suddenly an expert in evolutionary physiology. A seventeen-year-old kid at my gym give me a ten minute lecture on how my Clif Bar was poison because humans can't metabolize soy. I've been studying human evolution for thirty years."

One of the strongest critiques of the Paleo Diet was presented by Karl Fenst, a bioarchaeologist with the Ardipithecus Institute, in a keynote address entitled "Papayas Ain't Paleo, and Neither Are You." Rather than focus on relative merits of one diet over another, Dr. Fenst instead attacked the premise that agricultural products are somehow "'unnatural," with wheat being specifically singled out.  What people seem to ignore, he said, was that the fresh fruits and vegetables forming the basis of the Paleo Diet were created by the same agricultural process that produced cereal grains.

"Nearly every food item you currently eat today has been modified from its ancestral form, typically in a drastic way, " he began. "The notion that we have not yet adapted to eat wheat, yet we have had sufficient time to adapt to kale or lentils is ridiculous. In fact, for most practitioners of the Paleo Diet, who are typically westerners, the majority of the food they consume has been available to their gene pool for less than five centuries. Tomatoes, peppers, squash, potatoes, avocados, pecans, cashews, and blueberries are all New World crops, and have only been on the dinner table of African and Eurasian populations for probably 10 generations of their evolutionary history. Europeans have been eating grain for the last 10,000 years; we've been eating sweet potatoes for less than 500. Yet the human body has seemingly adapted perfectly well to yams, let alone pineapple and sunflower seeds."

In a Q-and-A session afterwards, Dr. Fenst provided some clarification into what he felt was at the heart of the issue: "The real problem is that people are cherry-picking data to sell this diet, and that it seriously misrepresents the historical and evolutionary development of our species."

Back in the lobby, Dr. Hoyes was busily collecting signatures for an even stronger gesture than the sigh to be held at the conference next year. "Were thinking of something big," she explained, "like a statue of a Cro-Magnon eating a baguette." The room burst into applause at his news.

When asked what she would tell people who wished to pursue a true paleolithic diet, Dr. Hoyes laughed harshly before replying. "You really want to be paleo? Then don't buy anything from a store. Gather and kill what you need to eat. Wild grasses and tubers, acorns, gophers, crickets- They all provide a lot of nutrition. You'll spend a lot of energy gathering the stuff, of course, and you're going to be hungry, but that'll help you maintain that lean physique you're after. And hunting down the neighbor's cats for dinner because you've already eaten your way through the local squirrel population will probably give you all the exercise you'll ever need."

Summing up what many considered to be the main point of the entire conference, she told reporters:

"Look, the diet itself is sound; it's the philosophy that's bullshit. Eat what you want. Just leave the damn cavemen out of it."




Un cardiochirurgo di fama mondiale ci illumina su ciò che provoca realmente le malattie cardiache - La Leva di Archimede (IT)

Un cardiochirurgo di fama mondiale ci illumina su ciò che provoca realmente le malattie cardiache

Noi medici con tutta la nostra formazione, la conoscenza e l'autorità spesso acquisiamo un ego piuttosto grande che tende a rendere difficile ammettere che abbiamo torto. Così, eccomi qui. Ammetto di aver sbagliato. Da cardiochirurgo con 25 anni di esperienza, dopo aver effettuato oltre 5.000 interventi chirurgici a cuore aperto, oggi è il mio giorno per riparare al torto fatto come medico e scienziato.

Ho studiato per molti anni con altri medici importanti etichettati come "opinion makers" (autorità del settore). Bombardati continuamente dalla letteratura scientifica, frequentando seminari di formazione, noi professionisti, abbiamo insistito che le malattie cardiache sono semplicemente il risultato della presenza di colesterolo nel sangue.

L'unica terapia accettata era prescrivere farmaci per abbassare il colesterolo e una dieta che limita fortemente l'assunzione di grassi. La limitazione di quest'ultimo, naturalmente, abbiamo creduto potesse far abbassare il colesterolo e quindi le malattie cardiache. Deviazioni da queste raccomandazioni sono sempre state considerate eresia e potrebbero apparire come negligenza medica.

Non funziona!

Queste raccomandazioni non sono più scientificamente e moralmente difendibili. La scoperta pochi anni fa che l'infiammazione della parete arteriosa è la vera causa delle malattie cardiache, sta lentamente portando ad un cambiamento di paradigma nel modo in cui le malattie cardiache e altre malattie croniche saranno curate.

Le raccomandazioni dietetiche, a lungo termine, hanno creato epidemie di obesità e diabete, le cui conseguenze fanno impallidire qualsiasi piaga storica in termini di mortalità, sofferenza umana e disastrose conseguenze economiche.

