23.10.17

In bici nelle quattro valli bergamasche

In bici nelle quattro valli bergamasche

In bici nelle quattro valli bergamasche

AGGIORNAMENTO 23 OTTOBRE 2017: A causa di una frana alcune strade indicate in questo percorso sono inagibili e saranno riaperte non prima del 28 ottobre.

Varese e provincia hanno la "Tre Valli Varesine", Bergamo poteva restare indietro? Assolutamente no. Ho quindi dato vita alla "Quattro Valli Bergamasche". (In rigoroso ordine alfabetico: Val Brembana, Val Brembilla, Vall'Imagna e Val Taleggio).

Il punto di partenza ed arrivo è obbligato visto che sono in vacanza in quel di Rota d'Imagna (Rota ha dato i natali a Giacomo Quarenghi rinomato architetto e pittore vissuto tra il XVIII ed il XIX secolo, molto attivo a San Pietroburgo).
Siamo nel pieno di un'estate molto calda (2017) e quindi parto presto nel tentativo di risparmiarmi qualche grado Celsius di troppo. Alle sei di mattina inizio i tre chilometri di bella discesa che mi conducono a Sant'Omobono.
Dopo Sant'Omobono e fino ad Almenno San Salvatore la discesa è meno accentuata, bisogna anche pedalare. Appena dopo il cartello che indica l'inizio del paese citato giro a sinistra per Clanezzo.
Dal ponte che scavalca un torrentello che sbuca nel Brembo si può notare l'antico ponte di Attone (Attone di Guiberto fu l'ultimo conte di Lecco, sembra che morì poco prima dell'anno 1000).

Appena superato il ponte moderno ecco che a sinistra appare il Castello di Clanezzo (risale al medioevo e venne ricostruito nel XVII secolo, è in bellissima posizione, ben tenuto e oggi viene impiegato per ricevimenti e feste private).

Il Brembo scorre più in basso alla mia destra, c'è poca acqua e si vedono lunghi e larghi tratti di greto, le previsioni non danno pioggia per ancora molti giorni, forse andremo incontro a periodi di razionamento acqua (troppa ne sprechiamo inutilmente).
La strada prosegue in saliscendi continui e mi porta ad attraversare Ubiale, ancora 3 chilometri e poi a sinistra per Zogno calcando la SP23 che scorre in basso rispetto alla statale 470 che la sovrasta dal suo lungo viadotto.
Per prendere la ciclovia -Valle Brembana- supero la stazione autobus (sulla destra) e all'edificio corrispondente alla vecchia stazione treni (inconfondibile) giro a destra e poi subito a sinistra ed infine sempre dritto, il Brembo è alla mia destra.

La pista è ben tenuta, si trovano fontanelle e occorrendo anche riposanti panchine; è stata ricavata riutilizzando il vecchio sedime ferroviario e conservando anche le vecchie stazioni (Zogno docet). Poco prima di Ambria e della deviazione a destra per Fonte Bracca ne trovo un'altra.

Poco dopo la stazione qui a fianco, tramite un ponte in legno, la pista mi porta sull'altra sponda del fiume (la sinistra orografica). Resto su questa sponda del fiume e in poco tempo mi trovo a San Pellegrino, la "patria" della più famosa acqua minerale italiana. Tanto famosa che siamo riusciti a venderla ad una società straniera (Nestlè) perdendo ancora un'altra eccellenza tutta italica, che bravi!

Ad aspettarmi in paese c'è il Grand Hotel di San Pellegrino (oggi in ristrutturazione conservativa, in pratica sistemano solo quello che è indispensabile per non farlo crollare).

E' un imponente edificio in stile Liberty inaugurato nel 1904, si compone di sette piani e 250 stanze! Era dotato di luce elettrica, ascensori, acqua potabile e persino il telefono in tutte le camere.
Di fronte al Grand Hotel, sull'altra sponda, c'è il Casinò. Anch'esso in stile Liberty è coetaneo del Grand Hotel. Ha cessato l'attività nel 1946, oggi viene usato per ogni tipo di evento pubblico o privato.

Lascio quella che fu una delle capitali del Liberty in Italia (Il Liberty viene indicato anche come Art Nouveau o stile floreale. Il periodo di diffusione va da fine Ottocento ai primi anni del Novecento) e riprendo la pista ciclabile.

I pochi chilometri che separano San Pellegrino da San Giovanni Bianco sono ancora sul Brembo e non hanno difficoltà particolari, c'è invece una lunga e scenografica galleria con ancora il rivestimento in pietra. Nessun problema per l'illuminazione…si accende al passaggio. Occhio al freddo, la differenza tra esterno ed interno è notevole (Il tracciato dell'ex ferrovia che oggi è utilizzato come pista ciclabile entrò in servizio, come ferrovia, nel 1906 collegando, prima, Bergamo con San Pellegrino Terme, poi, dopo altri 20 anni, raggiungendo Piazza Brembana. La strada ferrata rimase in vita fino al 1966).

Poco prima di San Giovanni Bianco cambio sponda del Brembo, ora è alla mia destra e mi porta fino al Piazzale degli Alpini (supermercato Migross a sinistra), qui vado a destra in via Roma e sbuco sulla SS 470; giro a sinistra e dopo 200 metri ancora a sinistra per la Val Taleggio.

