20.7.14

Vegan Bodybuilding & Fitness

Vegan Bodybuilding & Fitness

Protein is the major nutrient focused upon by athletes, coaches, and the fitness industry as a whole. Whenever it is discussed, the overarching theme is usually "How to get more protein", but is this the best perspective to take? As I discussed in last month's article, new research has indicated that on top of being stressful to your kidneys and causing inflammation, excess protein may negatively impact your longevity! So rather than asking ourselves how we can get in as much protein as possible, why don't we instead look at how to get as little as possible while still striving to optimize building new muscle mass and improving our athletic performance?



Athletes looking to improve their body composition and gain muscle mass are often recommended to have as much as 1-1.5g of protein per pound of bodyweight every single day (up to 300 grams per day for a 200lb bodybuilder!) by coaches, friends, or just reading any mainstream fitness articles on the subject. These numbers are very challenging to reach on anything resembling a healthy diet, as I can personally attest, having striven to eat this much protein for my first years as a bodybuilder. And it may be entirely unnecessary. According to the American College of Sports Medicine, strength and power athletes will optimize their performance by consuming 1.6-1.8 grams of protein per Kilogram of bodyweight each day (which comes out to about 0.8 grams per pound of weight, or 160g grams per day for our 200lb bodybuilder example) - about half of what is commonly recommended! So why is more protein being recommended to improve your bodybuilding results everywhere you look? Is more really better?
In 2006 a study in the Journal of the International Society of Sports Nutrition set out to test if protein above these recommendations was, in fact, better. They placed 23 collegiate strength/power athletes on a diet below, at, or above the ACSM recommended protein intakes while being the same in total calories and had them follow a 12 week strength training program. At the end of the program they tested each athlete's improvements in strength and lean body mass, and guess what they found? There was no significant difference between any of the groups in any of these measures. All 23 participants improved in strength and body composition, and while I should mention there were slight differences in each group amounting to a slightly better result in the higher protein groups, it was not statistically significant and therefore was just as likely due to random chance as to the variables tested.

Given these results, and our knowledge of the dangers of consuming excess protein, it seems prudent to set these recommended values as an upper threshold for protein intake. Since there were no significant differences between the groups, you can certainly make a case for eating below 1.6 grams of protein per kg bodyweight each day. If you want to accept the risks of eating a little extra protein in case those statistically insignificant results were due to extra protein rather than random chance, I'd still not recommend going above 1g of protein per pound of bodyweight each day. This is more than enough for anyone on a calorically adequate diet, and in going above this amount you are not only adding more stress for your body to recover from, but you are taking up 'space' in your diet by eating protein when you could be eating something else that would better fuel your performance and enhance your recovery. As with everything in nutrition and fitness, every body is a little different, so don't be afraid to try eating a few different concentrations of protein over time to see what works best for you. Good luck!

Hoffman, et al. Effect of Protein Intake on Strength, Body Composition, and Endocrine Changes in Strength/Power Athletes. Journal of the International Society of Sports Nutrition. 3(2): 12-18, 2006




5.7.14

All'asta su eBay un borgo ai piedi del Gran Paradiso - Repubblica.it

All'asta su eBay un borgo ai piedi del Gran Paradiso - Repubblica.it
Un intero borgo antico canavesano in vendita su Ebay. Quattordici case fatte di legno e pietra e circondate solo dal silenzio della valle, per un totale di cinquanta vani che se ristrutturati faranno rivivere le montagne piemontesi. Un sogno che può diventare realtà ad un prezzo low cost: l'intera frazione può essere comprata investendo solo 245mila euro. Insomma come acquistare un appartamento in città. La borgata in vendita è di quelle da far perdere il fiato: Calsazio, frazione di Sparone, in Canavese, ai piedi del Parco Nazionale Gran Paradiso, tra le montagne della Valle Orco che da Pont si estende fino a Ceresole Reale. Un annuncio particolare quello comparso sul popolare sito di ecommerce con lo scopo di  vendere uno dei borghi più belli d'Italia immerso tra le Alpi Graie, in un contesto paesaggistico unico. Un borgo in una posizione strategica per vivere, aprire un'attività turistica o un ristorante.

