Così mi faccio valutare
di Gian Andrea Pagnoni
editoriale pubblicato su La Stampa il 5/09/2014
Sono docente di scienze alle superiori, dal 2001 mi faccio valutare dai miei studenti e i risultati sono disponibili sul mio sito internet www.ilnaturalista.it di supporto alla didattica.
Non sempre prendo la sufficienza, del resto non sempre la prendono i miei studenti. Come dico ai miei studenti infastiditi, il voto non è il giudizio dato alla persona, ma l'analisi pragmatica di una prestazione. E' un modo per iniziare a chiarire quali competenze e comportamenti vanno mantenuti e quali vanno modificati al fine di raggiungere un determinato obiettivo. Non è diverso da quello che succede ad un professionista in una riunione aziendale, dove i voti sono sostituiti da ben più pericolose opinioni di colleghi e superiori.
Il metodo? Periodicamente i rappresentanti di classe raccolgono anonimamente due voti da ogni alunno, uno sulla mia efficacia relazionale e uno su quella professionale. Il primo voto mi serve a capire la qualità della comunicazione che ho con la classe, il secondo se la mia didattica è efficace. Anche studenti molto giovani non confondono le due cose e può capitare che diano voti alti alla mia capacità relazionale e bassi al metodo didattico, viceversa può capitare che mi riconoscano una buona capacità di chiarire i concetti, ma con il voto sulla relazione dichiarino di non essere a proprio agio con me. Ogni volta che la mia media scende sotto la sufficienza mi prendo un po' di tempo per chiarire con loro quali sono i problemi, faccio accordi (anche con l'aiuto delle famiglie) e procedo.
C'è un aspetto molto importante in questa valutazione alla rovescia, la comunicazione. Il voto anonimo permette ad una persona nell'età evolutiva di esprimere la propria condizione in modo chiaro e veloce, ma soprattutto permette a me di non essere deviato nell'analisi della classe dalle opinioni di chi, per carattere, è più estroverso di altri. Non ricevo solo lodi e talvolta il mio narcisismo viene messo a dura prova, ma non ho mai percepito un uso sadico e vendicativo da parte dei miei studenti, nessun dirigente ha mai richiesto il mio licenziamento e nessuna famiglia si è incatenata per pretendere la mia sostituzione. I miei voti, se presi come gli studenti devono prendere i propri, sono un modo per fare il punto della situazione e sono generalmente apprezzati dalle famiglie.
Come sempre capita a chi è molto convinto della propria impostazione professionale, non sono per tutte le stagioni. Alcuni anni fa un classe di quarta superiore, pur riconoscendomi una elevata disponibilità (voti alti nella relazione), a fine anno mi ha dato voti bassi nell'aspetto professionale (didattica). Ho faticato a farmi spiegare il motivo, ma la dinamica è poi esplosa in modo catartico. Le due rappresentanti di classe mi hanno spiegato, in modo assertivo e con maturità decisamente superiore alla loro età, che la classe era preoccupata per l'anno successivo, quello dell'esame di stato. Io ho anche una società privata di consulenza nel campo ambientale, spin off dell'Università di Ferrara. In accordo con l'art. 33 della Costituzione e con gli artt. 26-29 del Contratto Collettivo in cui si chiarisce che il profilo professionale dei docenti "è costituito da competenze disciplinari, psicopedagogiche, metodologico-didattiche, organizzativo-relazionali e di ricerca, documentazione e valutazione tra loro correlate ed interagenti, che si sviluppano col maturare dell'esperienza didattica, l'attività di studio e di sistematizzazione della pratica didattica" il mio metodo educativo è una applicazione didattica della mia vita professionale, e non è tradizionale. Gli studenti di quella quarta erano quindi legittimamente e comprensibilmente preoccupati che una metodologia didattica non standard potesse influire negativamente sull'esito all'esame di stato.
Un docente di spessore è prima di tutto un essere umano di spessore e ci sono dei limiti di compromesso che non vanno superati. Un docente deve continuare a mettersi in discussione per migliorare la propria professionalità, ma deve essere chiara la differenza tra ascolto attivo e sottomissione. Non deve dimenticare la gerarchia, ne a chi rimane la decisione finale e la responsabilità. Feci vedere loro che dai voti delle due quinte che stavo portando all'esame non emergevano timori in tal senso, ma subito dopo andai dal dirigente a chiedere se l'anno successivo avesse potuto assegnare alla classe un collega con una impostazione didattica più tradizionale.
Quando vedo per strada gli studenti di quella classe mi salutano in modo affettuoso. Anche in questo caso la valutazione datami, anche se parzialmente negativa, è servita (a me e a loro) per capire le reciproche esigenze e permettere alla scuola di prendere decisioni che hanno migliorato sia il mio che il loro percorso.
Non ho mai capito a fondo il fastidio che alcuni colleghi provano quando discuto dei miei voti con gli studenti. In fin dei conti la mia valutazione migliora la qualità della mia vita sul luogo di lavoro, perché fa emergere conflitti che altrimenti faticherei ad individuare. Quando gli studenti capiscono che non è un gioco, non sempre lo fanno volentieri. Infatti nella discussione che segue hanno l'onore e la responsabilità di scendere a patti con me.
In un periodo in cui sulla maggior parte dei lavoratori del privato aleggia costantemente la perdita del posto di lavoro, il settore pubblico e soprattutto i docenti dovrebbero dare esempi importanti. Dovrebbero capire che la valutazione dei docenti non è un modo per essere facilmente licenziati, ma è un modo per interpretare dinamiche, per prendere decisioni, per assegnare responsabilità e (anche con l'aiuto di esperti e del dirigente) per dirimere conflitti in un momento in cui c'è particolarmente bisogno di rasserenare gli animi.
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