I primi tre chilometri scorrono via bene, la valle non sembra eccessivamente stretta e sembra non diventarlo ma poco prima dell'imbocco della galleria -Le Gole- (nomen omen) il panorama comincia a cambiare, le rocce si fanno d'appresso e il torrente Enna inizia a far sentire la sua voce.
Forse la galleria -Le Gole- potrebbe essere evitata con una straducola alla sua sinistra ma non l'ho verificato, l'assoluta mancanza di auto mi ha consentito di percorrere tutto il tunnel in totale solitudine.
Dopo la galleria e per due chilometri è emozione allo stato puro, le rocce sono così vicine che il sole fatica ad illuminare la strada; il senso di oppressione e schiacciamento è controbilanciato dalla consapevolezza che la natura può regalarci sorprese bellissime, è come percorrere una galleria senza volta con le pareti appena abbozzate.

Non ho ancora completamente assimilato lo stato di grazia che i due chilometri mi hanno regalato ed ecco, finalmente, la vera salita.
Con l'erta arriva anche il cambiamento di panorama: la strada si allarga e si scorgono le cime delle montagne con i boschi che le ricoprono. Sicuramente meno affascinante del tratto precedente ma pur sempre bello.
Giungo ad Olda e mi butto a capofitto in discesa, circa 2 chilometri, in direzione Gerosa/Brembilla.

La discesa finisce al ponte sull'Enna. E' un ponte che mi riporta alla mente le opere dei genieri militari…è infatti un ponte Bailey (origine militare, prende il nome dall'ingegnere inglese Donald Bailey. Nella seconda guerra mondiale li usavano per sostituire i ponti distrutti) messo in opera per rimpiazzare il ponte originale distrutto da una frana il 19 marzo 2014.

Per alleggerire il manufatto il piano stradale è realizzato in maglia d'acciaio, ci guardo attraverso fino al greto del torrente e ne ricavo una sensazione "traballante", ma sicuramente il ponte è solido.
Lascio il ponte a fluttuare tra sponda e sponda e ritrovo il solido e sicuro approdo della nuova salita che mi porta a Peghera; la strada sale e consente colpi d'occhio sulle Prealpi lombarde.

Con questo cartello capisco che la salita è finita e che lascio la Val Taleggio per entrare in Val Brembilla.
Scendo verso Gerosa e qui, al termine della discesa e prima di entrare nel paese, c'è una freschissima fontana che merita una sosta.

A Gerosa, grazioso paesino, accade una cosa strana alla faccia della tanto sbandierata legge che introduce il reato di propaganda fascista:
premessa – il comune di Gerosa dopo poco meno di 70 anni è confluito nel comune di Brembilla, insieme hanno preso il nome di Val Brembilla.
Ebbene in quasi sette decenni gli Amministratori di Gerosa e in tre anni gli Amministratori di Val Brembilla non hanno trovato il tempo e la voglia di notare che sull'edificio dell'acquedotto civico di Gerosa fa bella mostra di se un chiaro rimando all'era fascista (da notare che le sottolineature nere non sono opera mia ma presenti in originale!!!).

(certo che le vernici di una volta…)

Al contrario delle scritte che resistono alle intemperie l'asfalto della strada che da Gerosa porta a Blello è imbarazzante, forse gli stessi Amministratori che non hanno tempo per vedere quanto sopra non hanno notato, ovviamente, lo stato pietoso in cui versa la strada! NO devo contraddirmi hanno visto benissimo e hanno risolto il problema piantando un cartello che recita: "strada non collaudata". Peccato che ci passano abitualmente anche auto e furgoni.
Da Blello è possibile ammirare il profilo del Castel Regina e i suoi 1424 metri.

Ora entro in Berbenno e poi discesa fino a Sant'Omobono Terme che saluto affrontando gli ultimi tre chilometri di salita con cui concludo la giornata.
Le valli percorse in ordine di viaggio sono: Vall'Imagna, Val Brembana, Val Taleggio, Val Brembilla ed ancora Vall'Imagna per un totale di 75 chilometri fatti con condizioni meteo eccellenti.

Mi raccomando tutti presenti alla prossima edizione della "Quattro Valli Bergamasche".

16.10.17

Netflix, i trucchi per usarlo meglio: dal binge watching di coppia alle categorie nascoste - Repubblica.it

Netflix, i trucchi per usarlo meglio: dal binge watching di coppia alle categorie nascoste - Repubblica.it

Netflix, i trucchi per usarlo meglio: dal binge watching di coppia alle categorie nascoste

Netflix, i trucchi per usarlo meglio: dal binge watching di coppia alle categorie nascoste
I CENTO milioni di utenti attivi li ha superati la scorsa estate. E da poco ha ritoccato al rialzo gli abbonamenti di seconda e terza fascia. Netflix ha ormai rivoluzionato il modo in cui godiamo di serie e film, consegnando il vecchio palinsesto all'archivio del broadcasting e regalando agli utenti-telespettatori totale libertà di scelta e organizzazione del proprio tempo libero. Se non bastassero le funzionalità disponibili di base, esiste una serie di (onesti) trucchi che consentono una personalizzazione assoluta. E aumentano il divertimento.