La provocazione quella della vendita fatta per ripopolare le zone montane, troppo stesse abbandonate, soprattutto dai giovani, per trasferirsi in città per cercare lavoro. Già perché per chi deciderà di far l'affare acquistandole verrà aiutato dall'Uncem a sistemarlo. Con tanto di masterplan di riqualificazione per destinare la frazione in strutture di accoglienza turistica. Oppure trasformandolo in un borgo residenziale da destinare a chi vuole tornare a vivere tra il silenzio e la pace delle montagne, lontano dai centri abitati ma avere in ogni caso le comodità della città visto la vicinanza con Cuorgné, Ivrea e soprattutto Torino. Con un unico obbligo da rispettare per l'acquirente: la ristrutturazione degli edifici dovrà essere fatta in stile canavesano.

"Calsazio si presta bene a un intervento da parte di un privato, che può acquistare gli immobili e, con un generale programma di recupero, riqualificarli – spiega Marco Bussone, coordinatore del programma Borghi Alpini promosso dalla Delegazione piemontese dell'Unione dei Comuni -. La proprietaria aveva contattato Uncem un anno e mezzo fa quando avevamo aperto il bando per individuare possibili borghi da rivitalizzare lungo tutto l'arco alpino piemontese – prosegue Marco Bussone – . A Sparone gli immobili hanno precise conformazioni architettoniche che devono essere mantenuti. Anche sui materiali deve essere fatta un'attenta valutazione. Non si possono accettare scempi o recuperi non funzionali al luogo, inserito in un'area di pre-parco. Legno e pietra sono ideali per il recupero. Chi acquista avrà da Uncem un masterplan con individua possibili forme di riqualificazione. Lavoriamo da anni con l'Istituto di Architettura montana del Politecnico di Torino, lo faremo anche questa volta". Tutto con un sogno: far rivivere i borghi montani, troppo spesso abbandonati.



3.7.14

Templi Tao e trekking. La sacra Cina - Repubblica Viaggi

Templi Tao e trekking. La sacra Cina - Pagina 1 | Repubblica Viaggi
Il monaco taoista picchietta sullo schermo del telefonino, lo interrompe un uomo che compra bastoncini d'incenso. Il religioso abbandona lo smartphone ultimo modello per seguirlo nel cerimoniale, pronto però, se un turista incurante del divieto punta l'obiettivo verso la statua santa, ad estrarre dalla tasca una luce laser e rovinare la foto. È il sacro che incontra il profano in uno dei templi di Wudang Shan.

La montagna più sacra del taoismo, nella regione centro meridionale dello Hubei, fa i conti con la Cina moderna, la sua tecnologia, le ferite aperte nelle foreste dai cantieri dei mega alberghi. C'è necessità di nuove mete, sia per un mercato turistico interno in continua espansione, sia per la domanda dei paesi asiatici. La Cina scopre così il turismo di nicchia, quello che ha uno scopo preciso. E lo scopre a modo suo. Wudang Shan è perfetta: qui, dove la spiritualità cinese fino a oggi era rimasta protetta dalle montagne, ora si può correre insieme ai monaci la mattina all'alba per abbinare alle arti marziali lo jogging occidentale. La montagna diventa pop, insieme a veri cultori del Tai Chi e pellegrini convinti che dalla cima la loro supplica arrivi meglio a destinazione, sciamano i turisti accolti da un bel cartellone modello Las Vegas sul "Tai Chi show". Con la rapidità che contraddistingue il sorgere di infrastrutture nella Cina di oggi, dove fino a un paio di anni fa si arrancava per chilometri tra piccoli templi e profumi di erbe medicinali ora è stata costruita una moderna funivia. I più pigri, cui poco importa dell'armonia del Tao e della valenza anche simbolica del cammino, possono arrivare fino al Tempio Dorato affrontando solo qualche rampa di scale.