Nonostante il fatto che il 25% della popolazione prende costosi farmaci che contengono statine e nonostante il fatto che abbiamo ridotto il contenuto di grassi della nostra dieta, più americani moriranno quest'anno di malattie cardiache rispetto al passato.

Le statistiche dell'American Heart Association mostrano che 75 milioni di americani soffre di malattie cardiache, 20 milioni hanno il diabete e 57 milioni hanno pre-diabete. Questi disturbi colpiscono le persone sempre più giovani in numero maggiore ogni anno.

In poche parole, senza un'infiammazione presente nel corpo, non c'è modo che il colesterolo si accumuli sulla parete del vaso sanguigno causando così malattie cardiache e ictus.
Senza l'infiammazione, il colesterolo è libero di muoversi in tutto il corpo come natura vuole. E' l'infiammazione che causa l'accumulo di colesterolo.

L'infiammazione non è una cosa complicata - è semplicemente una difesa naturale del corpo ad un invasore estraneo, come tossine, batteri o virus. Il processo di infiammazione è perfetto nel modo in cui protegge il corpo da questi invasori batterici e virali. Tuttavia, se esponiamo frequentemente il corpo ai danni da tossine o alimenti che il corpo umano non è stato progettato per elaborare, si verifica una condizione chiamata infiammazione cronica. L'infiammazione cronica è nociva tanto quanto l'infiammazione acuta è benefica.

Quale persona ragionevole vorrebbe intenzionalmente esporsi ripetutamente ad alimenti o altre sostanze che sono note per causare lesioni al corpo? Beh, forse i fumatori, ma almeno hanno fatto questa scelta volontariamente.

Il resto di noi ha semplicemente seguito i consigli della dieta tradizionale a basso contenuto di grassi e ad alto contenuto di grassi polinsaturi e carboidrati, non sapendo che stavamo causando lesioni ripetute ai nostri vasi sanguigni. Queste lesioni creano un'infiammazione cronica che porta a malattie cardiache, ictus, diabete e obesità.

Lasciatemelo ripetere: le lesioni e l'infiammazione dei nostri vasi sanguigni sono causate dalla dieta a basso contenuto di grassi raccomandata per anni dalla medicina tradizionale.

Quali sono i maggiori colpevoli dell'infiammazione cronica? Molto semplicemente, sono il sovraccarico di carboidrati semplici e altamente trasformati (zucchero, farina e tutti i prodotti derivati) e l'eccessivo consumo di omega-6, oli vegetali come soia, mais e girasole, che si trovano in molti alimenti trasformati.

Provate a pensare di strofinare ripetutamente con una spazzola rigida la nostra pelle morbida finché non diventa tutta rossa e quasi sanguinante. Pensate di fare questo più volte al giorno, tutti i giorni per cinque anni. Se si potesse sopportare questa dolorosa spazzolatura, si arriverebbe ad avere un'area gonfia, sanguinante e
infetta che si aggrava dopo ogni ripetuto attacco. Questo è un buon modo per visualizzare il processo infiammatorio che potrebbe essere in corso nel vostro corpo in questo momento.

Il processo infiammatorio è lo stesso, indipendentemente da dove avviene, esternamente o internamente. Io ho guardato dentro migliaia e migliaia di arterie. La parete di un'arteria malata fa pensare proprio a qualcuno che la abbia ripetutamentestrofinata con una spazzola. Più volte al giorno, ogni giorno, i cibi che mangiamo creano piccole ferite che si aggiungono a ferite, stimolando l'organismo a rispondere in modo continuo all'infiammazione.

Mentre noi assaporiamo il gusto di un dolce appena cotto, il nostro corpo risponde in modo allarmante, come se un invasore straniero fosse arrivato a dichiarare guerra. Gli alimenti carichi di zuccheri e carboidrati semplici o elaborati con oli omega-6 per la lunga conservazione, sono stati il pilastro della dieta americana per sei decenni. Questi alimenti hanno lentamente avvelenato tutti.

Come mai mangiando un semplice dolce l'infiammazione aumenta fino a farti male?

Immaginate di versare dello sciroppo sulla vostra tastiera e di avere una visuale di ciò che avviene all'interno. Quando consumiamo carboidrati semplici come lo zucchero, lo zucchero nel sangue aumenta rapidamente. In risposta, il pancreas secerne insulina il cui scopo primario è quello di guidare lo zucchero in ogni cellula in cui c'è fabbisogno di glucosio. Se la cellula è piena e non necessita di glucosio, lo zucchero in eccesso viene respinto per evitare di inceppare il meccanismo.