Se vivete una storia a distanza, o magari seguite da sempre una serie con un amico che tuttavia abita altrove, potete sincronizzare in modo perfetto la riproduzione con un'estensione per il browser Chrome, Showgoers: genera un codice d'invito che, utilizzato per loggarsi a Netflix, orchestra pause e salti in avanti, anche per gruppi di amici. Garantendo che tutti restino allo stesso punto. Qualcosa di simile a Rabbit, disponibile anch'esso come estensione Chrome (fino a 15 persone). Se invece film e serie le guardate mentre siete al pc o studiate potreste usare Helium, un "floating browser" per Mac che rimane sempre in secondo piano lasciando preminenza alla finestra di Netflix.

Non mancano i pannelli segreti per impostare al meglio ogni parametro di visione e scegliere uno specifico canale radio di trasmissione (basta premere la combinazione di tasi shift, cntrl, alt gr + S sia su Mac che pc), l'estensione per Chrome (si chiama Flix Assist) per rimuovere la domandina periodica che la piattaforma sottopone agli utenti ogni due episodi e perfino il modo per recuperare il vecchio sistema di rating a cinque stelle, sostituito dai Like di apprezzamento all'inizio del 2017: si fa con Rateflix (Chrome, aggiunge la votazione di Imdb e Rotten Tomatoes) o Imdb Ratings for Netflix.

Forse una delle chicche più divertenti è entrare nei meandri di serie e tv navigando per microcategorie molto precise, al di là dei macrogeneri proposti da Netflix. Un esempio? Inserendo il codice 12443 nella barra di ricerca usciranno tutti i film dedicati alla boxe, con 5507 tutti quelli di fiabe che coinvolgono animali, con 3652 i documentari biografici e così via. I codici cambiano spesso e l'intera lista si può consultare qui. Se è troppo impegnativa, l'estensione Enhancer for Netflix spacchetta la library direttamente nell'interfaccia della piattaforma.

Altri servizi, come JustWatch, VODSpy o What's New on Netflix tengono invece aggiornati gli utenti sulle novità inserite in catalogo (e su quelle rimosse) mentre pochi sanno che nella pagina di gestione dei sottotitoli, all'interno del proprio account, se ne possono decidere il carattere in una scelta limitata, le dimensioni e il colore, oltre ad altri dettagli. Se invece il dubbio è sapere se qualcuno sta sfruttando il tuo account basta dare un'occhiata all'attività di visione, una delle voci del proprio account, o ad accessi recenti all'account.

Fra le altre chicche, si può avanzare a Netflix una richiesta sul titolo o la serie che si vorrebbe trovare, prima o poi, a disposizione. E se siamo troppo disorientati affidarci a una specie di gioco: Netflix Roulette, che pesca a caso un titolo in base a pochi parametri come attore preferito o genere. Si chiude con una serie di scorciatoie da tastiera molto utili per chi in particolare da laptop. Con la barra spaziatrice o il tasto Enter si attiva e ferma la riproduzione, così come con i tasti Page Up (verso l'alto) e Page Down (verso il basso). Cliccando il tasto F si passa alla modalità a schermo interno e con Esc se ne esce mentre premendo Shift + freccia a sinistra si torna indietro veloce e shift + freccia destra si va avanti rapidamente. Il volume si gestisce con le frecce che puntano in alto e in basso mentre con M si mette il muto. Buona visione.

12.10.17

L’allarme dell’Antimafia sulla ‘Ndrangheta in Lombardia: “E’ diventata un moderno franchising criminale” – Business Insider Italia

L'allarme dell'Antimafia sulla 'Ndrangheta in Lombardia: "E' diventata un moderno franchising criminale" – Business Insider Italia

L'allarme dell'Antimafia sulla 'Ndrangheta in Lombardia: "E' diventata un moderno franchising criminale"

«Un comune al servizio dei clan». Così i magistrati della Direzione distrettuale antimafia (DDA) di Milano e della procura di Monza avevano commentato l'ennesima inchiesta su appalti e 'Ndrangheta in Lombardia. L'indagine era quella che ha azzerato il comune di Seregno il 26 settembre scorso, quando finirono in carcere il sindaco, Edoardo Mazza, diversi assessori, tecnici dell'amministrazione, imprenditori e giovanissimi boss di origine calabrese. Al di là dell'inchiesta in sé, a colpire furono le parole del pm Alessandra Dolci: «La mafia non è silente. Non lo è al Sud e nemmeno al Nord. È così poco silente che nella piazza centrale di Cantù ci sono pestaggi, violenze e soprusi della 'Ndrangheta senza alcun ritegno».

Alessandra Dolci con Ilda Boccassini. Imagoeconomica

Il riferimento era ai comportamenti del giovane boss Giuseppe Morabito (figlio di Domenico e nipote di Giuseppe, detto "u Tiradrittu"), che con i compari Rocco Depretis, Bruno Staiti ed Emanuele Zuccarello – tutti giovanissimi appartenenti alla "locale" (cioè al clan 'ndranghetista) di Mariano Comense – per anni ha imperversato nel territorio di Cantù.

A dimostrazione che non solo la Lombardia è terra di 'Ndrangheta seconda solo alla Calabria, ma che ormai non è neanche più una presenza occulta. A Cantù, tutti conoscevano "i Calabresi", tutti sapevano cosa facevano per vivere, nessuno poteva ignorare i piccoli boss che si comportavano come quelli di San Luca (Rc). Nessuno però ha mai denunciato. A Seregno in migliaia hanno votato un sindaco che si era fatto campagna elettorale nella panetteria Tripodi, di Antonino Tripodi, arrestato nel 2010 e condannato per l'arsenale di armi dei clan che custodiva nel suo garage (in quel bar sedeva anche l'ex presidente della Regione Lombardia, Mario Mantovani).