Ma la cultura cinese, la filosofia del Tao, la "via" della natura e dell'uomo, sono più forti di una funivia e di un raggio laser. Dalla "roccia del principe" la vista è ancora la stessa per cui, secondo la leggenda, anche un erede al trono della potente Cina, Zhenwu, rinunciò al potere per ritirarsi qui in una vita di contemplazione. Dal picco Tianzhu, che supera i 1600 metri e su cui sorge il Tempio Dorato, chi ha ammirato i dipinti di paesaggi nei musei di Shanghai e Pechino capisce da dove è venuta l'ispirazione. E chi ha un minimo di familiarità con i principi del Tao e del Feng Shui resta ammutolito di fronte alla maestria con cui ogni edificio contrasta o asseconda l'inclinazione degli elementi naturali che lo circondano, alla ricerca della perfetta armonia.

Wudang Shan è, senza mezzi termini, la vera culla del taoismo. Costruito dall'imperatore Zhu Di all'inizio del XV secolo, è il complesso di templi imperiali taoisti più grande e più antico della Cina. Per comprendere appieno l'importanza del santuario bisogna perdersi nelle lotte di potere che nel 1398, alla morte del primo imperatore della dinastia Ming, sconvolsero il regno. Zhu Di, che ne uscì vittorioso, utilizzò la sacralità delle montagne Wudang per accreditarsi anche dal punto di vista religioso, elevando il taoismo a religione
di Stato. Fece costruire così una serie di templi dalle architetture raffinate, scavando sale sontuose nella roccia e mura imponenti sui fianchi della montagna.

Per visitare tutto il complesso ci vorrebbero settimane e purtroppo i tour tendono a proporre soltanto la visita al Tempio Dorato e alla rocca Nayan, ma organizzarsi in autonomia per vedere di più non è impossibile, anche perché dalla cittadina di Wudang partono i bus per raggiungere diversi punti della montagna e proseguire poi a piedi su sentieri segnalati. È così che si scopre davvero la bellezza del Tempio Dorato, guardando oltre quel che le guide locali indicano, perdendo un po' di tempo per un'infarinatura dei precetti taoisti. E poi, come sempre accade di fronte alla grande arte e allo spettacolo della natura, anche senza voler seguire le difficili vicende di principi, imperatori, saggi e santi uomini che nell'italiano stentato delle guide locali finiscono per chiamarsi, alle nostre orecchie, tutti più o meno nello stesso modo, basta trovare un angolo più appartato per comprendere l'unicità di Wudang Shan. Si capisce perché l'arte della meditazione è così difficile in Occidente e così naturale qui. Lo sguardo scorre sulle curve degli edifici, attratto dall'eleganza con cui si uniformano alla struttura della montagna, diventando tutt'uno con la roccia, l'acqua e perfino il vento. Così come la fiamma delle candele nelle sale aperte di devozione non è turbata dall'aria, la mente si sgombra e si rasserena.Tra le 36 rocche di Wudangshan, la più bella, e quella meno affollata di turisti, è la Rocca Nanyan, dove anche chi non conosce i principi del Feng Shui coglie a occhio nudo il concetto di armonia negli edifici inseriti tra le rocce e le grotte, con le
facciate dei palazzi sospesi sui dirupi.

