Sui pannelli solari l'assemblea può solo stabilire le modalità
L'assemblea non può negare l'autorizzazione a un condomino di installare sul tetto comune dell'edificio i pannelli solari per la produzione di energia a suo uso personale. Può solo limitarsi a prescrivere adeguate modalità alternative di esecuzione dell'intervento, se questo comporta la modifica delle parti comuni, o a imporre le opportune cautele a salvaguardia delle stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell'edificio: il tutto con una delibera che deve essere approvata con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti in assemblea e i due terzi del valore dell'edificio.
Con le stesse maggioranze può decidere sulla ripartizione dell'uso delle parti comuni interessate dalla posa dei pannelli solari, nel caso in cui più condomini ne facciano contestuale richiesta. Lo ha chiarito il tribunale di Milano che, nella sentenza 11707 del 7 ottobre scorso, ha applicato le disposizioni dell'articolo 1122-bis del Codice civile, introdotto dalla riforma del condominio (legge 220/2012).
Il caso è stato sollevato da un condomino, che aveva impugnato la decisione con cui l'assemblea gli aveva vietato – sulla base di generiche e non provate problematiche inerenti alla lesione del decoro architettonico e della stabilità dell'edificio condominiale – di posizionare sul tetto comune i pannelli fotovoltaici a proprio uso esclusivo. L'articolo 1122-bis del Codice civile concede la possibilità al condomino, tra l'altro, di installare pannelli solari senza necessità di ottenere il preventivo consenso dell'assemblea, sulla falsariga di quanto disposto dall'articolo 1102, comma 1, del Codice civile, di cui l'articolo 1122-bis costituisce ipotesi applicativa.
L'intervento deve però essere eseguito in modo tale da arrecare il minor pregiudizio possibile sia alle parti comuni dell'edificio, sia alle unità immobiliari di proprietà dei singoli condomini. Tanto che l'articolo 1122-bis, al comma 3, impone al condomino di interpellare l'assemblea solo qualora le opere che intende eseguire comportino delle modificazioni delle parti comuni interessate dai lavori, obbligandolo a indicare all'amministratore il «contenuto specifico» degli interventi e le «modalità» con cui vuole porli in essere. L'assemblea, pertanto, è chiamata a intervenire solo quando l'impianto voluto dal condomino renda necessario modificare le parti comuni condominiali.
In questo caso, si applica l'articolo 1102 del Codice civile, secondo cui ciascun condomino può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Senza interpellare l'assemblea, il condomino è dunque legittimato a installare, in base all'articolo 1122-bis del Codice civile, un proprio impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili.
Nel caso esaminato, il giudice milanese ha ritenuto che il comportamento dell'assemblea, negando al condomino il consenso all'installazione dell'impianto fotovoltaico, abbia esercitato una facoltà non consentita dalla legge e abbia violato il diritto soggettivo di un condomino all'utilizzo delle parti comuni. Il tribunale ha quindi dichiarato l'invalidità della delibera dell'assemblea.
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