27.7.17

Ikea, i mobili nascono con la stampante 3D - Repubblica.it

Ikea, i mobili nascono con la stampante 3D - Repubblica.it

Ikea, i mobili nascono con la stampante 3D

VILLAGGIOGLOBAL

VISITA AL QUARTIER GENERALE DEL GRUPPO CHE HA COMPIUTO SESSANT'ANNI E SUPERATO I 35 MILIARDI DI FATTURATO. INVESTIMENTI PER OLTRE 3 MILIARDI NEL RICICLO, NEI MATERIALI BIOCOMPATIBILI MA SOPRATTUTTO NELLE NUOVE TECNOLOGIE PRODUTTIVE

Almhult (Svezia meridionale) P uò sembrare paradossale nel mondo dei grandi distretti industriali e di Internet 4.0, ma il centro di uno dei più importanti gruppi commerciali, capace di rivoluzionare il settore dell'arredamento e del retail con il design democratico e i mobili fai da te, è ad Almhult, paesino di 1500 anime immerso nella bellissima foresta di betulle di Smaland, nel cuore della Svezia meridionale, non lontano da Malmoe. Una ferrovia che taglia in due il paese, un centro pedonale con qualche negozio, poche villette avvolte nel silenzio irreale del sole che illumina a giorno quasi fino a mezzanotte. L'atmosfera è fatata, quasi sospesa, e deve essere esattamente la stessa che qui si respirava nel 1956, poco più di sessant'anni fa, quando Ingvar Kamprad ha aperto il primo negozio Ikea, acronimo delle iniziali del suo nome più Ermytad e Agunnaryd, fattoria e villaggio dove Ingvar è nato nel 1926. In realtà aveva già fondato la società nel 1943, vendeva penne, decorazioni natalizie, vestiti, sedie. Tutto per corrispondenza. Nel 1956 sceglie di dedicarsi solo al mobilio. Fin dall'inizio il modello è l' outsourcing . Niente fabbriche e operai, nè magazzini: ancora oggi a Almhult ci sono due o tre falegnamerie che si occupano di piccole rifiniture, ma il quartier generale del gruppo è "Ikea of Sweden", il centro direzionale, sempre qui, dove quasi 2mila tra ingegneri, ricercatori e designer, provenienti da 53 Paesi,