Di fronte alla difficoltà con cui le guide cercano di semplificare i concetti di una saggezza millenaria, così complessa e aliena per la nostra cultura, al contrario di quanto scandivano gli slogan degli anni Settanta, la Cina non appare vicina, neanche al capitalismo occidentale, ma più lontana che mai. Appare, soprattutto, sfuggente alle banalizzazioni europee che la vogliono potenza commerciale e dittatura materialista. In mezzo ai gruppi di turisti che si accalcano all'ingresso della funivia, infatti, povera gente con le calze bianche a brandelli si stende a ridosso delle grandi mura, dopo aver percorso a piedi chilometri sulla montagna e aver portato la sua supplica a Zhenwu, il principe divenuto una delle divinità più importanti del pantheon taoista, colui che governa le acque ed è determinante per la coltivazione agricola. È la riprova che la Rivoluzione culturale di Mao, con la repressione della religione e la distruzione dei luoghi di culto, non è riuscita a spazzare via tradizione e spiritualità.

Certo, i mega alberghi che assediano le pendici della montagna, così lontani dal Feng Shui, e i cartelli che pubblicizzano il "Tai Chi Show" fanno temere che la magia di Wudang Shan sia prossima a svanire. Sarà comunque una sfida tecnologica, tra i monaci armati di raggio laser e i turisti con macchina fotografica.(02 luglio 2014)



Le mille sfaccettature del Latemar - Repubblica Viaggi

Le mille sfaccettature del Latemar - Pagina 1 | Repubblica Viaggi
Cinque nuovi percorsi tematici per scoprire tutte le anime del massiccio del Latemar, uno dei gioielli delle Dolomiti dell'Alto Adige. E' la proposta di Val d'Ega Turismo che, con un leggero ritardo causato dalle abbondanti nevicate di  quest'anno, ha appena inaugurato il Latemarium, una serie di sentieri tematici di nuova realizzazione che si snodano fra  boschi secolari, verdi prati e alpeggi in quota. Itinerari generalmente accessibili anche alle famiglie con bambini.

Il primo parte dalla seggiovia che collega Obereggen a Oberholz e conduce alla nuova piattaforma panoramica latemar.360°, dalla quale si ammira un panorama mozzafiato, che abbraccia una distesa di vette e ghiacciai che va dalla catena dell'Adamello e Dolomiti di Brenta fino al Gran Zebrù, all'Ortles e alle Alpi Venoste e Breonie di Levante e di Ponente. Una vista che accompagna anche chi si avventura sul sentiero naturalistico latemar.panorama, che si sviluppa proprio sotto le pareti del Latemar, in un susseguirsi di punti panoramici in cui scoprire la storia e le favole di questi luoghi, dai racconti sugli esseri che vivono tra le fessure della roccia alle leggende del Latemar.

Il sentiero latemar.natura, pensato per le famiglie, conduce alla scoperta degli habitat alpini alle diverse quote di altitudine, toccando diverse stazioni interattive dedicate a flora e fauna della regione. Latemar.tempo è un rilassante itinerario che scende dalla Malga Laner fino a Obereggen, tra boschetti ombrosi, prati fioriti e una vegetazione incredibilmente varia. Chi invece ama la montagna più impegnativa ha a disposizione l'itinerario di media difficoltà latemar.2671m che si snoda lungo il fantastico labirinto creato dai massi di una gigantesca frana, fino al rifugio Torre di Pisa - situato appunto a 2671 metri d'altezza - dove provare i piatti semplici e gustosi della tradizione locale e  fermarsi a dormire in camerata. La vista, impagabile, si spinge fino alla  Marmolada.

Ma il Latemarium non è l'unica attrazione della Val d'Ega. A Cornedo Collepietra sorge, ad esempio, il primo Astrovillaggio d'Europa con un Planetarium nuovo di zecca, un osservatorio solare ed un osservatorio astronomico, per andare alla scoperta del cielo. Alcuni hotel della zona propongono cannocchiali ai balconi, info point sui pianeti e il sistema solare nelle reception, orologi solari sulla struttura o nel giardino, librerie a disposizione degli ospiti con testi sull'universo e le stelle. Il sole e i pianeti sono inoltre i protagonisti di uno dei più curiosi tracciati di montagna: il Sentiero dei pianeti a Collepietra, che attraversa prati, boschi e biotopi e riporta le distanze del sistema solare con una scala di 1:1 miliardo. Si parte dall'osservatorio solare Peter Anich e in un paio d'ore si percorre un tragitto che da Mercurio raggiunge Plutone, passando per Uranio, Venere, Giove e gli altri pianeti.