Quando le cellule già sature rifiutano il glucosio extra, lo zucchero nel sangue aumenta, viene prodotta più insulina e il glucosio viene convertito in grasso immagazzinato.

Cosa ha a che fare tutto questo con l'infiammazione? Il livello di glucosio viene controllato in un intervallo molto breve. Le molecole di zucchero in eccesso si uniscono ad una varietà di proteine che a loro volta vanno a colpire la parete del vaso sanguigno. Questo danno ripetuto alla parete del vaso sanguigno scatena l'infiammazione. Quando si supera il livello di zuccheri nel sangue più volte al giorno, ogni giorno, è esattamente come prendere della carta vetrata e strofinarla nei tuoi delicati vasi sanguigni.

Anche se non sei in grado di vederlo, ti assicuro che è così. L'ho visto in più di 5.000 pazienti sottoposti ad intervento chirurgico in 25 anni, che hanno tutti un denominatore comune - l'infiammazione delle loro arterie.

Torniamo al nostro dolce. Questo apparentemente innocente cibo, non contiene soltanto zuccheri, viene cotto in uno dei tanti oli omega-6 come la soia. Le patatine fritte sono immerse in olio di soia, prodotti alimentari trasformati sono realizzati con oli omega-6 per aumentare la durata di conservazione. Gli omega-6 sono essenziali: sono parte di ogni membrana cellulare e controllano ciò che accade dentro e fuori la cellula – però devono essere nel giusto equilibrio con gli omega-3.

Se l'equilibrio si sposta in un eccessivo consumo di omega-6, la membrana della cellula produce sostanze chimiche chiamate citochine che causano direttamente l'infiammazione.

La dieta americana tradizionale di oggi ha prodotto uno squilibrio estremo di questi due grassi. Il rapporto di squilibrio è nell'intervallo da 15:1 ad un massimo di 30:1 a favore degli omega-6. Questo indica l'enorme quantità di citochine che causano l'infiammazione. Un giusto, ottimale e sano equilibrio nell'alimentazione, sarebbe un rapporto 3:1.

A peggiorare le cose, l'eccesso di peso provocato da questi alimenti crea cellule di grasso sovraccaricate che a loro volta riversano grandi quantità di sostanze pro-infiammatorie che vanno ad aggiungersi ai danni causati dalla presenza di zucchero nel sangue. Il processo che è iniziato con un piccolo dolce si trasforma in un circolo vizioso nel corso del tempo, portando a problemi cardiaci, pressione alta, diabete e infine, il morbo di Alzheimer, mentre l'infiammazione continua senza sosta.

Non può sfuggire il fatto che più si consumano cibi preparati e trasformati, più agiamo sull'interruttore dell'infiammazione giorno dopo giorno. Il corpo umano non è in grado di elaborare, né è stato progettato per consumare, cibi ricchi di zuccheri e imbevuti di oli omega-6.

C'è solo un modo per spengere l'infiammazione; tornare ai cibi più vicini al loro stato naturale. Per nutrire i muscoli, mangiare più proteine. Scegliere i carboidrati che sono molto complessi, come frutta e verdura. Ridurre o eliminare i grassi omega-6 come l'olio di mais e di soia e gli alimenti trasformati che causano l'infiammazione.

Un cucchiaio di olio di mais contiene 7280 mg di omega-6; uno di soia contiene 6.940 mg. E' più salutare usare l'olio di oliva o burro da bovini allevati a fieno.

I grassi animali contengono meno del 20% di omega-6 e hanno molte meno probabilità di provocare una reazione infiammatoria rispetto agli oli polinsaturi apparentemente etichettati come sani. Dimenticate la "scienza" che vi è stata inculcata nella testa per decenni. La scienza che afferma che i grassi saturi provocano malattie cardiovascolari, non dice il vero. Il pensiero scientifico che dice che i grassi saturi aumentano il colesterolo nel sangue non è attendibile. Dal momento che ora sappiamo che il colesterolo non è la causa di malattie cardiache, la paura dei grassi saturi è ancora più assurda oggi.

La teoria sul colesterolo ha portato alle diete senza grassi, o a basso contenuto di grassi, creando cibi che stanno provocando un'epidemia di infiammazione. La Medicina tradizionale ha commesso un terribile errore quando ha consigliato di evitare i grassi saturi a favore di cibi ricchi di grassi omega-6. Ora abbiamo un'epidemia di infiammazione arteriosa che porta a malattie cardiache e ad altri "assassini silenziosi".

