27.8.17

Two Toxic Thoughts You Accidentally Think Every Day | Thrive Global

Two Toxic Thoughts You Accidentally Think Every Day | Thrive Global

And how to stop doing that

You might not think you have a morning ritual, but you do.

"I didn't get enough sleep."

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"I don't have enough time."

According to Lynne Twist, author of The Soul of Money, we unwittingly think those two scarcity-themed thoughts every single day, before we do or think about anything else: 

"Before we even sit up in bed, before our feet touch the floor, we're already inadequate, already behind, already losing, already lacking something...what begins as a simple expression of a hurried life, or even the challenged life, grows into the great justification for an unfulfilled life."

Do you practice this morning ritual without even knowing it?

When our default mode is set to scarcity, we basically train ourselves to seek out proof that we need more of everything. We focus on what we wish was different, and in doing so, we subtly reject all that we already have.

This thought pattern breeds thousands and thousands of other thoughts with the same scarcity genetics, resulting in you chronically feeling as if you have nothing but problems. Considering we average about 60,000 thoughts per day, that's quite a barrage of negativity.

There's a little trick you can do to test how powerful focus is. The trick goes like this:

Spend 15 seconds looking around you and finding anything that's blue, the label on the Purell, someone's socks, a screen icon, anything...

Now close your eyes and tell me everything you saw that was green.

When you hone in on something, you naturally notice it more at the cost of whatever else is in the landscape. Your brain is trained to do this; taking in all the stimulus around you would be too overwhelming and dangerous. 

Your brain needs to be able to focus and whether you realize it or not, it gets all its instructions about what to focus on from you.

When your brain's first instructions of the day are to think about how you didn't get enough sleep and how you're not going to have enough time to to do all that you need to do, guess what you're going to be noticing all day long (again, at the cost of whatever else in the landscape)?

Before your feet touch the floor tomorrow morning, before you do anything else, take a second to engage in a new morning ritual -- point your thoughts in the direction of gratitude.

This doesn't mean pretending everything is perfect.

Gratitude is not about shallowly telling yourself that you have everything you could ever want or need. Gratitude is about acknowledging what enough looks like for you.

I got enough sleep, and I have enough time.

From those two thoughts, you begin a day where your brain seeks out what else you have enough of:

I have enough patience to deal with this.

I have enough creative ideas to find a solution.

I have enough clothes.

I have enough food.

And progressively, like magic, these thoughts breed thousands and thousands of other thoughts with the same abundance genetics, resulting in you chronically feeling grateful for all that you have enough of. It works both ways.

When you consistently come from a place of enough, you cultivate a steady sense of gratitude and you naturally give. You give your attention, patience, ideas, time and most importantly, you give your presence. It is emotionally intoxicating to be around someone who is present, who is not scurrying around in their mind for the next thing to do or think about.

To be around someone who is confident in the moment, someone who isn't in a rush to do more and get more because they know they already have enough, that is attractive. 

 It's attractive to bosses who want to promote confident leaders for their team, it's attractive to potential romantic partners who want to be with someone with a special charm, it's attractive to the child who feels a soothing sense of calm from an adult who's present, it's attractive across the board.

This is why people who are genuinely grateful for what they have often get even more of it, not because they imagine desirable scenarios and those scenarios just magically manifest, but because they give naturally, so they get naturally.

Here are a few other thoughts that can keep you on the abundance track:

What do I have to give today? (A book you loved and think your friend might like? A more friendly disposition? Your full attention?)

What can I be generous with today? (Your warmth during a difficult conversation? Your physical affection? Your patience? Your tip to the barista? Your effort? Your planning?)

Enough is the bridge from scarcity to abundance. What do you have enough of?

Katherine Schafler is an NYC-based psychotherapist, writer and speaker. For more of her work, join her newsletter community, read her blog, or follow her on Instagram.

Svezia a corto di lavoratori: ora le aziende assumono anche chi non parla svedese - Repubblica.it

Svezia a corto di lavoratori: ora le aziende assumono anche chi non parla svedese - Repubblica.it

Svezia a corto di lavoratori: ora le aziende assumono anche chi non parla svedese

L´economia svedese tira, cresce cosí veloce da produrre un avanzo primario di bilancio inatteso di 40 miliardi di corone (al cambio circa 8 miliardi di euro). E non è finita: con gli impianti del settore manifatturiero e di eccellenza che lavorano a piena capacità, mancano le braccia nel paese di circa 10 milioni di abitanti. Per cui in alcune aziende vengono assunti anche migranti che non parlano svedese, oppure hanno iniziato da poco a studiarlo e ne posseggono una conoscenza al massimo al livello dei primi anni delle elementari. Quando in fabbrica non ci si capisce parlando, ci si aiuta a vicenda col linguaggio dei segni delle mani o meglio ancora con disegni improvvisati su foglietti di carta.

È una realtrà particolare, quella narrata in un servizio da SverigesRadio, l´emittente radiofonica pubblica. I suoi reporter sono andati a vedere come è possibile far funzionare un sistema di produzione svolta con l´aiuto dei disegni in un impianto della Scania, la grande fabbrica di TIR e altri mezzi pesanti per trasporto merci e lavoro nei cantieri. Alla Scania, controllata da Volkswagen ma disponente di ampia autonomia di gestione, hanno incontrato come personaggio-esempio il giovane africano Paul Ntambi. Ora parla svedese, ma poco appunto, a livello da prima elementare. Quando è venuto dall´Uganda, non ne parlava una parola. "Di fatto è stata la direzione aziendale a venirci incontro. Hanno abbassato gli standard interni di conoscenza della lingua locale. E poi ci aiutiamo spesso tracciando disegni. A volte all´inizio è difficile, ma il linguaggio dei disegni nasce e si sviluppa alla catena di montaggio ogni giorno, a seconda delle esigenze produttive, per cui si finisce per capirsi sempre di piú", egli racconta. E ascoltando le risposte dei capi-reparto, scritte ma poi anche a voce, si va avanti nel possesso della lingua svedese.

Helena Segerberg-Bystrom, responsabile della linea di montaggio per gli chassis degli enormi camion, spiega: "Da qualche tempo la domanda di lavoro da parte nostra è tanto cresciuta che la Randstad (l´azienda che è la principale agenzia di collocamento) ce la fa solo a volte a offrirci lavoratori che parlino svedese correntemente". Allora Scania, seguita da altre aziende di eccellenza del paese-guida del Grande Nord, ha appunto abbassato gli standard linguistici. Tale scelta delle aziende ha portato alla creazione di circa 89mila posti di lavoro, essenzialmente assegnati ai migranti perché i nativi non bastani. Non è sufficiente a integrarli tutti, ma dall´inizio dell´anno scorso 966mila stranieri hanno trovato un impiegno nel regno. La nuova lingua mista di parole gesti e disegni è stata ribattezzata "Scania swedish", ed è affiancata da un metodo particolare: il neoassunto con poca conoscenza dello svedese viene affiancato nel team produttivo da almeno un operaio nativo, cosí impara la lingua piú spesso.

Il boom delle assunzioni per chi non parla lo svedese è un aspetto della crescita, tuttora robusta ogni aspettative, dell´economia nazionale. Crescita dovuta a piú fattori concomitanti: successo dell´export specie di eccellenza industriale e tecnologica, aumento dei consumi, boom dell´edilizia abitativa. La crescita prevista è del 3,1 per cento quest´anno, rallenterà al 2,5 l´anno prossimo.

