Paesaggi e memorie da brivido. Il fascino delle 52 gallerie del Pasubio
L'auto la si può lasciare esattamente all'inizio del cammino. Il parcheggio a pagamento affianca la parete con la scritta "Strada delle 52 Gallerie" ed è il più comodo punto di partenza, purché abbiate 6 euro (tanto è il costo del ticket giornaliero) in moneta. Non c'è alternativa, il parchimetro non accetta banconote da nessun taglio quindi, se vi accorgete di non avere spicci, potete cambiare i soldi in uno dei due bar lungo la strada a tornanti che conduce all'inizio del percorso: dal bancone non vi accoglieranno con entusiasmo, ma, soldi alla mano, non avrete bisogno di aggiungere altro.
La "Strada della prima armata" o "delle 52 Gallerie" abbraccia il massiccio del Pasubio, nelle Prealpi venete, e sale da Bocchetta Campiglia (1216 mt) fino a Porte del Pasubio (1928 mt). Non è una mulattiera militare qualunque, è il frutto di un'opera ingegneristica che il capitano Corrado Picone, comandante dei minatori che nel marzo 1917 furono chiamati a costruire quella strada, definì: "impresa di giganti, che nessun'altra opera eguaglia su tutta la fronte europea". Un percorso di quasi 6300 metri di lunghezza, 2300 dei quali distribuiti in 52 gallerie, realizzato durante la Grande Guerra su quello che era il versante più esposto alle artiglierie austro-ungariche e che oggi è un tratto di montagna battuto da appassionati escursionisti.
Camminare, quindi, per tre ore su questa strada a cuor leggero è impossibile. Per due ragioni lontane tra di loro, ma entrambe molto forti: la prima, appunto, è che ce lo impedisce il pensiero dei quasi 4500 morti su questo pezzo di montagna. La seconda ragione la troviamo scritta su un cartello posto proprio all'inizio del sentiero: "per escursionisti esperti". Due anni fa,
drivingexperiences.com, basandosi sull'ultimo rapporto dell'Organizzazione Mondiale della Sanità sulla sicurezza stradale, aveva inserito le 52 gallerie al ventiduesimo posto tra le strade più pericolose al mondo: "ha panorami mozzafiato, ma proprio per questo il rischio di distrarsi e precipitare giù dai crinali è molto alto", e aggiungeva, forse con un filo sciovinismo british, che anche se la strada era già vietata alle auto, qualche locale vi si azzardasse comunque. Di fatto, i tratti più pericolosi di questa strada sono naturalmente chiusi alle auto (che possono invece raggiungere la cima tramite percorsi alternativi) mentre da qualche tempo, a causa dei numerosi incidenti anche fatali, c'è pure il divieto di avventurarsi tra le gallerie in mountain bike. Premesso tutto questo, a piedi non c'è da spaventarsi. Un minimo di concentrazione è richiesto, soprattutto quando il sentiero si stringe fino alla sua larghezza minima (2,20 mt) e ci si ritrova a camminare tra le rocce e il vuoto, ma lo affrontano tutti, adulti e bambini. A patto che si abbia una torcia. Ecco, forse è questa l'unica discriminante: all'interno di alcune gallerie, se non ti fai luce non vai avanti.
Ognuno di questi cunicoli scavati a mano nella roccia è numerato progressivamente e ha un nome che è quello di una città o del tenente, generale o capitano a cui è dedicato. Troverete quindi la galleria Tenente Cesare Battisti, Tenente di Vascello Nazario Sauro, Generale Luigi Cadorna, la galleria Mantova, Bologna, Reggio Calabria. La più lunga è la diciannovesima, si estende per 318 mt ed è dedicata a Re Vittorio Emanuele III, è anche piuttosto impegnativa: tratti in salita, scale dai gradini alti ed essendo molto lunga è anche particolarmente buia. Per questo motivo, non appena vedrete un'apertura illuminata sarete naturalmente portati a sceglierla come l'uscita. Nel 99% dei casi si tratta di finestroni nella roccia. Nessun problema, riuscirete a fermarvi in tempo prima di fare il passo di troppo e rimettervi sulla strada giusta. Sì, entrare in alcune gallerie è un po' come entrare in un labirinto, tante sono le diramazioni, e il bello di questo percorso è proprio l'avanzare per tentativi e nel frattempo ammirare l'opera realizzata in nove mesi da circa seicento minatori. Che siano dritte, a forma elicoidale o, come la ventesima, a spirale, le accomuna la stessa sensazione che suscitano nell'escursionista: il freddo. Appena si mette piede in una galleria è come entrare in un ipermercato in agosto con l'aria condizionata troppo alta. La temperatura si abbassa notevolmente e, considerato che è suggeribile fare questo percorso d'estate, fuori, nei tratti esposti al sole, è decisamente più caldo. Così, nell'eterna indecisione se tenere o meno addosso l'antivento, si arriva fino all'ultima galleria, Sardegna. Usciti da qui, la montagna si apre e quello che si presenta alla vista è il Grand Budapest Hotel del Pasubio: il rifugio Achille Papa, la tappa di chi sceglie di non andare e tornare in giornata, è incastonato nella roccia e da questa sembra nascere proprio come l'hotel del film di Wes Anderson, bianco e rosa questo, bianco e giallo il nostro. Anche se, per le storie che si raccontano, il paragone sarebbe appropriato pure con un altro celebre albergo: l'Overlook Hotel di Shining. Fantasmi abiterebbero questo rifugio, le loro voci, la loro presenza si manifesterebbe agli ospiti di notte, disturbando il loro sonno. Sono le leggende e i misteri di questa parte di montagna che un combattente austriaco definì "la caldaia delle streghe", di un luogo in cui, dal 1916 al 1918, "il vivere fu ben più duro che il morire".
Ma dal momento che voi la nottata la supererete, il consiglio per il giorno dopo, prima di tornare indietro, è quello di arrivare fino alla Cima Palon, il punto più alto del massiccio del Pasubio, con i suoi 2232 mt. Perché per arrivare qui attraverserete il sentiero della Memoria a conclusione del quale vi attende un museo a cielo aperto: gli "scaffali della memoria" conservano resti di ossa di un'umanità intrappolata tra quelle montagne e, più avanti, in una sorta di antro naturalmente ricavato nella roccia, un reliquiario con elmetti, bossoli, granate e altri oggetti della non – vita quotidiana dei soldati. E soprattutto perché da qui, attraversando trincee e costeggiando crateri procurati nella montagna dalle esplosioni, ci si può spingere fino al Dente italiano, la posizione più avanzata di tutto il fronte del Pasubio. Per vivere qui, era stata costruita un'altra galleria, che forse sarebbe meglio definire una cittadella sotterranea: c'era spazio per il deposito di viveri, munizioni, i posti di medicazioni e i comandi. Dal davanti, un'ampia apertura sulla roccia faceva sì che quello che accadeva sul Dente austriaco, sulla montagna di fronte, fosse sempre visibile. E qui, adesso, un po' perché si è già ad una certa quota, un po' per il tipo di pensieri che affollano la mente, respirare sembra più difficile.
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