Ciò che si può fare è scegliere alimenti integrali "della nonna" e non quelli trasformati e lavorati, che oggi "la mamma" acquista nelle grandi catene alimentari. Eliminando gli alimenti che provocano infiammazione e con l'aggiunta di sostanze nutritive essenziali da prodotti alimentari freschi e non lavorati, si invertirà il processo di anni di nutrizione sbagliata e conseguentemente, i danni alle arterie.

Il Dr. Dwight Lundell è stato a capo del personale e Primario di Chirurgia all'Heart Hospital Banner, Mesa, AZ. Il suo studio privato, Cardiac Care Center si trova a Mesa, AZ. Recentemente il dottor Lundell ha abbandonato la pratica chirurgica per concentrarsi sul trattamento nutrizionale delle malattie cardiache. Egli è il fondatore della Healthy Humans Foundation che promuove la salute umana con particolare attenzione su come aiutare le grandi aziende a promuovere il benessere. Egli è anche l'autore di The Cure for Heart Disease e The Great Cholesterol Lie.

tradotto da: "La Leva di Archimede"




18.11.13

2009-2 Osteo-Kapak

http://www.osteoporozdunyasindan.com/sayilar/14/52-58.pdf

Campi incolti, stop allo spreco. Decolla la Banca della terra - Repubblica.it

http://www.repubblica.it/economia/2013/11/18/news/campi_incolti_stop_allo_spreco_decolla_la_banca_della_terra-71265593/?ref=HRLV-4
La Regione Toscana fa da apripista in Italia e vara il censimento dei terreni abbandonati da prendere in gestione e affittare ad agricoltori senza terra da coltivare. E a Milano nasce il portale per mettere in contatto i contadini urbani (e non) con i proprietari di campi improduttivi

MILANO - L'Italia prova a far fruttare la miniera d'oro dei terreni incolti per combattere dissesto idrogeologico e disoccupazione. A fare da apripista con un progetto pilota destinato - si spera - a fare proseliti, è la Regione Toscana che in questi giorni ha messo a punto gli ultimi tasselli per il lancio operativo della Banca della Terra. Il progetto è semplice: censire le migliaia di ettari di campi lasciati a gerbido o in pasto ai rovi (pubblici e privati) per metterli poi a disposizione a canoni concordati e con sussidi ai tanti agricoltori senza terreni da coltivare. Un modo non solo per creare posti di lavoro, ma anche di "incrementare i livelli di sicurezza idraulica e idrogeologica del territorio", come ha spiegato l'assessore Gianni Salvadori uno dei promotori della "Borsa" dei terreni incolti.

La materia prima, come è evidente a tutti, non manca. Stime vere e proprie sull'estensione delle terre abbandonate nel Belpaese non esistono. Ma per dare un'idea delle proporzioni, un'area attenta al territorio come l'Alto Adige ha calcolato che sul territorio regionale ci sono 30mila ettari dedicati alla cultura intensiva e 100mila lasciati a se stessi che non vedono da anni un aratro o un trattore in azione. Firenze si è mossa unendo le forze di tutte le istituzioni locali: è stato messo a punto con l'Ente delle terre regionali il regolamento tecnico per il censimento e l'inserimento dell'incolto nella Banca della Terra. Una volta scattata

la fotografia del patrimonio a disposizione, la banca provvederà all'assegnazione. Avranno priorità i coltivatori diretti più giovani e il canone d'affitto equo sarà stabilito dall'Ente terre. In caso di campi di privati, il prezzo potrà pure essere negoziato tra le parti. Il risultato sarà doppio: da una parte si rimetteranno in attività aree rimaste improduttive a volte per decenni. Dall'altra si creeranno posti di lavoro e si curerà di più senza troppa spesa pubblica (si sa in che condizioni sono i conti degli enti locali) la stabilità dei terreni. Fatto che in un paese con i guai idrogeologici dell'Italia non è certo un male.

L'iniziativa della Toscana potrebbe a breve trovare nuovi emuli. La Liguria (altra regione di terre abbandonate e di dissesti geologici) ha già approvato il varo della sua Banca della terra anche se allo stato non sono ancora stati attivati i decreti attuativi per renderla operativa. E la LegaCoop ha preso a cuore la vicenda, iniziando a promuovere la proposta in giro per l'Italia attraverso la rete dei suoi associati. Il mercato, del resto, esiste se è vero che a Milano, non proprio un'area agricola d'elezione è nato di recente il sito www.terraXchange.it. Una piazza virtuale privata e non a fine di lucro dove si mettono in contatto i proprietari dei terreni abbandonati attorno alla città (molti più di quanto si pensi) e le migliaia di agricoltori e di contadini urbani a caccia disperata di un fazzoletto di terra da coltivare. L'affitto, in questo caso, si salda con i prodotti dei campi.