Cifre che fanno comunque invidia alle altre potenze industriali europee, e sono accompagnate non solo da un debito sovrano contenuto e sotto controllo piú che ovunque altrove tra i grandi paesi industriali membri dell´Unione europea (circa il 40 per cento del pil) bensí anche da una disoccupazione in calo (scesa al 6,1 per cento, e in recesso verso il 5,9 secondo il governo). E per la prima volta, il passivo del 2 per cento nel deficit tollerato dal governo per spendere per eccellenze tecnologiche e istruzione ha fatto posto a un avanzo primario del tutto imprevisto. Parliamo di circa 40 miliardi di corone, al cambio piú o meno otto miliardi di euro. Adesso a un anno e un mese dalla data prevista per le prossime elezioni parlamentari il governo si chiede come usare l´avanzo. I programmi varati finora – aumento delle spese per la difesa per fronteggiare la minaccia russa, piú soldi salle forze dell´ordine contro la criminalità straniera e in generale, aumento delle spese per la pubblica istruzione – raggiungono forse una decina di miliardi di corone, dunque siamo lontani dal livello del disavanzo. Tra esigenze economiche e campagna elettorale di fatto già in corsa in sordina, il governo ha fretta di annunciare decisioni popolari, vedremo.
 

26.8.17

Menopausa e alimentazione » Il Cibo della SaluteIl Cibo della Salute

Menopausa e alimentazione » Il Cibo della SaluteIl Cibo della Salute

Menopausa e alimentazione

Si dice che le donne orientali non soffrano dei disturbi della menopausa che affliggono molte donne occidentali, e che anche le nostre bisnonne non ne soffrissero un gran che.

Cos'è che ha fatto diventare il passaggio menopausale un problema da curare con medicine?
Da cosa dipendono questi disturbi della menopausa?
Come si possono prevenire?
Dobbiamo proprio prendere farmaci o si può fare qualcosa modificando lo stile di vita e la dieta?
Cosa avevano in comune le nostre bisnonne con le donne orientali?

La salute, secondo la filosofia dell'estremo oriente, è un equilibrio di yin e di yang, di forze espansive e di forze centripete, di freddo e di caldo, di elementi femminili e maschili. Alla menopausa, quando le ovaie, terminata la loro funzione riproduttiva, smettono di produrre gli ormoni sessuali femminili (yin), sopraggiunge un periodo in cui prevalgono gli ormoni maschili (yang), e ci vuole un po‟ di tempo per ritrovare un equilibrio. Si è tolto peso dal piatto femminile (yin) della bilancia e l'equilibrio si è improvvisamente spostato verso il maschile (yang).

E' a questa età che le donne spesso mettono su quella pancetta tipica degli uomini e vedono crescere alcuni peli duri sul labbro e sul mento.

Il cambiamento ormonale è improvviso, talvolta violento, per cui la bilancia si mette ad oscillare, e si avranno fenomeni yang (le vampate di calore) alternati a fenomeni yin (le sudorazioni fredde). Alcune donne le vivono allegramente, altre le soffrono terribilmente, e si sentono depresse.

E' un periodo in cui tutto il corpo cambia, si accentuano le rughe, la mucosa vaginale è meno lubrificata, la pressione del sangue fa brutti scherzi, la pancia gonfia, cominciano un po' di dolori alle ossa. Si fanno gli esami del sangue e magari si scopre che il colesterolo è alto, o la glicemia, o i trigliceridi. Si fa la MOC e si scopre che le ossa si sono fatte più deboli.

Si finisce per consultare uno o più specialisti e si corre il rischio di cadere nella trappola dei farmaci. La terapia ormonale sostitutiva, che molti medici sconsiderati prescrivono anche in assenza di disturbi, le medicine per la pressione, spesso prescritte anche se la pressione è solo appena un po' troppo alta e sarebbe possibile controllarla con una migliore igiene di vita, gli antidepressivi, gli integratori alimentari, le medicine per il colesterolo alto, per l'osteoporosi. Una schiavitù che può durare per tutta la vita.

Naturalmente ci sono casi in cui queste medicine sono veramente indicate, ma nella maggior parte dei casi ci sono alternative. Quali? Innanzitutto cogliere l'occasione per ripensare alla propria vita, a come la si conduce (ciò naturalmente vale anche per gli uomini).

La menopausa non è una tragedia, non è sinonimo di invecchiamento, non vuol dire perdere la bellezza (ogni età ha la sua bellezza!), né diventare meno attraenti, meno desiderabili.

La Menopausa è un cambiamento, ed ogni cambiamento è un'occasione per migliorarsi, riacquistare la salute.
Come? A uno squilibrio bisogna rispondere con un equilibrio, una dieta equilibrata ad esempio, libera dai condizionamenti della società dei consumi, un aumento dell'attività fisica se si era diventati troppo sedentari, un po' di riposo se ci si era strapazzati troppo.

Per dieta equilibrata la medicina occidentale intende un po' di tutto, tanto di proteine, tanto di grassi, tanto di carboidrati, tanto di vitamine, tanto di calcio, eccetera, praticamente come si mangia sempre.

La medicina orientale intende invece tutt'altro: privilegiare gli alimenti equilibrati (cioè né tropo yang né troppo yin) come i cereali integrali, un po' di legumi, un po' di verdure, ogni tanto il pesce, evitando gli alimenti troppo yang, come le carni, specie quelle rosse, i formaggi stagionati, i salumi (anche la fisiologia occidentale insegna che questi alimenti producono calore), e quelli troppo yin, come lo zucchero (oggi l'industria mette zucchero dappertutto, per mascherare la cattiva qualità dei cibi), le bevande alcoliche (tutti sanno che favoriscono le vampate), le bevande gasate e zuccherate (una delle principali cause dell'epidemia di obesità nei nostri paesi), magari con il ghiaccio dentro (il corpo reagisce ai cibi yin freddi producendo yang caldo), il caffè, o troppo olio, troppo latte, troppo yogurt, troppa frutta tropicale.

Ma come? Se i medici raccomandano di mangiare tanto formaggio e latte per l'osteoporosi? 
E' vero che molti medici raccomandano i formaggi, nella convinzione ingenua che essendo ricchi di calcio irrobustiscano le ossa, ma questi medici sbagliano perché la fisiologia insegna che più proteine animali si mangiano (quindi carne, latte e formaggi) più il nostro sangue si acidifica, e per tamponare questa acidità le nostre ossa cedono sali basici di calcio, favorendo quindi, non certo riducendo, l'osteoporosi.

All'età della menopausa non c'è più bisogno di tante proteine, e neanche di tanto cibo: è l'ora di pensare ad una vita più parca, ad un'alimentazione di qualità migliore, ma di quantità ristretta. Era quello che facevano le nostre bisnonne, non ancora confuse dalle diete dei rotocalchi e dalle pubblicità della televisione, guidate dall'intuito, dall'insegnamento dei vecchi, e dalla capacità di riconoscere su se stesse gli effetti dei cibi.

Ma dove lo prendiamo allora il calcio? Dove le prendiamo le vitamine?
Ad esempio sostituendo il parmigiano con il gomasio (semi di sesamo tostati con sale), un alimento ricchissimo di calcio e con molti altri pregi, mangiando ogni tanto la zuppa di pesce o la frittura di pesciolini (dove si mangiano anche le lische), che oltre ad essere ricchi di calcio forniscono vitamina D, e mangiando cavoli, broccoli, legumi, e cereali integrali, anch'essi buona fonte di calcio, e le verdure di stagione.

L'altra cosa da fare, per la salute delle ossa ma anche per la salute in generale, per la prevenzione del cancro al seno e all‟intestino, per la prevenzione dell'ipertensione e delle malattie di cuore, ben più importante che prendere medicine, è muoversi, camminare, andare in montagna, fare sport, ginnastica, yoga (molto meglio che i tranquillanti), meglio all'aria aperta (il sole fa bene alle ossa) che in palestra.

Se non l'avete mai fatto, la menopausa è un'ottima occasione per cominciare. E' un'occasione per prendere più tempo per sé, per prendersi cura del proprio corpo, troppo trascurato, non rispettato, in particolare certe parti del corpo, i piedi ad esempio, che ci hanno portato per 50 anni senza che facessimo niente per loro. Offriamogli ogni sera un bagno caldo e massaggiamoli con olio di sesamo.