Da anni ormai i magistrati della DDA di Milano, guidati da Ilda Boccassini, lanciano l'allarme, ma ancora la società civile del ricco Nord appare sorda, se non connivente. Si legge nella "Relazione della DIA sulle attività e i risultati del 2°semestre 2016": tra le condizioni «di contesto che hanno consentito il radicamento della 'ndrangheta in Lombardia vi è la disponibilità del mondo imprenditoriale, politico e delle professioni a entrare in rapporti di reciproca convenienza con il sodalizio mafioso».

In quelle pagine gli investigatori raccontano come «gli interessi delle cosche sul territorio si sono stratificati nel tempo, rivolgendosi all'edilizia, alla ristorazione e alla gestione di locali notturni, attività, tra le altre, che, unitamente al traffico di stupefacenti, hanno permesso alla 'Ndrangheta di consolidare viepiù l'azione di infiltrazione ed il processo di radicamento nel tessuto sociale, istituzionale ed economico, spesso attraverso la compiacenza, il sostegno reciproco e, non ultimo, l'assoggettamento di soggetti appartenenti alle istituzioni e al mondo imprenditoriale».

Pagine che raccontano di come centinaia di cellule cancerose stiano attaccando l'economia del Nord Ovest. Incessantemente. Un'infezione che gli inquirenti tentano di bloccare, ma senza trovare appoggio nelle vittime, le quali spesso preferiscono unirsi agli 'ndranghetisti – un abbraccio che si rivela sempre mortale – piuttosto che denunciare.

A riprova del costante impegno degli investigatori, basta guardare le inchieste si 'Ndrangheta portate avanti nella sola Lombardia nel 2016: "Reghion", "Six Towns", "Rent", "Nexum", "Lex" e "Underground".

Indagini che hanno colpito duro, spesso partendo dai patrimoni, tanto che la Lombardia è la quinta regione italiana per beni confiscati alla criminalità. I dati sono contenuti nel "Bilancio Sociale del Tribunale di Milano 2016", dove si legge: «Secondo il Ministero della Giustizia, alla data del 30 settembre 2015, in Lombardia risultano 55.897 beni confiscati al crimine organizzato, di cui 22.953 confiscati definitivamente (9.013 immobili e 1.328 aziende), per un valore stimato al 30 settembre 2013, pari a 859.508.000 Euro». E ancora: «da luglio 2015 a giugno 2016 sono stati sottoposti a sequestro beni mobili ed immobili per un valore complessivo di Euro 24.335.496, mentre risultano colpiti da provvedimento di confisca di primo grado beni per un valore di Euro 19.975.782. Nel precedente anno giudiziario si sono sequestrati beni per un valore pari a Euro 106.941.272 e confiscati beni per Euro 12.645.478. Nell'anno 2013-14 i sequestri ammontano a Euro 11.270.624 e le confische a Euro 22.720.000».

Risultati enormi, ma comunque insufficienti considerata la forza del nemico da combattere: secondo le risultanze processuali – sentenze che hanno passato il terzo grado di giudizio – , oggi in Lombardia sono attive 18 Locali: a "Bollate, Cormano, Milano, Pavia, Corsico, Mariano Comense, Seregno-Giussano, Desio, Rho, Pioltello, Legnano, Erba, Bresso, Limbiate, Canzo e Solaro, Cermenate, Calolziocorte e Fino Mornasco», scrive la DDA.

Ma qui si parla solo di "cosa giudicata" – fondamentale a questo proposito la pronuncia della Cassazione del 6 giugno 2014 sul procedimento "Infinito", che nel 2010 portò in carcere 300 tra boss e affiliati, 160 solo in Lombardia e che squarciò definitamente il velo sulla 'Ndrangheta del Nord – , in realtà, le Locali lombarde sono molte di più.

La lista delle famiglie della sola provincia di Milano – assolutamente non esaustiva – annovera: i Barbaro-Papalia (Corsico, Buccinasco, Trezzano S.N., Rozzano, Assago, Settimo M.); i Mancuso (Monza, Seregno, Carate Brianza); i Coco-Trovato (Lentate sul Seveso, Cormano, Bresso); gli Iamonte-Moscato (Desio); gli Arena, Nicolosi, Paparo (Cologno, Cernusco S.N., Bresso, Gorgonzola, Segrate); i Novella, Gallace, Mandalari (Rho, Pero, Bollate); i Mangeruca (Cornaredo); i Valle, Imerti-Condello (Bareggio, Cisliano); i Pangallo (Motta Visconti); gli Sgambellone e i Callipari (Castano Primo, Cuggiono, Inverno); i Rispoli, i Farao e i Marincola (Legnano); i Nirta (San Colombano a.L.); i Facchineri (Lacchiarella).

La presenza mafiosa a Milano e provincia e in Lombardia nel 2009. La grafica è elaborata dalla redazione di MilanoCronaca sulla base degli ultimi rapporti dello Sco, dei carabinieri dei Ros e della guardia di Finanza. Cliccare sulla mappa per ingrandire. MilanoMafia.com

Ma altre Locali sono testimoniate a Canzo, Mariano Comense, Erba, Pavia (Pizzata, Neri, Mazzaferro), Cremona (Piromalli, Grande Aracri, Ferrazzo); Sondrio (Bellocco); Lecco (Coco-Trovato, De stefano); Como (De Stefano), Varese (Morabito, Falzea); Brescia (Facchineri, Bellocco), Bergamo (Facchineri, Bellocco, Mazzaferro); Lodi (Agresta, Garreffa).