Chi, infine, cerca la buona cucina alpina ha solo l'imbarazzo della scelta. Fino al 5 ottobre, Dolci Tentazioni riunisce in un unico tracciato ai pendii del Latemar otto malghe che propongono specialità locali. Al Platzl-Obereggen e alla Baita Passo Feudo si assaggia lo strudel di mele, alla Malga Zischg il krapfen al papavero e marmellata. Marga Mayrl incanta con le frittelle di mele, Malga Ganischger propone i canederli con albicocche e prugne, Malga Laner offre  frittelle con la marmellata mentre  la Weigler Schupf cucina frittata dolce sminuzzata e la Baita Gardoné si concede il lusso di una variazione sul tema del dessert.

Senza scordare la Malga San Pietro, a circa un'ora di cammino dal santuario della Madonna di Pietralba, non lontano dal Bletterbach, l'affascinante "Gran Canyon" dell'Alto Adige, l'unica nelle Dolomiti che propone cucina esclusivamente vegetariana e vegana. Tante le strutture turistiche dove alloggiare, dagli hotel di pregio, come il Vitalpina Hotel Pfösl con la sua Nature SPA, al semplice agriturismo. E tra luglio e agosto sono in programma feste, concerti e visite guidate a cantine e distillerie. (03 luglio 2014)



2.7.14

La coltivazione si fa in casa: frutta e verdura sono a centimetri zero - Repubblica.it

La coltivazione si fa in casa: frutta e verdura sono a centimetri zero - Repubblica.it
FAR CRESCERE i pomodori in cucina: dalla pianta al piatto, senza passaggi intermedi. A centimetri zero. Ci prova Bulbo: una startup nata due anni fa. È il 2012, quando Lorenzo Antonioni, designer ventinovenne, dopo anni di studio al Politecnico di Milano, decide di tornare nella sua terra d'origine, Bologna. Quattro amici, lavoratori precari, e un'idea: applicare la tecnologia usata nelle serre per sostituire il sole, o incrementare le ore di luce, anche in casa. Alle spalle, dei buoni risultati ottenuti in fase sperimentale con la Facoltà di Agraria dell'università bolognese e nessuna voglia di mollare: via, si parte. Obiettivo: la coltivazione domestica.
 
Racconta Sara Pellegrini, architetto e responsabile della comunicazione: "Abbiamo iniziato quest'avventura per darci da fare, non arrenderci e cercare di valorizzare il made in Italy. Il nostro è stato anche un viaggio alla scoperta delle aziende locali di qualità: dalla ceramica di Faenza, all'elettronica emiliana". Tutto per mettere insieme delle lampade a Led, che sfruttano la luce bianca e le frequenze rosse e blu, cioè quelle assorbite dalle piante durante la fotosintesi. In particolare, le prime sono necessarie durante la fase vegetativa, mentre le seconde stimolano la produzione di fiori e frutti. "Una tecnica che ci permette di far crescere, senza inquinamento luminoso, ortaggi compatti cinquanta centimetri. Alcuni pensano che siano delle dimensioni restrittive, in realtà ci rientrano tantissime varietà, come insalate, spinaci, pomodori, peperoni, fagiolini e fragole, oltre che tutte le piante aromatiche". Il prezzo varia, dalle lampade più piccole che costano circa 150 euro, a quelle più grandi da 300 euro. "Per quel che riguarda l'elettricità, bisogna pensare che si tratta di luci ad alto risparmio energetico. La lampada più piccola consuma sette watt, come un router wi-fi o due televisori in standby. Testato: per crescere una pianta di basilico per fare un pesto, abbiamo impiegato un mese e speso sedici centesimi di euro".