Massaggiamo anche le mani, le braccia, le gambe (verso l'alto nella parte interna e verso il basso nella parte esterna, nel senso dei meridiani della medicina cinese).

Tanta frutta per prevenire il cancro?
I medici hanno ragione quando insegnano che la frutta riduce il rischio di tumori, specie di quelli causati dal fumo, e che è raccomandabile mangiarne in abbondanza, specie in giovane età, ma senza esagerare. La frutta è yin, raffredda, va bene d'estate (ma non per le signore in menopausa che sentono la pancia gonfia). D'inverno, quando fa freddo, meglio limitarsi a qualche mela cotta. Va anche bene, quando non fa freddo, un'insalata di arance (yin) con un po' di sale (yang), ma è meglio evitare la spremuta con ghiaccio (yin con yin) o, peggio ancora, l'aranciata. Oggi si trovano sui mercati frutti di ogni tipo in tutte le stagioni, ma il buon Dio, quando ci aveva progettati, non aveva previsto che mangiassimo le fragole o i pomodori d'inverno (altrimenti penso che ce l'avrebbe proibito), non aveva previsto la globalizzazione, e neanche i McDonald's e la Coca-cola. Come riferisce la Genesi, ci aveva dato le piante, con tutti i loro semi, perché fossero il nostro cibo, ciascuna nella loro stagione.

Impariamo da come mangiavano i vecchi, la dieta povera, che è anche la più gustosa, ed equilibrata, la pasta con i fagioli (da masticare bene, perché non gonfi la pancia), con i broccoli, o le cime di rapa, il cuscus con i ceci, il riso integrale con le lenticchie o con verdure fresche saltate in padella, il miglio con la zucca e le carote, le minestre d'orzo o di farro, le zuppe di verdura, le sarde (yang) come si fanno in Sicilia con i pinoli e l'uvetta (yin), le mille ricette della cucina popolare. E i dolci senza zucchero della tradizione macrobiotica.

Ma se stiamo bene e ci viene voglia di un "frutto proibito", di un cioccolatino, di una patatina o di una fetta di prosciutto crudo, non è il caso di negarcelo, purché sia in piccola quantità, un assaggio occasionale, non un'abbuffata quotidiana. Questa dieta, con l'attività fisica, con i massaggi, aiuterà a perdere peso chi ne ha in eccesso, a risolvere la stitichezza, a regolare tutte le funzioni dell'organismo, a prevenire le malattie croniche (il diabete, l'ipertensione, l'aterosclerosi, le fratture osteoporotiche, la cataratta e molti tumori) e a ridurre i disturbi menopausali, senza bisogno di ormoni né di altri farmaci.

Dottor Franco Berrino

Fonte Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori, Milano

Ha frequentato percorso di Naturopatia presso l'Istituto di Medicina Psicosomatica e di Shiatsu presso l'Istituto di Ricerche e Terapie Energetiche di Milano. Ha frequentato il Centro Macrobiotico di Renè Levy "Cuisine et Santè", il Centro di Studi sull'applicazione dell'Alimentazione Cerealicola a Saint Gaudens (Francia), e conseguito il diploma in Guida alla Terapia Alimentare presso La Sana Gola di Milano, approfondendo le temeatiche dell'alimentazione naturale con alcuni riferimenti del mondo scientifico, con il Dottor Franco Berrino, Giovanni Allegro a Cascina Rosa (Istituto Tumori di Milano), Francisco Varatojo direttore dell'Istituto Macrobiotico del Portogallo. Ha seguito corsi di Alta Cucina Naturale presso il Joia Academy, fondata dal maestro Pietro Leemann. Ha fondato il blog IlCibodellaSalute.com allo scopo di divulgare uno stile di vita sano, consapevole e sostenibile. Cuoca e Docente di Alimentare Naturale Macrobiotica e MTC presso l'Associazione Chicco di Riso, gestisce il B&B Il Melograno Nano, a Barga (LU). Conduce corsi teorici e pratici su tutto il territorio nazionale.

25.8.17

L'Anfiteatro ricostruito con gli alberi: alloro, cipressi e mirti per tracciare la Milano romana - Repubblica.it

L'Anfiteatro ricostruito con gli alberi: alloro, cipressi e mirti per tracciare la Milano romana - Repubblica.it

L'Anfiteatro ricostruito con gli alberi: alloro, cipressi e mirti per tracciare la Milano romana

L'Anfiteatro ricostruito con gli alberi: alloro, cipressi e mirti per tracciare la Milano romana
Un anfiteatro verde, con bossi, ligustri, alloro, mirto e cipressi a ridisegnare naturalmente il profilo del vero Anfiteatro romano di via De Amicis, costruito nella prima metà del primo secolo dopo Cristo e smembrato negli anni, tanto che adesso se ne conservano solo poche tracce, comprese nel parco archeologico dell'Anfiteatro.
 
L'Anfiteatro ricostruito con gli alberi: alloro, cipressi e mirti per tracciare la Milano romana

L'area oggi


L'idea è stata elaborata a lungo ma, adesso, è diventata ufficiale: il Comune concede in comodato d'uso gratuito lo spazio di via De Amicis alla Soprintendenza archeologica delle belle arti e del paesaggio, per i prossimi cinque anni, per realizzare il progetto "Amphiteatrum viridans", un giardino ellittico di circa 22.400 metri quadri che ricalca la pianta dell'antica costruzione romana, grande quasi quanto il Colosseo, lungo 155 metri e largo 125, capace di ospitare 35mila persone, prima della totale distruzione nel quinto secolo a causa delle invasioni barbariche.
 
L'Anfiteatro ricostruito con gli alberi: alloro, cipressi e mirti per tracciare la Milano romana

L'area oggi


"È un progetto quasi unico, e un modo per recuperare l'antico disegno dell'Anfiteatro, rivitalizzando questo percorso non abbastanza conosciuto da milanesi e turisti", spiega la soprintendente Antonella Ranaldi, che per prima ha proposto l'idea al Comune. La giunta, dopo tutte le analisi tecniche, ha da poco firmato la delibera: questo vuol dire che tra ottobre e novembre partiranno le indagini archeologiche e, con l'inizio del prossimo anno, la piantumazione degli alberi. Entro tre anni - queste sono le stime - il giardino sarà pronto.

L'area tra via De Amicis, via Conca del Naviglio e via Arena viene concessa gratuitamente, a patto - ovvio - che si realizzi il progetto: al termine dei cinque anni previsti, verrà poi restituita al Comune, che ci avrà "guadagnato" il parco. Perché l'operazione è a costo zero per le casse di Palazzo Marino: la Soprintendenza si è impegnata - prima della firma della delibera - a trovare uno sponsor che pagasse per la realizzazione del giardino, in cambio di uno spazio pubblicitario ben evidente. Per cinque anni, infatti, i finanziatori dei lavori potranno usufruire per la pubblicità di un grande muro laterale (e senza finestre) di un palazzo in via de Amicis 17.
 
L'Anfiteatro ricostruito con gli alberi: alloro, cipressi e mirti per tracciare la Milano romana

Il progetto


Prima dell'inizio dei lavori, però, bisognerà risolvere la questione della presenza, all'interno dell'area dell'Anfiteatro, del vivaio Riva (serra e vendita di piante e fiori): il Comune sta aspettando la restituzione bonaria dell'area - circa 3.200 metri quadri - e "benché la scadenza del verbale di conciliazione fosse stata fissata in data 21 maggio 2017, al fine di ottenere la restituzione bonaria dell'area ed evitare uno sgombero forzoso, la restituzione è stata rinviata alla fine dell'anno", si legge nella delibera.

