10.10.13

Dalla creatività al bisturi, la second life di Roberta - Milano - Repubblica.it

Dalla creatività al bisturi, la second life di Roberta

Roberta Sollazzi lavorava nella pubblicità, ora a 48 anni studia medicina. "Era un mestiere stimolante, ma l'ho mollato quando è diventato solo aria fritta. Nei momenti più difficili penso a Rita Levi Montalcini"

Dalla creatività al bisturi, la second life di Roberta
Roberta Sollazzi 
"Quando mia madre ha saputo cosa avevo fatto, ha pensato che fossi letteralmente impazzita. Ma forse non è stata l'unica". Effettivamente la reazione di mamma Anna è piuttosto comprensibile. Anch'io resto senza parole davanti a Roberta Sollazzi, una brunetta sorridente che all'anagrafe fa quarantotto anni e che, dopo una vita passata a limare parole, oggi è al secondo anno di università. E non in una qualsiasi facoltà umanistica. Medicina e chirurgia. Quella del test d'ingresso e del numero chiuso. La incontro a pranzo. "Devo festeggiare", mi aveva detto al telefono. Esattamente cosa? "L'ultimo esame del primo anno. Anatomia. Ho preso 30".

Siamo coetanee e faccio fatica a tenere a bada l'ammirazione per questa donna dagli occhi grandi e scuri. "Ho ancora un bel pezzo di vita davanti a me - dice serenamente - Sono ancora in tempo per iniziare qualche cosa da zero, non crede?". Il ragionamento non fa una grinza, ma immagino si debba avere quella tenacia lì dell'ariete per poter decidere di dare una svolta così radicale alla propria vita. Sorride. "La vera liberazione è arrivata quando ho capito che il mio posto nel mondo non era legato esclusivamente al lavoro e che la mia identità non si riduceva a quella scritta sul biglietto da visita, Executive Creative Director". Tosta. Sempre stata. Fin da quando decide di non seguire le orme di papà Roberto, avvocato civilista con studio ben avviato a Pavia ("Ancora oggi non se ne fanno una ragione!"), ma s'iscrive a Lettere, indirizzo semiologia.

"Qui incontro docenti fantastici, da Maria Corti a Cesare Segre, ma ancora non ho chiaro che cosa farò e di cosa vivrò da grande". Per caso vede la locandina di un concorso indetto da Panorama: in palio ci sono cinque milioni di lire e uno stage di tre mesi in un'agenzia pubblicitaria. "Ovviamente partecipo... per i soldi!". Manda un testo "un po' saccente ", vince il concorso e va a bottega da due veri maestri, Emanuele Pirella e Pasquale Barbella. "Conosco un mestiere stimolante e creativo, gente interessante e curiosa, un ambiente poco convenzionale. Capisco che è lì che voglio lavorare". Roberta lascia l'università, si trasferisce a Milano e per 26 anni il suo mondo sarà la pubblicità, quella degli anni d'oro. Ha voglia d'imparare, crescere, quindi lavora nelle migliori agenzie (da Pirella-Goettsche-Lowe, a Barbella-Gagliardi-Saffirio, TBWA, Saatchi&Saatchi eccetera), ha clienti importanti, da Tiscali a Swatch.

"Anni bellissimi. Anni in cui si volevano fare le cose bene, in cui c'era il senso di un gusto condiviso e la consapevolezza di un lavoro che diventava pubblico e quindi contribuiva alla costruzione della cultura collettiva - racconta - Anni in cui le agenzie vendevano creatività e non power-point di aria fritta". L'incanto si rompe. Quel lavoro tanto amato è troppo cambiato. E quando inizia ad avere la sensazione di buttare via le sue giornate, Roberta capisce che è arrivato il momento di cambiare. Nel 2011 prende al volo l'occasione di una ristrutturazione aziendale e si licenzia. "Dopo una vita passata nel terziario avanzato, sentivo però di aver bisogno di qualche cosa di più concreto, più essenziale. Ho cominciato a guardare al corpo, alla vita biologica". Non ha figli e sente di voler capire la nascita. S'iscrive a Ostetricia e davanti al primo parto si commuove fino alle lacrime. Capisce che vuole andare oltre, che vuole studiare di più. Fa due conti. Il mutuo ha finito di pagarlo e - se razionalizza le spese - grazie alla liquidazione può farcela.

Si dà sei anni di tempo. Supera il test di Medicina ("Non ero sicura di passare, ma mi davo delle chance") e inizia a studiare. Felice. "L'età porta con sé qualche vantaggio. Prima di tutto, di fronte a un esame non ho quella paura che potevo avere a vent'anni. E poi, studiare adesso per me è un piacere e un grandissimo privilegio!". Nessun disagio con i compagni di facoltà? "Da parte mia nessuno! Capisco di poter essere un mistero per loro, ma qualcuno ha scoperto la mia capacità di schematizzare gli appunti ". Quando deve staccare va a suonare con la sua band, il Trio Magolfa. Per il resto, studia. Felice? "Molto". La guardo negli occhi, cercando di capire il segreto della forza che si nasconde dentro questa donna. Sorride. "Nei momenti più difficili penso alla Montalcini".



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