Un elenco sterminato, frutto di una penetrazione iniziata nei primi anni '50. Quando parliamo di 'ndrine lombarde, si deve avere chiaro che a ogni Locale del Nord, corrisponde un proprio omologo clan in Calabria dal quale deriva con analoga struttura.
A raccontare come le famiglie si siano prima radicate, poi strutturate e infine abbiano trovato un proprio equilibrio con la "casa madre" calabrese, sono i magistrati nelle oltre 1.000 pagine dell'indagine su Seregno.

Leggi anche: Il vero volto della mafia nigeriana, che ha in pugno la prostituzione in Italia

I clan in Lombardia

Il fenomeno inizia con un primordiale insediamento nel territorio comasco di cellule provenienti da Giffone (RC). All'inizio sono picciotti che si trasferivano temporaneamente al Nord in estate per fare poi ritorno in Calabria a fine stagione, poi gli insediamenti si fanno continuativi. Da quel momento fino a metà anni '70 il processo di colonizzazione sarà irrefrenabile.

Un anno di snodo è il 1976, quando il "Crimine di Polsi" – il consiglio dei boss calabresi che si riunisce ogni anno presso l'omonimo santuario di San Luca (Reggio Calabria), dove leggenda vuole sia nata la 'Ndrangheta -, per mettere ordine, impone la creazione della "Camera di Passaggio", organo dotato di gerarchia interna (Il Capo, Il Contabile, Il Maestro Generale) col compito di sovraintendere alla nascita di nuove "locali" e al loro eventuale accreditamento in Calabria. A gestirla sono Raffaele Iaconis (il Capo), Bruno Iaria (il Contabile), Pasquale Zuccalà (Il Maestro Generale). Il 1976 è importante perché è anche l'anno del riconoscimento ufficiale da parte della Calabria della prima Locale di Milano.

01/09/2015 San Luca, Calabria. Migliaia di devoti partecipano alla processione di Santa Maria di Polsi. La statua della madonna viene portata in spalla dai confratelli pescatori di Bagnara. AGF

Tutto procede liscio fio alla fine degli anni '80, quando uno dei capi più potenti del Nord, Giuseppe Mazzaferro, boss di Cornaredo, inizia a farsi portatore di istanze indipendentistiche dalla Calabria. È lui che per primo riesce a federare quasi tutte le Locali lombarde, sottoponendole alla "Camera di Controllo". A differenza della "Camera di Passaggio" (nel mondo 'ndranghetista le parole contano), quella di Controllo era sovraordinata alle singole locali, dispensava "le doti" (dava i gradi agli affiliati) e autorizzava nuove locali, ma non rispondeva alla Calabria.

Ne facevano parte le Locali di Milano, Monza, Como, Varese, Appiano Gentile, Cermenate, Fino Mornasco, Mariano Comense, Senna Comasco, Varedo, Seregno, Calolziocorte e Lumezzane. In tutto oltre 300 picciotti che improvvisamente smettono di riconoscere obbedienza cieca a Polsi. Le regole da osservare erano comuque le medesime: «omertà, gerarchia delle doti, obbedienza e dipendenza a una struttura sovraordinata che governava le singole Locali, ricompensando le "Virtù" (omertà e solidarietà), conferendo "cariche" e "doti" più elevate», si legge nelle carte dei magistrati.

Mazzaferro non riuscirà a portare a termine il suo progetto autonomista, finirà infatti in carcere il 15 giugno 1994, insieme ad altre 370 persone sparse tra Milano, Brescia, Como, Varese, in quella che è stata la prima indagine contro la 'Ndrangheta nel Nord: l'inchiesta "I Fiori della notte di San Vito".

In manette finiscono picciotti e boss, ma anche insospettabili: primari ospedalieri, infermieri, poliziotti, carabinieri e guardie carcerarie. Un'inchiesta storica, perché ha il merito di aver sancito per la prima volta a livello giudiziario che quella sgominata era: «un'associazione di tipo mafioso in quanto diretta emanazione della 'Ndrangheta calabrese e finalizzata a commettere delitti, in particolare commercio si sostanze stupefacenti, traffico di armi, rapine, estorsioni ed omicidi; associazione per altro autonomamente organizzata in Lombardia mediante la formazione di un clan regionale avente funzione direttiva rispetto a strutture sottordinate, le "Locali"».

I giornali ne parlarono molto, ma l'allarme sociale fu relativo, nonostante i pentiti avessero raccontato che in Lombardia erano presenti sia membri attivi dei clan, dediti «alla commissione di delitti, sia i "Tranquilli" (gli incensurati, ndr) a disposizione dell'organizzazione per nascondere armi, droga, latitanti, o intestarsi fittiziamente beni».

Si trattava ancora di una 'Ndrangheta "acerba", dedita al malaffare tradizionale, infatti nelle patrie galere non finiscano politici o amministratori locali. L'infiltrazione negli appalti pubblici grazie all'alleanza con la politica e gli affari è ancora in là da venire. Come invece si scoprirà sistematicamente nelle inchieste successive. Manca ancora il cosiddetto "Capitale sociale" delle 'ndrine, imprenditori, professionisti, pubblici funzionari che rappresenta oggi il principale asset per il successo dei clan, come l'inchiesta di Seregno ha dimostrato.