Le piante saranno disposte in modo da evocare la forma dell'arena, quindi richiamando anche la posizione delle gradinate, con gli alberi più alti - come i cipressi - lungo il perimetro. Il parco archeologico non verrà mai chiuso durante tutta la durata dei lavori, che procederanno per lotti. Il nuovo giardino, spiega Ranaldi, "è un progetto ambizioso, che si collegherà ad un percorso che, dal parco archeologico, continua fino alle vicine colonne, poi in San Lorenzo e al parco delle Basiliche, per recuperare l'identità di Milano come capitale imperiale, dopo Roma e fino al 402 dopo Cristo". Anche la scelta delle piante richiama questa storia: le essenze - il bosso, la mortella, il cipresso - sono tutte antiche. E serviranno per un esperimento forse inedito: invece di fare ricostruzioni virtuali, in 3D, delle grandi architetture del passato, si proverà a "ricostruire" con il verde.

L'obiettivo, così, diventa anche quello di rivitalizzare il parco archeologico realizzato nel 2002, che comprende, oltre a un piccolo spazio verde, anche mostre nell'antiquarium "Alda Levi", dove sono esposti reperti provenienti dagli scavi - con una parte delle pietre dell'Anfiteatro fu costruita la Basilica di San Lorenzo - e viene illustrato il funzionamento degli anfiteatri romani, con postazioni multimediali dove, soprattutto le scolaresche, possono studiare la storia dell'antica arena di Milano.

24.8.17

Leaky gut

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5440529/pdf/fimmu-08-00598.pdf

Tra Fiandre e Manica, il fascino della Francia estrema - Repubblica.it

Tra Fiandre e Manica, il fascino della Francia estrema - Repubblica.it

Tra Fiandre e Manica, il fascino della Francia estrema

Tra Fiandre e Manica, il fascino della Francia estrema
C'è una regione della Francia ancora poco frequentata dai turisti italiani anche a Ferragosto: è il Nord-Pas de Calais, l'estremo lembo settentrionale al confine con il Belgio, un territorio ricco di paesaggi naturali, di storia, di gastronomia e di cultura che dista un'ora di TGV da Parigi, ma che richiede la macchina per essere scoperto nei suoi angoli più caratteristici. Da Dunquerque, attivo porto sul Mare del Nord dove si imbarcò l'esercito inglese in ritirata nel 1940, si arriva in breve a Calais, base dei traghetti per l'Inghilterra e trafficato imbocco dell'Eurotunnel. Da lì la Costa d'Opale si allunga sul canale della Manica con i suoi ampi orizzonti dominati dai riflessi delle acque marine che cambiano colore a seconda del rapido passaggio delle nubi. Il punto più suggestivo è il parco naturale che racchiude i due promontori di Cap Blanc Nez e Cap Gris Nez di fronte alle bianche scogliere di Dover che si stagliano imponenti sulla sponda inglese. Anche i promontori francesi sono alti sulle falesie: verdeggianti di pascoli e battuti dal vento culminano con fari, resti di casematte tedesche del  1944 e di punti di avvistamento da cui oggi viene controllato il traffico navale nelle acque agitate della Manica. Appassionati di aquiloni, parapendio, aerei radiocomandati si danno qui appuntamento nei giorni festivi, insieme a chi ama passeggiare nella natura e osservare le numerose specie di uccelli che nidificano nella brughiera in un ambiente intatto e rigorosamente protetto.
Tra Fiandre e Manica, il fascino della Francia estrema

Arras

Proseguendo verso sud su una stradina tortuosa di campagna di scende alla costa incontrando Audresselles e Ambleteuse, due paesi che stupiscono per le costruzioni su alte dighe al riparo delle grandi maree atlantiche.  Le cittadine che si incontrano proseguendo ancora sul lungomare sono due: Boulogne-sur-Mer, di origine romana, con la pianta squadrata che ancora ricorda l'accampamento dei legionari di Giulio Cesare, contornata da un'alta cinta muraria di difesa, dove si trova la basilica di Notre-Dame del XIX secolo, ma notevole per una delle più grandi cripte di Francia e Le Touquet-Paris-Plage, stazione di villeggiatura fondata a fine '800 come spiaggia della capitale, con un'atmosfera che ancora echeggia l'atmosfera e il lusso della belle-époque.

L'interno della regione è collinare, punteggiato di minuscoli paesini che mescolano l'architettura francese con quella delle Fiandre. Anche il dialetto, immortalato nel film "Benvenuti al Nord" offre contaminazioni, così come la cucina saporita che si può assaggiare nelle numerose trattorie tipiche dall'atmosfera assai informale, qui chiamate "estaminet": la carbonade e la pot'je vleesch già nel nome sono certamente piatti carne di derivazione fiamminga. E da ultimo un'autentica eresia per un Paese orgoglioso dei propri grandi vini come la Francia: nel Nord-Pas de Calais la bevanda più diffusa è la birra, con una lunga tradizione di microbirrifici artigianali di stampo belga.
Tra Fiandre e Manica, il fascino della Francia estrema

Il Louvre Lens

Proseguendo verso est si raggiunge il capoluogo della regione Lille, duecentomila abitanti che arrivano però al milione con gli agglomerati di Roubaix, Tourcoing e Villeneuve senza soluzione di continuità fino al confine belga. Patria di Charles De Gaulle e legata un tempo al commercio tra francesi e fiamminghi, la città che fu sede di importanti industrie tessili è valorizzata oggi come centro culturale, da scoprire per l'architettura molto ben conservata del centro storico dichiarato Patrimonio dell'Unesco con una torre municipale detta Beffroi alta 104 metri. Il Palais des Beaux-Arts è uno dei più grandi musei francesi fuori Parigi con collezioni che spaziano nei secoli, dal tardo Medioevo ai grandi classici, dagli Impressionisti al Novecento. Nella vicina Roubaix, più nota per la classica corsa ciclistica, una vecchia piscina dall'ambiente Art Déco è stata trasformata in sede permanente di esposizioni d'arte, mentre a poca distanza Villa Cavrois (www.monuments-nationaux.fr) a Croix è un'insolita villa razionalista del 1929 che ha mantenuto la sua atmosfera originale.

Ma le sorprese del Nord-Pas de Calais non finiscono qui: ci sono da visitare i numerosi campi di battaglia e i monumenti commemorativi dei combattimenti della Prima Guerra Mondiale come quello canadese di Vimy, le zone minerarie e in particolare carbonifere ormai dimesse, la cittadina di Lens dove appunto sul sito di una vecchia miniera abbandonata è stata impiantata nel 2012 una modernissima dépendence del più famoso museo di Francia chiamata Louvre-Lens, senza dimenticare la cittadina di Arras (www.arras.fr), che ha dato il nome agli arazzi, con una fortezza ben conservata disegnata da Vauban e una Grand Place con case dal perfetto stile fiammingo.

Info qui 

Age-Associated Loss of OPA1 in Muscle Impacts Muscle Mass, Metabolic Homeostasis, Systemic Inflammation, and Epithelial Senescence

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5462533/

Sacco e Vanzetti, una sporca faccenda nell'America della pena capitale - Spettacoli & Cultura - Repubblica.it

Sacco e Vanzetti, una sporca faccenda nell'America della pena capitale - Spettacoli & Cultura - Repubblica.it

Sacco e Vanzetti, una sporca faccenda nell'America della pena capitale


<B>Sacco e Vanzetti, una sporca faccenda<br>nell'America della pena capitale</B>

Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti

di ANDREA CAMILLERI
Il secolo che ci siamo lasciati alle spalle appena sette anni fa è stato brillantemente descritto dallo storico britannico Eric Hobsbawm "il secolo breve". Una definizione forse più esatta, però, sarebbe "il secolo compresso", perché mai un periodo di 100 anni ha visto così tante guerre mondiali, così tanti progressi scientifici e tecnologici, così tante rivoluzioni, così tanti eventi epocali ammonticchiati l'uno sull'altro. Il secolo passato sembra come una valigia troppo piccola per contenere tutto quello che è successo: è troppo piena di vestiti vecchi, e ce ne sono alcuni che ci impediscono di chiuderla e metterla via in soffitta una volta per tutte. Uno di questi è il caso di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti. Nel secolo trascorso, milioni di uomini e donne sono morti in guerre, epidemie, genocidi e persecuzioni, e purtroppo la loro memoria corre serissimo rischio di scomparire.

