20.6.10

Terza età dell'oro - di Agnese Codignola (L'Espresso - 20 Maggio 2010)

Un occidentale guadagna in media sei ore di vita al giorno. La maggior parte dei nati oggi vivrà cent'anni e più. E la scienza ha scoperto come farlo senza acciacchi


No, il genio della longevità non è uscito dalla lampada per essere trasformato in comode pilloline. Perché la salute dopo i cinquant'anni non dipende da rimedi miracolosi, ma da un mix di elementi ambientali, chimici, farmacologici, psicologici e sociali che solo ora si inizia a decrittare. Grazie ai risultati di moltissimi studi sui centenari che cominciano a dare un quadro ben definito di quali siano gli ingredienti dell'elisir di lunga vita. Posto che l'obiettivo non è quello di vivere il più a lungo possibile, ma di mantenere l'organismo sano il più a lungo possibile. Insomma, quello a cui puntano gli scienziati è un esercito di ultra-ottantenni in buona salute, ancora in grado di vivere al meglio la vita. Giacché, secondo un articolo del demografo James Vaupel, del Max Planck Institute for Demographic Researh di Rostock, pubblicato su "Nature", ogni giorno l'occidentale medio guadagna 6 ore di vita, pari a 2,5 anni ogni decennio. Il che significa che la maggior parte dei bambini nati dopo il 2000 spegneranno senza troppo clamore cento e più candeline.
Non solo Dna

L'Italia è in prima fila in questo genere di studi, perché gli italiani hanno un'età media tra le più alte al mondo, pari a 80,2 anni (84,2 per le donne e a 78,9 per gli uomini, secondo i dati Istat), e perché ospita alcune delle comunità più interessanti per chi si occupa dei supervecchi come quella sarda. Studiata da anni da Luca Deiana, ordinario di Biochimica clinica e biologia molecolare clinica dell'Università di Sassari e responsabile del programma AKeA (acronimo di A Kent'Annos, saluto molto diffuso con il quale ancora oggi, i sardi si augurano di campare cent'anni) che ha messo sotto il microscopio gli over 100 dell'isola per carpirne i segreti.
"Fino a ora abbiamo ricostruito e certificato la storia di oltre 2 mila centenari, e abbiamo visto che la salute dopo i 50 anni dipende da molti ingredienti mischiati in modo talmente perfetto da risultare quasi indistinguibili", spiega Deiana. Data la concentrazione geografica, in Sardegna come altrove si è cercato di capire innanzitutto quanto conti il fattore genetico, anche in considerazione del fatto che la longevità sembra essere tramandata di generazione in generazione, e si è capito che esistono assetti genetici che favoriscono la lunga sopravvivenza. Per esempio, una malattia diffusissima in Sardegna, il cosiddetto favismo, è particolarmente presente nei centenari, come se il deficit genetico che ne è alla base avesse un effetto protettivo. "Ma è altrettanto chiaro che i geni non bastano", ammonisce lo scienziato.

Secondo diversi ricercatori, tra i quali Leonard Guarente dell'Mit di Boston, la genetica è responsabile di non più del 30 per cento dell'allungamento della vita: i geni coinvolti sono molti - oltre 440 se si considerano tutti quelli che iniziano a invecchiare dopo i 40 anni - ma i dati dimostrano che il Dna gioca un ruolo abbastanza marginale. Tutto il resto - sostengono concordi i ricercatori di tutto il mondo - è stile di vita e carattere.

Spiega Daniela Mari, docente di geriatria e gerontologia dell'Univerità statale di Milano e responsabile del progetto sui centenari del capoluogo lombardo sponsorizzato dal Ministero dell'Università e della ricerca scientifica e in corso in cinque atenei: "Nell'arco di un secolo abbiamo visto un allungamento drastico della durata della vita in una città come Milano dove, per molti aspetti, la situazione ambientale non è certo ottimale. Come mai? Probabilmente per il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie, come confermato anche dal fatto che si sta rapidamente colmando il gap tradizionale tra uomini e donne, perché entrambi hanno accesso a una medicina che riesce a tenerli in vita molto a lungo. E poi c'è l'alimentazione, oggi molto più sana di qualche decennio fa".

Mediterraneo in tavola

Per quanto riguarda la dieta, fino dagli anni Settanta si cerca di capire in che modo ciò che mangiamo possa influenzare quanto a lungo e in che condizioni viviamo. A oggi, alcuni elementi sono ormai certezze, come ricorda ancora Deiana: "In Sardegna la dieta è mediterranea come in poche altre zone, e ciò significa che ogni giorno ciascuno fa il pieno di antiossidanti e di elementi che, se assunti nei cibi originari (e non in supplementi) aiutano a eliminare le scorie e a mantenere l'organismo giovane, preservando anche la lunghezza dei telomeri, le strutture poste in cima ai cromosomi che si consumano con l'avanzare degli anni. Una prova? Anche chi non ha il Dna sardo e arriva da fuori è destinato a vivere più a lungo e in salute, come dimostrano alcuni vecchi non originari dell'isola".

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