19.7.15

La Germania preferisce essere sola che male accompagnata - Repubblica.it

La Germania preferisce essere sola che male accompagnata - Repubblica.it
Uno spirito decisamente anti-tedesco sta aleggiando da qualche tempo sull'Europa ed è aumentato dopo il caso della Grecia. Ci sono due componenti che alimentano l'antipatia e addirittura l'avversione contro la Germania della Merkel e di Schäuble: l'europeismo che si sente tradito e l'anti-europeismo che vede nella Germania il vero pilastro d'una Europa dittatoriale.

Ma c'è contemporaneamente uno spirito anti-europeo che domina da tempo e sempre di più l'opinione pubblica tedesca che auspica una Germania sola, autosufficiente e autoreferente, über alles come diceva l'inno nazionale hitleriano.

L'anti-europeismo tedesco si spiega molto facilmente: deriva da un innato e storico disprezzo che i tedeschi nutrono da sempre presso le altre nazioni che convivono con loro nel medesimo continente. Con una sola eccezione: quella che un tempo si chiamava Inghilterra, potenza navale ed extra-continentale con la quale ci si poteva anche alleare ed alla quale alcune famiglie nobiliari tedesche offrirono anche dinastie sovrane. E la Francia, avversario storico per quasi un millennio.

Le altre nazioni erano ignote o oggetto di vassallaggio. Ma questa è storia. Al tempo di oggi la solitudine teutonica è ideologica: la Germania è efficiente, è moralmente integra, è laboriosa, è tecnologicamente all'avanguardia, culturalmente ha raggiunto le vette più alte nella scienza, nella filosofia, nella letteratura, nella musica. Geopoliticamente è al centro dell'Europa, ad eguale distanza dagli Urali e dalla Manica, dalla Scandinavia e dal Mediterraneo. Insomma: non è contro l'Europa ma è l'Europa.


E chi pensasse di insidiare questo ruolo combatterebbe contro la realtà fracassandosi la testa. Questa situazione — come abbiamo già detto — è antica quanto la storia, ma il caso greco ha prodotto nella coscienza dei vari paesi, Germania compresa, una deflagrazione traumatica che ha reso consapevoli tutti gli attori, gli spettatori, le vittime sacrificali e i carnefici potenziali, ed eserciterà inevitabili conseguenze nel futuro che si profila.

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Angela Merkel, per quanto si può capire dal suo già lungo cancellierato, è europeista e perfino Schäuble lo è, ma lo sono a modo loro. Veri e propri Stati Uniti con un governo federale, questo no. Un nucleo di sette o otto nazioni che aderiscono alla moneta comune, accettano una governance economico-politica fortemente integrata, con numerose e importanti cessioni di sovranità ma con il potere ancora nelle mani dei capi di governo, questo sì. È una federazione? No, non c'è una Casa Bianca come in Usa, ma un'oligarchia. Moneta comune, fisco comune, investimenti e bond per finanziarli. L'Italia farebbe parte di questa oligarchia? Certamente sì, insieme alla Spagna, all'Olanda, all'Austria, al Portogallo, alla Slovenia.

Più o meno questo. Gli altri resterebbero nell'Unione con un euro di serie B, cioè non con un cambio fisso ma oscillabile all'interno di una forcella. Diciamo la Sme di sedici anni fa. Ma man mano che la loro economia pro+gresso in serie A e, dopo appositi controlli, essere accettati.

Quanto alla Bce, sarebbe una Banca centrale in piena regola, con competenza sia sulla serie A sia sulla B perché l'euro è pur sempre l'euro.

I paesi fuori dell'euro (Gran Bretagna, Polonia e insomma i 28 senza i 19) resterebbero nell'Unione così come ci stanno oggi, sempre che non cambino idea e dopo che i doverosi esami siano accettati.

Questo piano non è privo di aspetti positivi e perfino affascinanti. Richiama perfino la storia degli Usa, dove la Confederazione a maglie larghissime dopo la guerra d'indipendenza, restò anche dopo Lincoln perché la guerra di secessione integrò gli Stati ma solo su alcune questioni. Se pensate che le discriminazioni razziali erano ancora vigenti in molti stati dell'Unione ai tempi di Luther King (anche lui assassinato come Lincoln e come poi i due Kennedy) vi fate un'idea delle difficoltà di passare dalla libertà ai diritti d'eguaglianza. Tanto più in Europa dove sono nate le nazioni, gli imperi, sono diverse le lingue e le culture connesse.

Detto tutto ciò, personalmente credo che un percorso così lungo e accidentato non possa reggere il confronto con la società globale. L'Unione a tre stadi è troppo fragile. Una governance fondata su alcune nazioni egemonizzate ovviamente dalla Germania, e con fragili organi e poteri autonomi, non regge. Abbiamo a disposizione non più di dieci o al massimo quindici anni di tempo, altrimenti l'Europa sarà percorsa da forze centrifughe invece che centripete e non sarà più quello Stato federato auspicato dal manifesto di Ventotene, ma un insieme di scialuppe che non reggono l'alto mare ma bordeggiano vicino alla costa.

Bisogna battersi per quest'obiettivo se si vuole stare al passo con la storia del futuro. Noi che questo vorremmo, saremo sconfitti? È possibile e forse probabile, ma il futuro è aperto, bisogna sperare e battersi. Anche Mattarella ha questa speranza ed anche Napolitano e Ciampi.