Eppure la morte di Sacco e Vanzetti sulla sedia elettrica 80 anni fa, così come la morte di John e Robert Kennedy sotto i proiettili dei killer, sono destinate a rimanere nella nostra mente.

Forse perché, come per i fratelli Kennedy, troviamo ancora difficile accettare le ragioni, o la mancanza di ragioni, della loro morte. E in Italia, dove l'omicidio insensato (o fin troppo sensato) è stato per lungo tempo un elemento del panorama politico, questo disagio lo si avverte con asprezza.

Nel caso di Sacco e Vanzetti, sembrò subito chiaro a molti, in Europa e negli Stati Uniti, che il loro arresto, nel 1920 - inizialmente per possesso di armi e materiale sovversivo, poi con l'accusa di duplice omicidio commesso nel corso di una rapina nel Massachusetts - i tre processi che seguirono e le successive condanne a morte erano pensati per dare, attraverso di loro, un esempio. E questo nonostante la completa mancanza di prove a loro carico, e a dispetto della testimonianza a loro favore di un uomo che aveva preso parte alla rapina e che disse di non aver mai visto i due italiani.

La percezione era che Sacco, un calzolaio, e Vanzetti, un pescivendolo, fossero le vittime di un'ondata repressiva che stava investendo l'America di Woodrow Wilson. In Italia, comitati e organizzazioni contrari alla sentenza spuntarono come funghi non appena essa fu annunciata. Quando la sentenza fu eseguita, nel 1927, il fascismo era al potere in Italia da quasi cinque anni e consolidava brutalmente la propria dittatura, perseguitando e imprigionando chiunque fosse ostile al regime, inclusi naturalmente gli anarchici. Eppure, quando Sacco e Vanzetti furono giustiziati, il più grande quotidiano italiano, il Corriere della sera, non esitò a dedicare alla notizia un titolo a sei colonne. In bella evidenza tra occhielli e sottotitoli campeggiava un'affermazione: "Erano innocenti".

Non c'è probabilmente un solo quotidiano italiano che non abbia dedicato un articolo a questo caso, ogni 23 agosto, dal 1945 a oggi.

Nel 1977 fu dato grande risalto alla notizia che Michael Dukakis, all'epoca governatore del Massachusetts, aveva riconosciuto ufficialmente l'errore giudiziario e aveva riabilitato la memoria di Sacco e Vanzetti.

In Italia, la loro storia diventò il soggetto di uno spettacolo teatrale, che ebbe grande successo prima di venire trasformato, nel 1971, in un bellissimo film, diretto da Giuliano Montaldo, con splendide interpretazioni e una colonna sonora di Ennio Morricone, che comprendeva anche canzoni di Joan Baez. (Anche l'album di Woody Guthrie, Ballads of Sacco and Vanzetti, del 1960, ebbe un grande successo in Italia.). E nel 2005, la Rai, la televisione pubblica italiana, ha prodotto un lungo programma sui due italiani giustiziati. (Stranamente, per qualche ragione, la Rai non ha mai trasmesso, nonostante ne abbia acquisito i diritti molto tempo fa, The Sacco-Vanzetti Story, un film per la televisione girato nel 1960 da Sydney Lumet.)

E adesso un sito italiano ospita una vivace discussione sul caso dei due anarchici. Uno dei tanti partecipanti al dibattito scrive: "L'unica colpa di quei poveracci era di lottare contro il razzismo e la xenofobia".

E un altro: "Che cosa è cambiato? La pena di morte in America esiste ancora, certe volte perfino per degli innocenti, e il razzismo e la xenofobia sono in aumento". E un terzo: "È impossibile fare paragoni fra quel periodo e questo. Oggi i tribunali fanno errori, errori gravi, ma comunque errori, mentre allora fu commesso un omicidio bello e buono, a fini esclusivamente politici. E anche se il razzismo è ancora vivo e vegeto negli Stati Uniti, sono stati fatti grandi passi avanti". Infine, una conclusione: "Fu una faccenda sporca in un'epoca difficile".

Una faccenda sporca davvero se gli italiani, solitamente indulgenti verso la terra che ha accolto così tanti loro concittadini bisognosi che partivano emigranti, ci si soffermano ancora, dopo tutti questi anni. Il dibattito, a quanto sembra, è tuttora in corso. Un segnale, forse, che la ferita non si è ancora cicatrizzata. E che ancora, per quanto ci sforziamo, non riusciamo a chiudere quella valigia.

Copyright The New York Times Syndicate. Traduzione di Fabio Galimberti


(24 agosto 2007)

23.8.17

Bitcoin, la catastrofe ecologica | Risorse Economia Ambiente

Bitcoin, la catastrofe ecologica | Risorse Economia Ambiente

Bitcoin, la catastrofe ecologica

E' la tendenza finanziaria del momento.

E' il modo in assoluto più inefficiente ed idiota di usare l'energia elettrica. Consuma l'equivalente di due centrali nucleari dedicate e continua a crescere esponenzialmente.

Di Dario Faccini

UN MONDO DI MERAVIGLIE

Oggi parliamo di un mondo meraviglioso. Un mondo in cui è possibile guadagnare trasferendo via internet 20€, con una spesa elettrica di 20€ (si, avete capito bene), mentre si consuma l'energia che impiega un'auto elettrica per percorrere 1000km.

Oggi parliamo della bolla finanziaria del momento: il Bitcoin.

Ne avrete sentito parlare in qualche modo.

E' nato nel 2009 ed è la prima di tantissime monete digitali ad avere mostrato al mondo come si possa fare a meno di una banca centrale. Usa una tecnologia chiamata 'Blockchain' (catena di blocchi, è una sorta di registro pubblico dei trasferimenti di valuta) che, mediante tecniche di cifratura ben consolidate, permette il trasferimento sicuro di una somma in Bitcoin da un 'wallet' (portafoglio o conto) virtuale ad un altro, evitando che un malintenzionato 'bari' in qualche modo. Il tutto avviene mediante protocolli informatici decentralizzati, per cui il singolo utente può fare tutto dal proprio pc, senza nessun intermediario: acquistare Bitcoin, trasferirli, spenderli per pagare beni e servizi, convertirli in altre valute. Può persino 'crearli' o 'perderli' per sempre, nel caso che perda la chiave segreta che permette l'accesso al portafogli su cui sono depositati.

Per l'uomo della strada i Bitcoin sono uno strumento poco comprensibile. Innanzitutto, non avendo un corrispettivo fisico in banconote e monete, non capisce come possano avere un valore. Non gli è chiaro a cosa possano servire e  come possano essere spesi. Quando prova ad informarsi, scopre che il loro funzionamento è piuttosto complicato e hanno caratteristiche inaspettate[1]. Se ne osserva il prezzo, rimane stupito e spaventato dall'estrema volatilità. Infine, non si fida perché dai media sono spesso accostati alla pirateria informatica (i cosiddetti 'hacker', in realtà si dovrebbe dire 'cracker') e ad attività illegali che hanno rapidamente creato alcune leggende urbane. Una tra tutte è il perfetto anonimato che sarebbe garantito ai proprietari di Bitcoin[2].