progettano nuovi mobili e soluzioni per l'arredo. I mobili componibili fai da te nascono in queste stanze open space , senza uffici né scrivanie, dove ognuno si muove con un laptop in una mano e un caffè nell'altra con un compito preciso: il design democratico. Si inizia dai report e dalle analisi di mercato che ogni anno arrivano dai 340 store di Ikea distribuiti in 28 Paesi dall'America all'Oceania. Sulla base dei report si progettano mobili, soluzioni per l'arredamento, showroom e progetti per la casa e la domotica. Infine si mandano i progetti da realizzare ai fornitori in tutto il mondo: il primo è la Cina, che costruisce il 26% dei prodotti Ikea, il secondo rimane la Polonia con il 18%, il terzo è l'Italia dove i mobilifici, soprattutto in Veneto, Friuli e Lombardia, realizzano l'8% dei mobili del gruppo; infine la stessa Svezia con il 4%. Nei laboratori di falegnameria al pianoterra del centro di Almhult si realizzanosia prototipi che modelli commerciali innovativi: un'unità specializzata di 15 ricercatori ne progetta circa 2mila all'anno. A spiegarci come nascono i mobili dell'ultima generazione è Torbjorn Ellesson, Sustainability Manager Supply Chain di Ikea of Sweden, nella sede centrale di Armhult. L'ultimo arrivato è il mobile a incastro, senza viti né bulloni. Scompare così la brugola, una volta simbolo dei falegnami. Che oggi sono diventati designer, vestono in jeans e lavorano al pc. I tempi, d'altronde, cambiano. E infatti la vera novità di questi mesi non si può non vederla subito entrando in uno dei laboratori di Almhult: stampanti in 3D grandi come armadi costruiscono sedie e mobili in fibra di carbonio e tutti i progetti futuri puntano sul riuso e il riciclo di materie prime e vecchi oggetti da buttare. «La capacità di innovare è la base della visione di Ikea», spiega Belen Frau, amministratore delegato di Ikea Italia che ci accompagna in questa visita. «È un approccio che coinvolge strategie commerciali e prodotti». Nei prossimi mesi sarà messa in vendita la prima collezione di oggetti per la casa interamente stampati in 3D, come appendiabiti e altri oggetti di arredo. Su un altro fronte, è già disponibile la prima cucina interamente sostenibile, realizzata da una azienda veneta che a sua volta di chiama 3B, riciclando le bottiglie in plastica. Inoltre, è partita la produzione di oggetti per la casa realizzati recuperando le pellicole in plastica da imballaggio: Ikea raccoglie il materiale e lo affida a una azienda veneta, Aliplast, che lo rigranula e lo manda a un fornitore di Ikea Praga, che a sua volta lo trasforma in un tappetino da scrivania. Ma è solo l'inizio. Nei prossimi mesi saranno realizzati contenitori e oggetti per l'arredo ottenuti con il riciclo del cartone da imballaggio, mentre i ricercatori di Almuhrt stanno studiando come riusare il materiale tessile destinato alle discariche: al momento i laboratori stanno mettendo a punto un test per capire quali fibre si possono recuperare per ricreare nuovi prodotti tessili. Dopo il legno, il cotone è la materia prima più usata dal gruppo svedese e i vantaggi non sono solo in termini sociali e ambientali: riuso e riciclo significa abbattere i costi di approvvigionamento, trasporto e reperimento delle materie prime. «Il potenziale in termini di risparmio è difficile da stimare ma è enorme», dice Stefano Brown, Sustanaibility Manager. «La convenienza è nel costo delle materie prime, che ovviamente crolla, ma anche della produzione e del trasporto. E il risparmio è anche per il consumatore». Sostenibilità, design democratico, welfare alla portata di tutti: sono le parole più ascoltate all'interno dell'azienda guidata dal Ceo Peter Agnefjall, che dal 1° settembre lascerà il posto a Jesper Brodin. L'anno scorso Ikea ha superato i 35 miliardi di euro di fatturato, con 4,2 miliardi di utili e oltre 3 miliardi di investimenti nel riuso e del riciclo. Auricolari e slides alla mano, Brown presenta il rapporto annuale a Hubhult, il secondo centro direzionale del gruppo. Stavolta siamo in centro a Malmoe, in un ufficio specialmente attrezzato per le teleriunioni di lavoro di un gruppo che conta 350mila dipendenti, definiti "coworkers", ovvero colleghi: tutto molto global, digital e innovativo. Superato lo stretto, a Copenhagen, c'è il terzo terminale della mission ecosostenibile di Ikea: è Space 10, uno studio di architetti e ricercatori visionari impegnati a studiare progetti per un arredamento e uno stile di vita autosostenibile. Space 10 sorge nel quartiere degli ex macelli e mercati di Copenaghen, riqualificato grazie a un programma di rigenerazione urbana con locali, centri di sharing economy e altri hub di ricercsa e sviluppo su smart city. Orti casalinghi, mobili e oggetti usati e riprocessati, zero rifiuti e mobilità alternativa: Ikea, legata da un accordo di collaborazione con Space 10, segue così il sogno della comunità indipendente e autosostenibile al 100%: a Barcellona è partito un primo progetto sperimentale, nei prossimi mesi potrebbe ripetersi in Italia. Un altro progetto presentato da Ikea e Space 10 è Growroom, un padiglione a forma di sfera fatta di fogli di condensato prodotti nei laboratori di Space 10, dove una volta c'erano i macelli della carne: ora si fanno cucine portatili, arredi da giardino in grado di entrare in un salotto, strutture in legno per la coltivazione idroponica, piccole serre smontabili dove porodurre verdure o piscine dove navigano pesci. A spiegarci la casa del futuro è Simon Caspersen, responsabile delle comunicazioni di Space 10: Growroom è progettato per essere montato e smontato con facilità e studiato per produrre acqua, luce e viveri, in particolare vegetali, con un orto verticale di 2,5 per 2,8 metri: è chiamata dai creativi di Space 10 "biosfera" ed è in sostanza una piccola isola ecologica portatile autosostenibile. In altri termini, secondo Ikea e i visionari di Space 10, saranno queste le nuove "case del futuro". Chissà se arriveranno anche in Italia. All'Ikea non lo escludono.

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