L'istanza autonomista di Mazzaferro sarà comunque fatta propria da un altro potentissimo boss, Carmelo Novella, determinato a rompere definitivamente con la Calabria. Un afflato indipendentista che non poteva piacere a "quelli di giù", che infatti per tutti gli anni '90 e i primi anni 2000 «avallavano la differenza di peso delle "doti" degli affiliati calabresi rispetto a quelle di cui venivano investiti i lombardi e si mostravano restii a estendere le più importanti cariche ai rispettivi omologhi nell'Italia settentrionale», scrivono i magistrati.

Ma un ventennio di conflitto sotterraneo sull'asse Calabria-Lombardia non poteva essere tollerato, perché il conflitto danneggia gli "affari". E così nel 1998 viene organizzato un summit in Aspromonte, durante il quale si sancisce la riunificazione tra Nord e Sud: «l'unificazione vera e propria è avvenuta quando si sono unificati tutti i "Locali" e con la cosa, la direzione della Lombardia, compare. Perché se non c'era l'accordo con la Lombardia, non c'era neanche l'unificazione in Calabria», dirà intercettato l'ndranghetista Pasquale Errante a Filiberto Maisano il 5 settembre 1998.

Il progetto autonomista naufragherà definitivamente il 14 luglio 2008 quando Novella sarà ucciso in un bar di San Vittore Olona da due sicari della famiglia dei Gallace.

È da questi presupposti che nasce "La Lombardia", l'organo di coordinamento collegato direttamente con la Calabria che riunisce le Locali del Nord in «una struttura federale a livello regionale, la quale a sua volta risponde all'organismo di vertice calabrese denominato "Crimine" o "Provincia"», che prende il posto delle varie Camere di Passaggio e quella di Controllo.

I magistrati la descrivono come un: «ente autonomo nel territorio lombardo, a vocazione territoriale e federativa, rappresentativo degli interessi criminale calabresi e composto da singole "Locali" dislocate nell'intera regione lombarda verso le quali esercita un'azione di organizzazione e coordinamento, risoluzione dei conflitti e altresì – fatto più che decisivo – ne assume la rappresentanza nei rapporti con la Calabria».

A capo della "Lombardia" naturalmente si sono succeduti i boss più importanti: Cosimo Barranca (fino al 15/08/2007), Carmelo Novella (dal 15/08/2007 al 14/07/2008, data della morte per omicidio), Pasquale Zappia (dal 31/08/2009).

Leggi anche: Il malaffare intorno agli appalti Expo: politica, tangenti e 'Ndrangheta

La 'Ndrangheta oggi

Dopo l'assassinio di Novella, tutti sentono il bisogno di darsi regole chiare. A elaborarle è, naturalmente, la Calabria, mentre a spiegarle a tutti i capi delle Locali lombarde è il boss di Pavia, Pino Neri, durante il famoso summit del 31 ottobre 2009 nel centro Falcone e Borsellino di Paderno Dugnano (in Lombardia, da quando ci sono indagini sulla 'Ndrangheta, si sono registrati 13 summit a livello di "Lombardia" e 28 summit di "locali").

Quello al quale riescono ad assistere in diretta audio e video i carabinieri non è una semplice "mangiata" (così si chiamano le adunanze dei boss). È la firma dell'armistizio tra Nord e Sud. Il patto di sangue che segna la nascita della 'Ndrangheta così come abbiamo imparato a conoscerla. Alla riunione partecipano tutte le Locali, due elementi per ogni clan. A organizzarla è Vincenzo Mandalari, il quale tiene molto alla segretezza, tanto che nemmeno i partecipanti devono sapere luogo e orario dell'incontro. Infatti impartisce ordini chiari: «Noi l'appuntamento lo diamo a tutti quanti alle Giraffe, (il cinema multisala, ndr) perché poi noi sappiamo come funziona, tutti si mettono al telefono… Invece gli diciamo vai alle Giraffe, davanti all'entrata principale, aspetta là che qualcuno arriva (…) Quindi noi prendiamo a uno che va, una volta con una macchina, una volta con un'altra, (…) gli diciamo lasciate la macchina qua, i telefonini lasciateli qua spenti, lasciateli in macchina e venite con me».

Alla tavolata siedono tutti quelli che contano: Arturo Baldassarre, Giuseppe Neri, Vincenzo Mandalari, Rocco Ascone, Francesco Muià e Salvatore De Marco (Locale di Bollate); Pasquale Saracina e Leonardo Saracina (Milano); Pietro Panetta, Cosimo Magnoli, Giuffrido Tagliavia, Nicola Lucà e Salvatore Ferraro (Cormano); Antionio Lamarmore (Limbiate); Alessandro Manno (Pioltello); Giuseppe Moscato e Candeloro Pio (Desio); Giovanni Ficarra (Solaro); Pasquale Zappia e Domenico Commisso (Corsico); Salvatore Muscatello detto "U vecchiu" (Mariano Comense); Luigi Vona e Giuseppe Furci (Canzo), Fortunato Calabrò e Giovanni Vitalone (Limbiate).