L'uomo della strada però non è l'investitore tipico che investe in Bitcoin e altre criptovalute. Tecnologico, curioso, propenso al rischio e non di rado asiatico (Cina e Corea del Sud la fanno da padrone), non si fida delle istituzioni finanziarie sia perché non gradisce che sappiano tutto del suo conto, sia perché non si fida della loro solidità e della continua emissione di nuova moneta. Non per niente il Bitcoin è figlio della crisi del 2009.

Figura 1. Prezzo storico del Bitcoin in dollari statunitensi. Fonte: Blockchain.info.

L'investitore tipo in Bitcoin potrebbe aver iniziato la sua avventura anche solo nell'estate del 2015, acquistando 100 Bitcoin per l'equivalente di un 250 dollari l'uno, spendendo così 25.000$. Per 2 anni potrebbe essersi dimenticato del suo investimento ed ora potrebbe ritrovarsi con 400.000$ (vedi Figura 1). Se fosse stato un investitore della prima ora, diciamo nel 2011, avrebbe raggiunto la stessa cifra investendo solo 25$, perché all'epoca un Bitcoin costava solo un quarto di dollaro. Stiamo parlando di qualcosa come un aumento di 16.000 volte (1.600.000%) del capitale investito. Solo dall'inizio di quest'anno, il suo valore è cresciuto di 4 volte.

Pazzia speculativa?

Forse. Anche.

In realtà c'è una ragione precisa per cui il valore del Bitcoin ha una tendenza naturale all'aumento. E' stato progettato in modo tale che il numero di Bitcoin circolanti non potrà mai superare i 21 milioni [3]. I Bitcoin sono quindi una risorsa virtuale scarsa, che nel tempo è soggetta naturalmente ad un effetto deflazionario, sia per l'aumento di popolarità e quindi della domanda, sia per la continua perdita effettiva di Bitcoin da parte di chi perde le chiavi del proprio conto.

Questa è una caratteristica sin dalla nascita dei Bitcoin molto apprezzata dagli investitori ed è la causa principale dell'esplosione del consumo elettrico associato.

IL BIANCONIGLIO

Per capire quello che sta succedendo, è necessario entrare nel funzionamento del protocollo che governa i Bitcoin, spiegandolo senza tecnicismi.

Il grande merito attribuito al mitico Satoshi Nakamoto, l'inventore anonimo del Bitcoin, è di aver risolto un problema spinoso in un sistema monetario senza un'autorià centrale: evitare che una somma di denaro sia spesa due volte perché ciò equivarrebbe di fatto alla creazione di nuova moneta.

Facciamo un esempio classico: avete 1 Bitcoin sul vostro conto virtuale e volete provare a spenderlo due volte, inviandolo ad Alibaba in Cina per comprare un PC ultimo modello e, quasi in contemporanea, inviandolo anche ad Amazon negli Stati Uniti per comprarvi l'ultimo grido in fatto di robot giardinieri.

In un sistema come quello delle carte di credito non sarebbe un problema: essendoci un'autorità centrale che presiede a tutte le transazioni, la prima spesa che viene ricevuta è quella che viene registrata e la seconda viene rifiutata.

Il sistema che governa le transazioni dei Bitcoin invece è decentralizzato e coinvolge server e pc distribuiti su tutto il pianeta che, per normali problemi di latenza della rete Internet, possono essere in disaccordo su quale delle due spese sia quella legittima. Nel caso in oggetto supponiamo che per campanilismo la parte del sistema Bitcoin in Asia potrebbe essere convinta che la spesa lecita sia quella ad Alibaba, mentre quella in America che sia quella ad Amazon. Quale delle due ha ragione?

Per uscire da questa empasse il protocollo Bitcoin prevede un ingegnoso  e devastante stratagemma, chiamato proof-of-work (prova-di-lavoro) che, per registrare (quindi rendere effettive) un certo numero di operazioni di transazione di Bitcoin, prevede che prima venga compiuto un lavoro 'faticoso'. In termini informatici è un lavoro che prevede una enorme quantità di calcoli da parte di molti processori (da qui si origina il consumo spaventoso di elettricità) che gareggiano per scoprire un segreto matematico. La ricerca di questo segreto viene definita 'mining' (estrazione mineraria) e viene svolta dai miners, in teoria qualunque utente abbia a disposizione un dispositivo intelligente. Chi trova il segreto per primo è quello che registra definitivamente un blocco di  nuove transazioni nel registro pubblico (la Blockchain). Nell'esempio precedente sarà un miners in Asia o uno in America, derimendo così la questione su quale delle due spese vada accettata e quale rifiutata. Questo meccanismo inoltre evita che un miners disonesto possa accettare entrambe le spese registrandole nella Blockchain, perché per farlo dovrebbe scoprire il segreto prima di tutti gli altri utenti onesti e l'unico modo per avere qualche possibilità sarebbe avere a disposizione più processori (ed elettricità) di tutti gli altri.

Per chi volesse approfondire un poco di più il funzionamento, che ripeto è ingegnoso, più complesso di come l'abbiamo sinora spiegato (e appunto incredibilmente devastante),  è invitato a leggersi la nota [4].

Il mining è un'attività, che garantisce il corretto funzionamento del sistema Bitcoin, ma che è onerosa in termini economici (hardware ed elettricità impiegati) per chi la compie e deve essere incentivata. Ecco quindi che i 'miners' sono ricompensati con nuovi Bitcoin ogni volta che individuano un segreto 'chiudendo' un blocco. In pratica l'attività di mining è l'unica che garantisce l'immissione controllata di nuovi Bitcoin. La quota immessa in questo modo si dimezza ogni quattro anni e attualmente è di 12,5 Bitcoin ogni dieci minuti(l'ultimo dimezzamento c'è stato nel 2016, quindi il livello dell'attuale ricompensa durerà sino al 2020). Ciò garantisce che ci sia un numero massimo teorico di Bitcoin (i 21 milioni citati sono il risultato di una serie geometrica convergente), sia un continuo incentivo per i miners che sostengono il sistema.

LA CORSA DEL BIANCONIGLIO

Ora possiamo spiegare l'effetto perverso nei consumi elettrici in tutta la sua grandezza.

Il sistema Bitcoin è regolato internamente in modo tale che ogni 10 minuti parta una nuova corsa per registrare le ultime transazioni di Bitcoin ed individuare il nuovo segreto associato. La regolazione avviene modificando automaticamente la difficoltà del segreto: se la potenza di tutti i calcolatori che fanno mining aumenta, la difficoltà nell'individuare il segreto aumenta, per compensare ed evitare che venga in media trovato prima dello scadere dei 10 minuti; viceversa se cala la potenza di calcolo, cala anche la difficoltà.

Figura 2: in blu e verde, la potenza globale stimata di mining per il Bitcoin, calcolata in hash rate (il numero di tentativi al secondo per individuare il segreto) e, in rosso, la difficoltà automaticamente impostata negli ultimi nove mesi. Fonte: Bitcoinwisdom.com.

Ecco allora mostrato l'effetto perverso a catena:

  1. se il valore del Bitcoin aumenta, a parità della ricompensa in nuovi Bitcoin immessi, aumenta il valore della retribuzione per i miners;
  2. ai miners conviene allora comprare più hardware di calcolo e consumare più energia elettrica per unità di tempo;
  3. il sistema Bitcoin individua l'aumento della potenza di calcolo del mining e cerca di compensarlo aumentando la difficoltà della ricerca del segreto, in modo da mantenere costante l'intervallo dei 10 minuti;
  4. l'aumento della difficoltà del segreto, compensa l'aumento della potenza di calcolo e fa si che venga impiegata sempre al 100%, quindi al massimo consumo energetico possibile.

