Depressione, una dieta per essere felici
UNA FRESCA insalata, con tante verdure di stagione, o una macedonia profumata e coloratissima possono certamente far venire il buon umore. Ma un alimento, per quanto bello a vedersi, ricco di nutrienti - nutraceutico si dice adesso - e gratificante al palato, può anche "curare" chi ha perso la felicità? La risposta la dà uno studio che viene dall'altro emisfero. Ed è positiva. Aggiungere un intervento dietetico personalizzato a pazienti in cura per depressione dà vantaggi aggiuntivi. E se si pensa che la durata dello studio - condotto da scienziati australiani e neozelandesi - è di sole 12 settimane, tempo brevissimo per valutare l'impatto di un regime alimentare, il risultato è ancora più rilevante. Così come è importante il fatto che si tratti di uno studio controllato e randomizzato. Ovvero - spiega Luigi Fontana, professore di Nutrizione all'università di Brescia e alla Washington University a St. Louis - il gold standard per capire se un intervento dietetico o meno funziona davvero, o no.Che un regime alimentare corretto identificato ormai da quasi tutti i ricercatori con quello mediterraneo - sia preventivo per molte malattie è cosa nota. Ma adesso si va oltre: la dieta può anche curare. E non solo diabete e malattie cardiovascolari ma appunto anche quelle che riguardano l'insondabile mistero delle patologie neurologiche. «E anche se non conosciamo del tutto i meccanismi - continua Fontana, autore di "La grande via", libro in cui si traccia appunto la strada verso una vita sana attraverso alimenti, meditazione e attività fisica - possiamo certamente affermare che una dieta a più alto valore qualitativo abbia effetti antinfiammatori e diminuisca l'insulinoresistenza. E adesso anche che può essere efficace nel trattare la depressione. Visto poi il consumo massiccio di antidepressivi, persino nei bambini, credo sia un buon intervento per arginare l'epidemia di malessere».
Dal punto di vista chimico il cibo - spiega Eugenio Luigi Iorio - specialista in stress os- sidativo e biochimica degli alimenti - ha una vera e propria valenza di segnale . «La curcumina per esempio - racconta Iorio - è in grado di spegnere l'infiammazione del sistema nervoso e attivare la sintesi di sostanze chimiche protettive, come gli antiossidanti, nonché di modificare il microbiota intestinale e persino di chelare i metalli pesanti, come piombo o mercurio, che sono cofattori di alcune malattie neurodegenerative. E come la curcumina anche resveratrolo e quercitina, e tutti i polifenoli di frutta e verdura, sono molecole segnale in grado di dialogare direttamente con il nostro Dna consentendo alle nostre cellule di adattarsi all'ambiente. Gli omega 3 di pesce azzurro, alghe e frutta secca, hanno invece un ruolo diretto: entrano nella struttura delle membrane cellulari, soprattutto dei neuroni, e ne regolano la fluidità e anche le funzioni».
Non a caso le popolazioni più longeve, tra questi gli anziani di Okinawa o sardi, seguono una dieta con poche calorie ma ad alta densità nutrizionale. Proprio come la mediterranea. Anche se quella di questo studio secondo Andrea Ghiselli, specialista in Nutrizione del Crea - non è paragonabile alla mediterranea. «Troppe proteine e grassi, pochi carboidrati - spiega - è vero che si tratta di popolazioni che mangiano molta carne, ma un uovo e una porzione di carne al giorno è davvero troppo. E se fa bene questa alla depressione figuriamoci la nostra, che ha meno grassi e proteine...».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
No comments:
Post a Comment