ROMA - Lo sport fa bene alle ossa di chi lo pratica e pardossalmente anche a quelle di chi non può farne. L'irsina, il cosiddetto "ormone dello sport", infatti, non solo aiuta a bruciare i grassi - e quindi a dimagrire - ma anche a "fabbricare" il tessuto osseo. Lo ha scoperto un gruppo di ricercatori italiani dell'università di Bari in collaborazione con l'università politecnica delle Marche di Ancona, con il supporto della Siommms (Società italiana dell'osteoporosi, del metabolismo minerale e delle malattie dello scheletro). Lo studio è stato pubblicato sulla rivista americana Pnas-proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, organo ufficiale della United States National Academy of Sciences, una delle pubblicazioni scientifiche più prestigiose a livello accademico internazionale.
Il risultato della ricerca, durata tre anni, potrebbe rivoluzionare l'approccio della terapia sulle malattie dello scheletro, in primis l'osteoporosi, e incentivare la ricerca su farmaci che simulino l'esercizio fisico nelle persone affette da osteoporosi che non possono praticare sport, come anziani o soggetti malati.
Finora l'irisina, scoperta nel 2012 dal ricercatore statunitense Bruce Spiegelman (solo di recente ne è stata verificata la produzione anche nell'uomo) era nota solo per le sue proprietà "brucia grassi", mentre lo studio italiano ha portato alla luce un'ulteriore proprietà, con una differenza fondamentale: per dimagrire bisogna produrne in grandi quantità, mentre per ottenere l'effetto "fabbrica osso" ne bastano anche piccole concentrazioni.
"Il risultato della nostra ricerca ha una forte rilevanza applicativa per i pazienti anziani in condizioni difficili - spiega la professoressa Maria Grano dell'università di Bari - , sono loro i più esposti perché non potendo svolgere attività fisica, sono destinati alla riduzione patologica del tessuto muscolare, che a sua volta risente negativamente delle condizioni di ipomobilità o anche di allettamento favorite dalle fratture indotte dall'osteoporosi: si genera in tal modo una sorta di implacabile circolo vizioso, con importanti conseguenze sanitarie ed elevatissimi costi sociali".
"Ora si potrà giungere a dare supporto osseo anche a chi non può prodursi da solo l'irisina con un cambiamento epocale in particolare per i pazienti geriatrici" dice il presidente della Siommms, Giancarlo Isaia, direttore del Dipartimento di geriatria e malattie metaboliche dell'osso all'ospedale Molinette di Torino. "Riteniamo che la svolta presentata dalla scoperta costituisca la prospettiva concreta non solo per la prevenzione con l'attività fisica, ma soprattutto per la cura delle malattie dell'osso in pazienti particolarmente difficili".
Il risultato della ricerca, durata tre anni, potrebbe rivoluzionare l'approccio della terapia sulle malattie dello scheletro, in primis l'osteoporosi, e incentivare la ricerca su farmaci che simulino l'esercizio fisico nelle persone affette da osteoporosi che non possono praticare sport, come anziani o soggetti malati.
Finora l'irisina, scoperta nel 2012 dal ricercatore statunitense Bruce Spiegelman (solo di recente ne è stata verificata la produzione anche nell'uomo) era nota solo per le sue proprietà "brucia grassi", mentre lo studio italiano ha portato alla luce un'ulteriore proprietà, con una differenza fondamentale: per dimagrire bisogna produrne in grandi quantità, mentre per ottenere l'effetto "fabbrica osso" ne bastano anche piccole concentrazioni.
"Il risultato della nostra ricerca ha una forte rilevanza applicativa per i pazienti anziani in condizioni difficili - spiega la professoressa Maria Grano dell'università di Bari - , sono loro i più esposti perché non potendo svolgere attività fisica, sono destinati alla riduzione patologica del tessuto muscolare, che a sua volta risente negativamente delle condizioni di ipomobilità o anche di allettamento favorite dalle fratture indotte dall'osteoporosi: si genera in tal modo una sorta di implacabile circolo vizioso, con importanti conseguenze sanitarie ed elevatissimi costi sociali".
"Ora si potrà giungere a dare supporto osseo anche a chi non può prodursi da solo l'irisina con un cambiamento epocale in particolare per i pazienti geriatrici" dice il presidente della Siommms, Giancarlo Isaia, direttore del Dipartimento di geriatria e malattie metaboliche dell'osso all'ospedale Molinette di Torino. "Riteniamo che la svolta presentata dalla scoperta costituisca la prospettiva concreta non solo per la prevenzione con l'attività fisica, ma soprattutto per la cura delle malattie dell'osso in pazienti particolarmente difficili".
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