Questo fenomeno ha il punto chiave nell'aumento del valore dei Bitcoin. Dato un certo aumento, il fenomeno continua sino a quando l'attività di mining diventa svantaggiosa per il continuo aumento dei costi per l'hardware e l'elettricità, annullando il guadagno medio dalla ricompensa dei nuovi Bitcoin ottenuti scoprendo i segreti dei blocchi.

Purtroppo, questo punto di equilibrio sembra adesso assai lontano. La velocità con cui continua ad aumentare il valore del Bitcoin è tale che gli stessi miners faticano a scalare la propria capacità di calcolo per stare al passo. Dalla figura 2 si osserva che da febbraio a fine luglio la potenza complessiva impiegata nel mining è raddoppiata, passando da 4TH/s (migliaia di miliardi di hash, cioé di tentativi di indovinare il segreto, al secondo) a 8TH/s. Stiamo parlando di un tempo di raddoppio di meno di 6 mesi, avvenuto nonostante che la quota di Bitcoin immessi fosse stata appena dimezzata. Come abbiamo già osservato, il valore del Bitcoin nello stesso periodo è infatti quadruplicato. L'arretrato di lavoro dei miners nell'installare nuova capacità di calcolo (e di consumo elettrico) si sta quindi accumulando. Senza dimenticare che la crescita del valore dei Bitcoin è iniziata da anni e potrebbe continuare ancora, continuando ad aumentare l'incentivo per installare più potenza di calcolo.

QUANTO E' PROFONDA LA TANA DEL BIANCONIGLIO

Ma quanta energia elettrica consuma attualmente il sistema Bitcoin?

Innanzitutto la potenza di calcolo (hash rate, ogni hash è un singolo calcolo per tentare di indovinare il segreto) e il consumo elettrico sono fortemente correlati, quindi sono possibili un paio di metodi di stima.

La prima, potrebbe essere ricostruire il parco installato dei calcolatori dedicati al mining per determinare l'efficienza media di calcolo e moltiplicare per l'hash rate globale. L'ultima stima disponibile per fine luglio 2017 si attesta così sui 7-8TWh all'anno di elettricità, più o meno quanto produce una centrale nucleare da 1000MW. Si osservi che solo 5 mesi prima questo valore era esattamente la metà.

Un secondo metodo prevede di fare i conti in tasca ai miners con un modello economico. In tal caso l'ordine di grandezza non cambia, anche se si ottiene una stima doppia, attualmente intorno ai 16TWh/a. Per dare un'idea, è quanto consuma la Tunisia o la Corea del Nord, ed è pari a circa il 5% del consumo nazionale Italiano.

Se il sistema Bitcoin fosse una nazione, sarebbe la 78esima (su 195+1) per consumi di energia elettrica.

Figura 3: raffronto tra i consumi elettrici annuali di vari stati e il sistema Bitcoin, in TWh. Fonte: Digiconomist.net.

Il problema è che il sistema Bitcoin è ancora marginale nell'economia, e gestisce un numero basso di transazioni rispetto ai sistemi tradizionali: con circa 300.000 transazioni al giorno, per una sola transazione di Bitcoin si consumano ben 146kWh elettrici, per un costo che in Italia sarebbe di circa 20€ ed equivale al consumo giornaliero di 20 famiglie [5]. In altri termini, siccome un'auto elettrica percorre circa 100km con 15kWh, per consumare la stessa energia di una sola transazione di Bitcoin dovrebbe percorrere 1000km!

La beffa è che una transizione di bitcoin può essere di qualunque entità, anche di una frazione di Bitcoin. Ad esempio se si scorre le transazioni contenute nell'ultimo blocco creato nella Blockchain, se ne possono trovare alcune del valore di 0,005Bitcoin, cioé, ai prezzi attuali circa 20€. Quindi per trasferire 20€ in Bitcoin, se ne consumano 20€ in elettricità (in Italia), anche se mediamente per i miners un costo più verosimile si attesta sui 6-7€[6].

L'unica notizia leggermente positiva in tutta questa ordalia energetica, in cui utenti in giro per il mondo letteralmente gareggiano nel consumare più rapidamente l'elettricità, è che il consumo complessivo di energia non dipende dal numero di transazioni inserite in un blocco (e quindi evase al giorno), ma dal valore raggiunto dal Bitcoin, almeno sino al 2020.

IL BIANCONIGLIO FA MOLTA, MOLTA PAURA

Ciò che relamente spaventa di più è che questa follia energetica non dia segni di rallentamento. Uno studio di Aprile del Cambridge Centre for Alternative Finance, individua un guadagno di due miliardi di dollari per i miners nel solo 2016. Il costo per il consumo di energia elettrica viene invece stimato ora in circa 1 miliardo di dollari (in realtà meno, ma stiamo conservativi). Nel frattempo nel 2017 i profitti per i miners sono ulteriormente aumentati come da figura 4.

Figura 4: indice di profitto per i miners, che tiene conto sia della retribuzione in nuovi Bitcoin, sia delle fees che vengono pagate dagli utenti per dare priorità all'esecuzione delle transazioni. Fonte: Blockchain.info.

Quindi, in modo approssimativo, si può concludere che per i miners il 2017, in assenza di un calo del valore del Bitcoin, sarà profittevole almeno 3 volte di più rispetto al 2016. Avendo già un margine netto nel 2016 ben 2 volte superiori ai costi, il punto di equilibrio già menzionato oltre al quale i miners perdono la profittabilità sarà raggiunto solo dopo un incremento di 3×3=9 volte dei consumi elettrici!  Ci possiamo aspettare spannometricamente un aumento delle potenza installata di almeno altre 8 volte ai prezzi attuali del Bitcoin.

Se l'attuale valore del Bitcoin dovesse aumentare ancora, se non altro per la spinta deflazionaria dovuta alla sua natura di risorsa scarsa e alla sua popolarità, la situazione sarebbe ancor più disastrosa in pochissimo tempo, visto che il consumo di energia elettrica attualmente ha un tempo di raddoppio di soli 6 mesi. Con un aumento del valore del Bitcoin nei prossimi due anni ad un tasso dimezzato rispetto a quello dei primi 6 mesi del 2017, il consumo di energia elettrica potrebbe raggiungere quello dell'Italia (314TWh nel 2016) al più tardi verso l'inizio del 2020 (Figura 5).

Anno T Wh/a Consumo paragonabile alla produzione elettrica di
2017 16 Tunisia (2016)
2018 64 Austria(2016)
2019 256 Italia (2016), 286TWh
2020 1024 Russia(2016)
2021 4096 Usa (2016)
2022 16384 Mondo (2016), 25.000TWh
2023 65536
Figura 5: semplice proiezione del consumo in TWh elettrici all'anno del sistema Bitcoin, considerando un tempo di raddoppio di 6 mesi, messo a confronto con la produzione elettrica (non il consumo) di vari paesi. Gli anni si riferiscono in realtà al dicembre di quell'anno e il consumo di quest'anno è stato preso dalla stima più conservativa tra le due citate, supponendo un ulteriore raddoppio da qui alla fine del 2017. Fonte: autore con dati BP Statistical Review 2017.

Certo, da una parte è impossibile che questa crescita esponenziale dei consumi continui sino a saturare tutta la produzione elettrica mondiale. Come la crescita esponenziale dei batteri in una piastra di Petri, prima o poi collasserà e lo farà probabilmente in modo clamoroso. Ci sono alcuni motivi, almeno di speranza di un rallentamento nel prossimo futuro:

In merito a questo ultimo punto c'è però da dire che per la sua natura decentralizzata, ogni modifica al protocollo Bitcoin è lenta e molto difficile [7] e nella community del Bitcoin il problema del consumo di energia… semplicemente non pare essere un problema. Quindi avanti così.

Anche la tendenza a lasciare inalterato il sistema Bitcoin e a sviluppare in sinergia nuovo sistemi di servizi basati su di esso (es. Lightenig Network) sarà del tutto inutile, anzi probabilmente dannosa, se favorirà ulteriori aumenti di popolarità del sistema Bitcoin e quindi di aumento del suo prezzo.