Renzi no, non credo proprio. Far parte d'una oligarchia, nella serie A: immagino che questa ipotesi lo affascini e somigli molto alla sua visione politica che non è certo quella di Spinelli, di Adenauer e del Churchill del 1946; che nel suo discorso a Zurigo mise l'Inghilterra di fronte ad una scelta inevitabile: diventare un'altra stella nella bandiera a stelle e strisce degli Usa oppure costruire gli Stati Uniti d'Europa insieme agli altri paesi del continente.

Gli inglesi questa scelta non l'hanno ancora fatta e adesso contano assai meno di allora.

Quanto al nostro Renzi, ieri ha parlato per un'ora e mezza all'Assemblea del Pd. Ha esposto il suo programma di politica e di riforme istituzionali ed economiche. Ha detto che chi decide di uscire dal Pd avrà il suo rispetto ma tenterà di rappresentare una sinistra che non prende e non ha mai preso voti. Gli italiani quel tipo di sinistra non la vogliono. Ci vuole una sinistra diversa, quella da lui diretta, sui temi del fisco, dell'occupazione, dei contrasti con le imprese, la buona scuola, la televisione e la radio. Questa politica i voti li prende.

A guardar bene Renzi ha disegnato un centro, non una sinistra, e infatti è di centro la politica del Pd renziano, dove lui che ha carisma in abbondanza comanda da solo. Personalmente — e l'ho già detto e scritto più volte — io approvo le capacità e il carisma di Renzi, ma non apprezzo affatto la sua voluta solitudine nel comando. Non è né di sinistra né di destra né di centro chi comanda da solo. È lui e solo lui e le riforme che gli piacciono di più sono appunto quelle che gli consentono di comandare da solo, a cominciare dalla legge elettorale e dalla riforma (abolizione) del Senato.

Berlusconi quelle riforme non riuscì a farle. Se le avesse fatte oggi sarebbe ancora al governo del paese. Renzi è proprio su quelle che punta e travolgerà tutti quelli che, fuori o dentro il suo partito, si opporranno alla versione autocratica del potere esecutivo.

Il fatto strano e preoccupante è che una parte cospicua degli italiani di questi problemi non si interessa affatto, pensa soltanto a veder migliorare la propria vita, le proprie condizioni economiche e quelle dei propri figli. Se si deve pagare delegando il potere ad un ristretto gruppo e ad un Capo che lo guida, va bene così.

Questo non è un piccolo problema ed ha costellato la storia dell'Italia moderna. Ma il fatto strano è che anche Giorgio Napolitano si occupa di questa questione e condivide la visione di Renzi. Su un tema di questa importanza desidero dire ora qualche parola.

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Il 15 luglio scorso Napolitano ha fatto un lungo intervento alla Commissione Affari costituzionali del Senato, presieduta da Anna Finocchiaro. Se c'è un punto che pienamente condivido è quello che riguarda l'uso e l'abuso dei decreti legge, leggi delega e maxiemendamenti che Napolitano ha denunciato più volte e che in questo intervento denuncia di nuovo come un'indebita spoliazione del potere legislativo del Parlamento oltreché della difficilissima leggibilità dei testi (la legge finanziaria del 2007 fu trasformata in un maxiemendamento di un solo articolo che conteneva tuttavia 1.300 commi).

Per superare questa prassi (adesso abbiamo avuto un maxiemendamento che ha superato i 2.000 commi, ciascuno dei quali rinvia ad altre leggi di cui si cita la data e il numero di protocollo ma non il contenuto) Napolitano propone una corsia preferenziale per i disegni di legge del governo, una data breve di pochi giorni entro la quale il provvedimento viene approvato o decade.

Tutto bene. Bene la denuncia e bene la soluzione proposta. Tuttavia questo sistema sarebbe perfetto se la Camera non fosse di fatto un'assemblea di "nominati" con un premio di maggioranza a chi raggiunge il 40 per cento dei voti espressi. Ma siccome le cose stanno proprio così, il nuovo sistema proposto della corsia preferenziale dovrebbe essere effettuato da una Camera non "nominata", senza di che è sempre e soltanto il potere esecutivo a comandare.

Ma questo non sembra suscitare le preoccupazioni di Napolitano. Il suo pensiero dominante è la stabilità del governo e la sua capacità d'immaginare le leggi, farle approvare e gestirne l'attuazione. Che siano giuste o sbagliate lo possono dire gli osservatori esterni o l'opposizione minoritaria. Di fatto, cioè, nessuno.

Napolitano chiede un esecutivo con poteri soverchianti: maggioranza assoluta, monocameralismo perfetto, capolista plurinominati (possono presentarsi in tre diversi collegi). Senato in pratica inesistente. Può partecipare ai plenum del Parlamento però non più con 300 senatori ma soltanto 100, mentre la Camera rimane ai suoi 630.

Purtroppo il nostro presidente emerito dimentica di ricordare come avvenne la caduta di Berlusconi, l'ultima, quella definitiva. Avvenne perché il Senato, dove non c'era la maggioranza assoluta della Camera, bocciò il consuntivo del bilancio. Su quella buccia di banana Berlusconi scivolò e alla fine si dimise temendo che al Senato non avrebbe più avuto la maggioranza. Da quelle dimissioni nacque il governo Monti.

Oggi, se non ci fosse stato il Senato, avremmo ancora Berlusconi al governo e sarebbero trent'anni. Questo ricordo dovrebbe insegnare a tutti qualche cosa.



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