Pino Neri, l'emissario salito al Nord per dettare le condizioni, prende la parola e racconta di aver partecipato a una riunione "giù" durante la quale si attribuivano le "cariche" e che i presenti dicevano di avere problemi non solo in Lombardia, ma anche in Calabria, a causa della diffusa deviazione dalle regole nella "concessione di doti e nella creazione di Locali", non oggetto di approvazione della "casa madre". Mette in chiaro, cioè, che quanto è stato deciso in Calabria, vale per la Lombardia, ma vale anche per tutte Locali del resto del mondo.

Queste le decisioni prese:

  • 1) si sorvola su quanto successo in passato, ma si stabiliscono patti, regole e prescrizioni chiari per il futuro;
  • 2) Ogni dote, carica e nuova locale da quel momento avrebbe dovuto sempre essere avallata dalla Calabria, l'unica in grado di conferire legittimazione;
  • 3) Si garantisce l'autonomia di ciascuna Locale, ma tutte sono responsabili verso l'organo chiamato "Lombardia";
  • 4) Si sancisce l'investitura di un Gran Maestro che si facesse garante delle Locali lombarde e tramite dei rapporti con la Calabria (nell'occasione sarà eletto Pasquale Zappia, boss di Corsico).
  • 5) Che per un anno non ci sarebbero state né doti né sarebbero nate nuove Locali.

Le cosche lombarde, un franchising che funziona

Così è nata la moderna 'Ndrangheta lombarda. Per comprenderne la modalità di azione, si deve pensare a un'anarchia organizzata, «dove ognuna Locale è pienamente dotata di autonomia decisionale per quanto riguarda gli affari, essa però appartiene a un'organizzazione federale che agisce in rete, priva di un un carattere gerarchico-verticistico. È un arcipelago con una sua organizzazione coordinata e organi che hanno stabilità e regole specifiche», scrivono gli inquirenti. È questa la grande differenza con la mafia siciliana: non esiste un grande capo, le decisioni sono collegiali, sempre però all'interno delle regole stabilite in Calabria.

In Lombardia il "Crimine" o "Provincia" non interviene negli "affari", ma ha un ruolo decisivo sul piano organizzativo, essendo «garante delle regole basilari dell'organizzazione, quelle che caratterizzano la 'Ndrangheta in quanto tale, anche fuori dai confini calabresi. Inoltre il Crimine o Provincia nomina i capi delle Locali, sovraintende alla nascita di nuove Locali, conferisce le cariche, risolve le controversie», si legge nelle carte di Seregno.

Per capire un tale universo, l'esempio più calzante – sostenuto dagli stessi inquirenti – è quello del franchising: ogni Locale e la Lombardia possono agire autonomamente nel progetto criminoso, «fermo restando però il riconoscimento del rapporto di filiazione con la madrepatria che si esprime con l'emanazione da parte della Calabria di regole la cui osservanza è condizione necessaria perché la struttura lombarda mantenga la propria "legittimità 'ndranghetista"».

In pratica, «la Calabria è titolare del marchio 'Ndrangheta, completo del suo bagaglio di arcaiche usanze e tradizioni, mescolate a fortissime spinte verso più moderni e ambiziosi progetti di infiltrazione nella vita economica, amministrativa e politica, la quale nel tempo non solo ha autorizzato, ma incoraggiato l'esportazione di tale marchio oltre i confini regionali e anche nazionali, ma sempre riaffermando l'esigenza che le filiazioni esterne rispondano a determinati standard in assenza dei quali cessa il conoscimento da parte della casamadre e la possibilità di fregiarsi del marchio».

11.10.17

Menu vegano settimanale light e bilanciato con la nutrizionista - Vegolosi.it

Menu vegano settimanale light e bilanciato con la nutrizionista - Vegolosi.it

Menu vegano light bilanciato con la nutrizionista

La dottoressa Silvia Goggi medico chirurgo e nutrizionista specializzata in Scienza dell'Alimentazione, continua la sua collaborazione con il magazine Vegolosi.it e in questo nuovo articolo ci suggerisce un menu vegano realizzato con le nostre ricette e perfettamente bilanciato per stare leggeri e in forma.

Numerosi studi hanno dimostrato che la dieta vegana è non solo la più efficace nel trattamento di sovrappeso ed obesità, ma è anche in grado di normalizzare la glicemia, la pressione arteriosa e il colesterolo nel sangue. Questo menu vegano apporta in media 1500 kcal, che in un soggetto con un fabbisogno di 2000 kcal giornaliere (ovvero, ad esempio: una donna sovrappeso, sedentaria, di 35 anni alta 170 cm per 80 kg di peso oppure un uomo sovrappeso, sedentario, di 55 anni alto 170 cm per 78 kg) , consente una perdita di peso di circa 2 kg di massa grassa al mese.

Associare ad una dieta ipocalorica una leggera attività fisica (bastano 30 minuti di camminata a passo veloce ogni giorno) ha un duplice vantaggio: oltre a consumare più velocemente i depositi di tessuto adiposo, si mantiene trofico l'apparato muscolare e il metabolismo attivo.