A peggiorare il quadro c'è poi l'esistenza di centinaia di criptovalute oltre al Bitcoin, che stanno crescendo addirittura più rapidamente: ormai hanno strappato al Bitcoin al 54% della capitalizzazione del mercato, quando solo nel marzo di un anno fa detenevano il 20%. La quasi totalità di queste criptovalute è un clone del Bitcoin per quanto riguarda il mining e l'esplosione dei consumi di energia. Ecco quindi che tutte le stime energetiche sinora qui presentate, appaiono fortemente sottostimate se si considera l'intero mercato.

Certo, prima o poi si arriverà ad un punto di equilibrio o almeno ad un rallentamento di questa folle corsa allo spreco elettrico, ma è improbabile che capiti nei prossimi due anni visti gli altissimi margini dei miners e l'enorme ecosistema di imprese e servizi che stanno costruendo il loro business sulle criptovalute. Quando un mercato arriva a capitalizzare quasi 150 miliardi di dollari, piaccia o meno, non è pensabile che si fermi da un giorno all'altro, se non altro a causa degli enormi guadagni che genera e che vi vengono reinvestiti almeno in parte.

Nel frattempo ogni aumento del valore del Bitcoin, o di una qualsiasi altra tra le centinaia di criptovalute che sono nate sulla sua falsa riga, spingerà i miners a comprare sempre più hardware in futuro e a spostarsi in segreto dove l'elettricità costa di meno (particolarmente gettonati sono i grandi invasi idroelettrici sottoutilizzati). Addirittura stanno nascendo criptovalute che cartolarizzano (e quindi finanziano), la nascita di nuove installazioni per il mining dei Bitcoin. Potremmo definirla come un esempio di "creativa distruzione ambientale".

Un aspetto paradossale è che l'intero meccanismo del mining è stato pensato per evitare che qualcuno potesse prendere il controllo della rete Bitcoin e mantenerla distribuita. Nella realtà l'estremo successo del meccanismo ha spinto in parte verso l'esatto contrario: ha permesso favolosi guadagni ai miners, che hanno favorito la creazione di grande imprese specializzate, marginalizzando la possibilità per un privato di accedere con profitto a questa attività. Questo a partire già dalla fine del 2013. In pratica il mito della decentralizzazione della valuta pur non essendo caduto, è parziale, criticato e costantemente a rischio.

Insomma il Bitcoin è una totale follia, sfuggita completamente di mano, che garantisce grandi guadagni e attira enormi capitali per perpetuare una crescente ordalia energetica nel nome del Dio della decentralizzazione della sovranità monetaria, sulla cui reale esistenza c'è qualche dubbio.

E pensare che il circuito delle carte di credito VISA, nato nel 1958, gestisce un numero di transazioni al giorno che supera di 700 volte quello del Bitcoin e consuma complessivamente 30 volte di meno[8].

Viva la tecnologia!

Note

[1] Nell'era dei pagamenti istantanei con lo smartphone ci si aspetterebbe che per trasferire denaro con i Bitocin bastino pochi secondi, ed invece servono alcune decine di minuti a causa del funzionamento intrinseco del sistema.

[2] Tutte le transazioni da quando esistono i bitcoin devono essere pubbliche per garantire il funzionamento del sistema delle transazioni, solo i conti cui fanno riferimento sono anonimi avendo un codice identificativo. A meno che non vengano usati altri espedienti, tracciare il flusso di denaro è quindi piuttosto agevole e capire chi è l'intestatario di un conto è possibile non appena i Bitcoin vengono spesi in cambio di beni reali.

[3] In realtà è un valore asintotico che non verrà mai raggiunto, come spieghiamo più avanti.

[4] In pratica, tutte le richieste di transazioni di Bitcoin che ancora non sono state registrate vengono scritte in un unico documento pubblico (un blocco della Blockchain già menzionata) e parte immediatamente un corsa contro il tempo per indovinare un segreto legato a quel documento.  L'utente che riesce a trovare il segreto per primo, 'firma' il documento(blocco) e vi inserisce il segreto mostrando al resto del sistema di essere stato il primo. Il Blocco è così aggiunto alla Blockchain e non può essere alterato da terzi successivamente perché è legato ai blocchi precedenti e sarà legato a quelli sucessivi, quindi alterarne uno in modo che sia riconosciuto pubblicamente valido dal resto del sistema Bitcoin vorrebbe dire ricalcolare tutti i segreti da quel blocco in poi, il che è impossibile perché nel frattempo continuano ad essere aggiunti nuovi blocchi. Come sarà spiegato più avanti, è necessario che l'intervallo di tempo con cui viene mediamente calcolato il segreto di un blocco sia mantenuto in un trade off (compromesso) tra la necessità di rendere il lavoro abbastanza difficile per evitare un attacco e permettere tempi di transazione della valuta intorno alla decina di minuti. Per progettazione è mantenuto sui 10 minuti.  Blocco dopo blocco, tutte le transazioni di Bitcoin tra i conti vengono così man mano registratate e pubblicate in una lunga catena di blocchi che prende appunto il nome di Blockchain. Nell'esempio della doppia spesa, l'unico modo per 'barare', sarebbe quello di registrare entrambe le spese nello stesso blocco o in blocchi consecutivi, e, d'ora in poi, trovare il segreto di tutti i futuri blocchi sempre prima di tutti gli altri utenti, cioé si dovrebbe avere la Blockchain più lunga rispetto al resto del sistema Bitcoin 'onesto'. Il che vorrebbe dire avere a disposizione almeno la stessa potenza computazionale (numero di processori che cercano contemporaneamente il segreto) di tutti gli altri utenti, cosa ovviamente praticamente impossibile. Nella realtà capiterà che un utente onesto in giro per il mondo troverà sempre il segreto prima inserendo nella Blockchain un nuovo blocco in cui è registrata la spesa ad Alibaba (e quindi non anche ad Amazon) oppure viceversa quella ad Amazon (scartando quella ad Alibaba), controllndo quindi che non avvenga una doppia spesa tra le transazioni che sta registrando con questo Blocco.

[5] Siccome nel periodo estivo in cui è uscito questo articolo il numero di transazioni di Bitcoin al giorno cala, vengono considerate le 300.000 transazioni medie del periodo gennaio-giugno 2017, mentre per il consumo elettrico si è fatto riferimento alla stima economica di Digiconomist.net che pone il consumo elettrico a 44GWh/d. Per il costo del kWh in Italia si assume 15 centesimi per le imprese. Per il consumo medio di una famiglia tipo si fa riferimento all'AEEG con 2700kWhe/a, cioé 7,4kWhe/g.

[6] Il costo del kWh è spesso intorno ai 5c€ per i miners, in quanto cercano di spostarsi in segreto in paesi a basso costo dell'energia e vicino a centrali idroelettriche di grandi dimensioni, in luoghi remoti e quindi poco utilizzate.

[7] Proprio a fine luglio 2017 si è assistito ad un aumento programmato della capacità del sistema Bitcoin di gestire le transizioni che non ha messo d'accordo tutti gli attori e ha portato allo sdoppiamento del Bitcoin in due valute (Bitcoin e Bitcoin Cash). Curiosamente queste due valute ora insieme valgono il doppio di quanto valeva prima il solo Bitcoin. Alla faccia del presunto effetto inflazionario nel creare nuova moneta! Così ora c'è spazio per i miners per guadagnare su due valute invece che su una, con tutti gli aumenti di consumi di energia conseguenti.

[8] Calcoli approssimativi ottenuti dai dati pubblicati da Digiconomist.net: 82G transazioni VISA all'anno con un consumo di 50.000/1486000  volte quello del Bitcoin.

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