Attenzione però: "Autosufficienza non è il nostro motto", aggiunge Antonioni. "L'obiettivo è educare i cittadini al rispetto della natura, attraverso l'esperienza diretta. Con Bulbo offriamo la possibilità di veder crescere e nascere una pianta, che ha bisogno di cure e attenzioni, anche a chi vive, e ha sempre vissuto, in città. E non sa, ad esempio, che cosa significhi la stagionalità degli alimenti o il ritmo naturale che serve per trasformare un seme in un'insalata di pomodori. Un piccolo esperimento educativo. Basti pensare che nella letteratura classica l'orto non è mai stato considerato solo come uno spazio per produrre del cibo, ma anche un luogo di meditazione".

Bulbo non è la sola startup a spingere in tale direzione. Anzi, negli Stati Uniti hanno fatto, in via sperimentale, dei passi in più. Coltivare frutta e verdura nei centri urbani, in palazzi, ristoranti e case. Sembra un sogno da autarchici, ma potrebbe presto diventare una necessità. Secondo l'ultima stima delle Nazioni Unite, infatti, più della metà della popolazione mondiale vive oggi nelle città. Una proporzione destinata a crescere del 70 per cento nel 2050. Con il conseguente rischio di rimanere senza risorse sufficienti. Al Massachusetts Institute of Technology di Boston sono due i progetti che provano a risolvere il problema: sfruttano tecnologie simili però hanno approcci diversi. City Farm, sviluppato all'interno del Media Lab, ha come obiettivo quello di affiancare agli edifici grandi fattorie verticali. "Sono molto interessato all'alta produttività", ha confessato il fondatore, Caleb Harper, al settimanale britannico 'The Economist'. E per raggiungerla i suoi orti di città useranno la luce del sole e le lampade a Led. Mentre le piante cresceranno sia grazie alla coltivazione idroponica, dentro basse tinozze d'acqua con l'aggiunta di minerali, sia grazie all'aeroponica: un metodo che richiede un sistema d'irrigazione particolare, ma è in grado di far risparmiare notevoli risorse. Tanto che il primo prototipo, creato proprio nei laboratori del Mit, avrebbe bisogno - assicurano - solo di un terzo della manutenzione necessaria per le coltivazioni normali. Un risultato notevole che sembra aver acceso l'interesse di Google, pronto a integrare il sistema nelle sue caffetterie aziendali.
 
Ancora più radicale è la visione di Jame Byron e Gabe Blanchet, due ex studenti dell'università di ricerca americana, che hanno messo in piedi una loro startup. Con il sogno di decentralizzare totalmente la produzione del cibo. La loro compagnia, Grove Labs, ha racimolato i finanziamenti per mettere a punto un'apparecchiatura capace di allevare pesci e coltivare ortaggi biologici, persino nelle cucine più piccole e buie. Funziona così. Nel loro sistema, chiamato "aquaponics", i pesci forniscono utili rifiuti organici che i batteri nitrificanti trasformano in concime per le piante. Queste ultime, a loro volta, filtrano l'acqua dagli eccessi di nitrogeno e la restituiscono pulita ai pesci. Anche qui sensori smart e luci a Led creano le condizioni climatiche ottimali. Come saranno usate? Byron e Gabe stanno progettando di vendere dei kit, in grado di mettere in piedi fattorie su misura di grandezza variabile, in base alle esigenze degli utenti, e tutte controllate da un'app per smartphone.
 
Precisa Blanchet a Repubblica.it: "Ma il nostro intento non è sostituire le fattorie naturali. Anzi, penso che porteremo avanti il nostro progetto in collaborazione con delle piccole fattorie collocate in tutto il mondo. Non solo: fin da ora incoraggiamo le persone a coltivare cibo e giardini all'aperto, laddove è possibile. Lo scopo è, invece, dare accesso a cibo sano, sostenibile e locale a tutta la popolazione del pianeta".