Alcune precisazioni

  • I latti e gli yogurt vegetali proposti sono intesi addizionati di calcio.
  • In una dieta ipocalorica, l'utilizzo di un'acqua ricca di calcio (>300 mg/L) apporta un ulteriore aiuto al raggiungimento del fabbisogno di questo minerale.
  • Le quantità di olio che possono essere utilizzate per le ricette sono limitate e vengono indicate alla fine di ogni pasto, ma non lo sono quelle di aceto, limone, erbe aromatiche e spezie che possono essere aggiunte a piacere.
  • Per mantenere intatti gli acidi grassi omega-3, l'olio di lino va sempre messo a freddo, e non si può utilizzare per la cottura.
  • Per massimizzare l'assorbimento dei minerali contenuti in cereali e legumi, si consiglia di metterli in ammollo prima della cottura, cambiando più volte (se possibile!) l'acqua.
  • Per ragioni pratiche è possibile utilizzare legumi già pronti in vasetto, avendo l'accortezza di sciacquarli bene prima del loro utilizzo per eliminare il sale di conservazione.
  • Qualche goccia di limone sulle pietanze o spremuto nel bicchiere dell'acqua bevuta ai pasti aiuta ulteriormente l'assorbimento di ferro dai vegetali.
  • L'utilizzo del sale iodato in cucina è utile al raggiungimento del fabbisogno quotidiano di iodio (circa 1 cucchiaino raso al giorno, per un adulto).
  • Il peso degli alimenti è da intendersi a crudo, al netto degli scarti, salvo ove indicato diversamente.

Menu vegano lightLunedì

Colazione:

  • Latte di avena, 200 ml
  • con quinoa soffiata 30 g + farro soffiato 30 g + mandorle tostate 15 g

Spuntino:

  • Gallette di riso integrale, 30 g

Pranzo:

Spuntino:

  • Noci di macadamia, 15 g

Cena:

Menu vegano lightMartedì

Colazione:

  • Latte di farro, 200 ml
  • Fiocchi d'avena, 30g

Spuntino:

  • 2 mandarini, 150g (o altra frutta di stagione)

Pranzo:

  • Vellutata di carote e cannella, 1 porzione
  • Tofu strapazzato alla pizzaiola, 150 g:
    Sbriciolare il tofu compatto tra le mani, facendo fuoriuscire più acqua possibile. Metterlo in una padella dove avrete fatto appassire la cipolla in brodo vegetale, aggiungere il tofu e il sugo di pomodoro a piacere, decorare con qualche cappero e insaporire con dell'origano.
  • Patate arrosto sprint, 200 g
  • Olio di semi di lino 5 g
  • Olio extra vergine di oliva, 5g

Spuntino:

  • Crackers integrali, 30 g

Cena:

Menu vegano lightMercoledì

Colazione:

  • Caffè latte con latte di riso, 200 ml
  • Pane di segale, 30 g
  • Tahin, 15g 

Spuntino:

  • 1 pera

Pranzo:

  • Maccheroni integrali, 60 g, al ragù di cicerchie, 1 porzione (la ricetta è per 2 porzioni)
  • Insalata di spinaci novelli e carote julienne, 200 g
  • Pane di farro a lievitazione naturale, 30 g
  • Olio di semi di lino 5 g
  • Olio extra vergine di oliva, 5g

Spuntino:

  • Mandorle, 15 g

Cena:

Menu vegano lightGiovedì

Colazione:

  • Latte di soia, 200 ml
  • con miglio soffiato, 30 g e quinoa soffiata, 30 g

Spuntino:

  • Grissini all'olio, 30 g

Pranzo:

Spuntino:

  • Macedonia di frutta, 150 g 

Cena:

  • Pizzoccheri, 60 g  in crema di cardi e porri:
    Sbollentate i cardi finché non diventano teneri, fate appassire i porri in poco brodo vegetale in una padella con il coperchio. Frullate i cardi e i porri, aggiustando la cremosità con acqua di cottura dei pizzoccheri, che condirete con la crema ottenuta e 15 g di mandorle polverizzate
  • Spezzatino di tempeh, 1 porzione
  • Pane integrale, 30 g
  • Olio di semi di lino 5 g
  • Olio extra vergine di oliva, 5g

Menu vegano lightVenerdì

Colazione:

  • Frullato di latte di avena, 200 ml, 1 kiwi e crema di mandorle, 15 g
  • Fette biscottate integrali, 30 g

Spuntino:

  • Fichi secchi, 15 g

Pranzo:

  • Carbonara senza uova (spaghetti integrali 90g)
  • Cime di rapa saltate con aglio e peperoncino, 200 g
  • Olio di semi di lino 5 g
  • Olio extra vergine di oliva, 5g

Spuntino:

  • Pistacchi, 15 g

Cena:

  • Ribollita toscana, 1 porzione con pane toscano, 60 g sul fondo del piatto
  • Insalata di tipieda di verza, 200 g
  • "Sbollentare la verza tagliata a listarelle, farla asciugare e condirla con aceto a piacere"
  • Olio di semi di lino 5 g
  • Olio extra vergine di oliva, 5g

Menu vegano lightSabato

Colazione:

  • Yogurt di soia, 125 g
  • Fiocchi di grano saraceno, 30 g

Spuntino:

  • Spremuta di pompelmo, 150 ml

Pranzo:

  • Zuppa di lenticchie, 1 porzione
  • Bruschetta con pane di grano duro 60 g, pomodori 100 g, aglio e origano
  • Finocchi al forno alla paprika dolce, 300 g
  • Olio di semi di lino 5 g
  • Olio extra vergine di oliva, 5g

Cena:

Menu vegano lightDomenica

Colazione:

Pranzo:

Spuntino:

  • Popcorn, 30 g

Cena: