20.6.25

invecchiare

 

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Esercizio fisico, cura delle ossa e "duapausa": guida alla mezza età (felice)

Anna Fregonara
13 - 17 minutes

La mezza età è qualcosa di più di un’etichetta anagrafica. È un punto di svolta che introduce una nuova stagione della vita, convenzionalmente compresa tra i 40 e i 60 anni, in cui il corpo inizia a cambiare linguaggio: si fa più lento, più esigente, meno incline a perdonare gli eccessi. È il momento in cui comincia a raccontarci la storia delle nostre abitudini, che non sono immutabili, ma diventano visibili. I segnali di trasformazione, talvolta, sorprendono; altre volte disorientano. Il New York Times ha invitato i lettori a condividere le loro domande sulla mezza età. Ne sono arrivate oltre 800, un flusso di riflessioni che spazia dal quotidiano all’esistenziale.
Tra i temi più ricorrenti spiccano la perdita di massa muscolare e i dolori osteoarticolari. D’altra parte, con l’avanzare dell’età, molti tendono a ridurre l’attività fisica rispetto a quando erano giovani adulti. Se non si è più abituati a sollecitare certi gruppi muscolari, anche gesti semplici, come portare la spesa o fare le scale, possono lasciare un senso di affaticamento o indolenzimento. A questo si aggiunge una naturale rigidità articolare, dovuta all’accumulo di usura e alla ridotta elasticità dei tessuti. Le donne sono particolarmente esposte perché la mezza età coincide con la menopausa. «Menopausa significa data dell’ultima mestruazione. In realtà indica un periodo della vita che può durare fino a circa 5-7 anni che si definisce perimenopausa, mentre la postmenopausa comprende circa i 10 anni dopo la fine della mestruazione», spiega Rossella Nappi, ginecologa, endocrinologa e sessuologa, professoressa di Ginecologia e Ostetricia all’Università degli Studi e all’IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia. «Si verifica in modo naturale nella maggior parte delle donne tra i 47 e i 53 anni, in Italia avviene circa a 50-51 anni e segna la fine della capacità riproduttiva e della produzione di ormoni estrogeni». 

«L'osso "sente" il movimento, quando e' sottoposto a carico, si rafforza; quando e' inattivo, tende a riassorbirsi»

È proprio la carenza di estrogeni a coinvolgere il sistema muscolo-scheletrico, rendendolo più vulnerabile, meno forte e flessibile. «Diversamente da quanto si pensi, l’osso non è una struttura fissa, si rimodella per tutta la vita. È formato da una componente cellulare (gli osteociti, gli osteoblasti e gli osteoclasti) e da una minerale costituita soprattutto da calcio e fosforo e vive in un costante equilibrio tra formazione e riassorbimento. Gli osteoblasti costruiscono nuovo osso, gli osteoclasti lo riassorbono e gli osteociti mantengono la vitalità del tessuto. Durante l’età fertile, questo equilibrio è bilanciato. Dopo la menopausa, però, la riduzione degli estrogeni accelera il lavoro degli osteoclasti, favorendo la perdita di massa ossea e aumentando il rischio di osteoporosi», chiarisce Cesare Faldini, professore ordinario di Ortopedia e Traumatologia all’Università di Bologna e direttore della S. C. Clinica ortopedica e traumatologica 1 dell’Istituto ortopedico Rizzoli di Bologna. «L’equilibrio osseo dipende anche dal carico meccanico: l’osso “sente” il movimento. Quando è sottoposto a carico, si rafforza; quando è inattivo, tende a riassorbirsi. Per questo l’attività fisica, sia aerobica sia anaerobica, regolare è fondamentale anche nella prevenzione dell’osteoporosi. Inoltre, in tutti gli adulti la massa muscolare tende a ridursi, un processo noto come sarcopenia, che può essere contrastato con un apporto adeguato di proteine e un allenamento costante. Recuperare massa ossea e muscolare è possibile, ma più difficile: ecco perché è essenziale non perderla».

Ma quanto e come muoversi? L’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda, per gli adulti tra i 18 e i 64 anni, 150-300 minuti a settimana di attività aerobica moderata (come camminata veloce o bicicletta) oppure 75-150 minuti di attività intensa (come corsa o nuoto), più due sedute settimanali di esercizi di forza. Dopo i 65 anni, è utile aggiungere esercizi di equilibrio e coordinazione almeno tre volte a settimana, come tai chi, yoga lento o camminata su terreni irregolari, per prevenire le cadute e mantenere l’autonomia. Se questo non basta a convincerci ad alzarci dal divano, può riuscirci Eric Topol, cardiologo e fondatore dello Scripps Research Translational Institute. Con il suo team ha studiato per sei anni il genoma di oltre 1.400 ultraottantenni senza malattie croniche gravi, scoprendo che il DNA non spiegava il loro “super invecchiamento”. 

«IL CONCETTO DI "DUAPAUSA" E' L'IDEA CHE NELLA CHE NELLA COPPIA CI SI POSSA PRENDERE CURA DI SE', RAFFORZANDOSI A VICENDA»

La domanda allora è: che cosa fa davvero la differenza? Dati scientifici alla mano, Topol, 71 anni a giugno, risponde che l’esercizio fisico, sia aerobico sia anaerobico, è il fattore che più di tutti rallenta l’orologio biologico. È l’unico intervento con prove solide sull’invecchiamento sano e non è mai troppo tardi per iniziare, anche da anziani si può diventare più forti e in forma (e lui lo è). Muoversi, tra l’altro, si riflette sulla salute del cuore. «La mezza età è il momento in cui viene meno il vantaggio biologico delle donne, fino ad allora protette dagli estrogeni», spiega Roberto Pedretti, professore associato di Malattie dell’apparato cardiovascolare all’Università di Milano Bicocca e direttore Unità operativa di cardiologia, Ospedale di Erba (Como).
«Con la menopausa, le malattie cardiovascolari diventano più frequenti anche nel sesso femminile. A livello globale, infatti, sono responsabili del 39% dei decessi tra le donne, rappresentando la prima causa di morte, proprio come avviene per gli uomini. Per questo, in entrambi i sessi, è fondamentale porre grande attenzione alla prevenzione cardiovascolare, le cui strategie hanno dimostrata efficacia: non fumare, seguire un’alimentazione equilibrata, mantenersi attivi, tenere sotto controllo il peso, dormire bene e gestire lo stress sono comportamenti chiave per proteggere il cuore. A questi vanno affiancati la diagnosi precoce e il trattamento delle patologie che aumentano il rischio cardiovascolare, come ipertensione arteriosa, colesterolo elevato e diabete».

Tra gli altri temi ricorrenti emersi dall’indagine del New York Times spiccano l’aumento di peso e il cambiamento nella forma del corpo, aspetti che, sebbene con sfumature diverse, possiamo definire “unisex”. «Donne e uomini tendono ad aumentare di peso in modo improvviso con l’avanzare dell’età», continua la ginecologa Nappi. «Nel caso delle donne, la carenza di estrogeni, il rallentamento del metabolismo e il fatto che si tenda a mangiare di più e consumare meno sono fattori che si sommano. Gli estrogeni favoriscono la deposizione del grasso su fianchi e cosce. Con la menopausa, però, questo assetto cambia: la carenza ormonale sposta il grasso verso l’addome. Questo tipo di grasso è pericoloso perché può favorire la resistenza all’insulina, alterando il controllo degli zuccheri nel sangue. Anche gli uomini, pur non attraversando una menopausa vera e propria poiché il testosterone non si azzera mai, vanno incontro a cambiamenti nella forma fisica, nella salute cardiovascolare e, talvolta, anche nella sfera sessuale. Il concetto di “Duapausa” nasce proprio da qui: l’idea che, nella coppia, ci si possa prendere cura di sé contemporaneamente, rafforzando a vicenda la motivazione a stare bene e a vivere meglio insieme, in salute. L’importante è non cristallizzarsi in un’immagine di sé che appartiene al passato, ma cercare quella attuale, consapevoli che la menopausa o un dolore al ginocchio che non avevamo fino a ieri sono un campanello d’allarme che ci richiama a prenderci cura di noi per gli anni a venire».

In fondo, la mezza età è un tempo di riorganizzazione, di bilancio, ma anche di rilancio. Un tempo dove ciò che cambia non è solo il corpo, ma anche lo sguardo su di sé. Come quando, per esempio, viviamo, e se ne lamentano più le donne in menopausa, problemi di memoria, di concentrazione e di lucidità mentale, fenomeni spesso descritti come brain fog o “annebbiamento mentale”. «Questi cambiamenti sono reali e hanno basi biologiche e neurologiche. Il motivo principale è il calo dei livelli di estrogeni, in particolare l’estradiolo. Gli estrogeni svolgono un ruolo chiave nel funzionamento del cervello, aumentando l’attività di vari neurotrasmettitori, proteggendo le cellule cerebrali dallo stress ossidativo e favorendo la neuroplasticità, cioè la capacità del cervello di formare nuove connessioni. Il loro calo può quindi influire negativamente sulla memoria a breve termine e sulla capacità di concentrazione», chiarisce Michela Matteoli, docente di Farmacologia presso Humanitas University e direttrice del Programma di neuroscienze dell’ospedale Humanitas. «Oltre ai cambiamenti ormonali, altri fattori possono aggravare i problemi cognitivi come i disturbi del sonno nonché ansia e depressione, comuni in menopausa».

I problemi cognitivi durante la menopausa sono nella maggior parte dei casi transitori. Studi longitudinali, come l’americano Study of Women’s Health Across the Nation, iniziato nel 1996 e ancora attivo, hanno mostrato che molte donne recuperano le abilità cognitive dopo alcuni anni dalla menopausa. «Aiutiamoci praticando esercizio fisico regolare, anche aerobico perché questo aumenta la produzione di fattori neurotrofici che potenziano la plasticità sinaptica; possiamo favorire la stimolazione cognitiva tramite lettura, apprendimento, giochi mentali e infine migliorare la gestione dello stress attraverso meditazione, mindfulness, yoga. La dieta è uno dei pilastri più importanti per la salute cerebrale, ne può potenziare la funzionalità: verdure come spinaci e cavolo riccio, frutti di bosco, noci, pesce grasso (salmone, sgombro, sardine), legumi (lenticchie, ceci, fagioli), olio extravergine di oliva e cereali, soprattutto integrali, sono componenti base di diete che preservano la funzione cerebrale, quali la MIND e la nostra dieta mediterranea».

IL CERVELLO

Durante la mezza età il metabolismo rallenta anche per colpa del cervello. Sebbene rappresenti solo il 2% del peso corporeo, consuma circa il 20% dell’energia totale in condizioni di riposo. «Questo enorme fabbisogno energetico serve a mantenere l’attività elettrica dei neuroni, alimentare la sintesi di neurotrasmettitori e quindi sostenere i processi cognitivi», dice la neuroscienziata Michela Matteoli. «A partire dai 30-40 anni, però, il cervello comincia a poco a poco a ridursi di volume, un processo che accelera dopo i 60 anni. Essendoci meno tessuto attivo, è necessaria meno energia. Inoltre, con l’invecchiamento si assiste alla tendenza a una minore attivazione spontanea del cervello, anche in soggetti cognitivamente sani, e anche questo contribuisce alla minore richiesta energetica. Quindi non smettiamo mai di stimolarlo. Studiare o fare cose nuove favorisce le sinapsi»

LA REGOLA DELLE TRE P

La regola delle tre P individua i periodi in cui le donne sono più vulnerabili allo sviluppo di disturbi alimentari sia nella forma restrittiva, come l’anoressia, sia in quella caratterizzata da perdita di controllo, come la bulimia o il disturbo da binge-eating. Le tre P si riferiscono ad altrettante parole inglesi che indicano fasi di profonda trasformazione ormonale e identitaria: puberty (pubertà), pregnancy/post partum (gravidanza e post partum) e perimenopause/menopause (perimenopausa e menopausa). «Le alterazioni ormonali tipiche della menopausa possono aumentare la sensibilità della donna sia sul piano fisico sia su quello psicologico», dice Stefano Erzegovesi, medico nutrizionista e psichiatra, esperto in nutrizione preventiva e disturbi alimentari. «Da un lato, si osserva una tendenza all’accumulo di grasso viscerale; dall’altro, possono comparire oscillazioni dell’umore, spesso in senso depressivo. È un periodo in cui molte donne si sentono poco definite nella propria identità personale».

18 giu 2025 | 11:05

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Sant’Alberto e i fenicotteri sul bordo delle Valli di Comacchio

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Sant’Alberto e i fenicotteri sul bordo delle Valli di Comacchio

Garibaldini, partigiani, contrabbandieri, e oggi biologi e cacciatori pentiti. Una terra che ha tanto da raccontare ma anche da mostrare. Magari a chi ama camminare o pedalare

Sant'Alberto e i fenicotteri sul bordo delle Valli di Comacchio
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Nel Parco Interregionale del Delta del Po il borgo di Sant’Alberto ha scelto di mutare pelle e diventare il paese delle biciclette. La scena si ripete ogni week end, quando ciclisti appassionati, famiglie con bambini, pedalatori novizi raggiungono l’ex granaio divenuto centro visite e si affidano a mezzi, consigli e guida dei membri della Cooperativa Atlantide, avvezza a gestire piccole realtà in possesso di potenzialità turistiche ecosostenibili.

Sotto gli alberi fioriti, ecco dunque che si procede a gonfiare le ruote, a compiere l’amletica scelta tra biciclette muscolari ed elettriche. Cosi può cominciare l’avventura escursionistica dentro quella geometria terrestre e liquida composta dalle Valli di Comacchio. Questa frazione di pescatori ha cessato di dedicarsi alla storica vocazione delle anguille dopo che progressivamente le bonifiche, le canalizzazioni e le regolamentazioni delle acque avevano reso questa attività desueta, procedendo alla sua sostituzione con l’agricoltura. La prima tappa, imprescindibile per capire questo paesaggio raccontato da Renata Viganò nel romanzo L’Agnese va a morire, è il Museo di Scienze Naturali ospitato in una residenza nobiliare di origine cinquecentesca, in cui è conservata una collezione di animali imbalsamati donata da Alfredo Brandolini, un cacciatore pentito che poi si convertì al naturalismo. «Succede spesso ancora oggi che chi amava sparare vi abbia rinunciato a favore dell’osservazione delle specie — racconta Luca Alberghi, rappresentante di Atlantide —, ma questa era anche una terra di contrabbandieri, oltre che di garibaldini partigiani. La nebbia nascondeva ogni cosa, era difficile arrivarci, in passato vi era una demarcazione netta con il territorio in mano alla famiglia degli Estensi. Con i fondi del PNRR adesso riapriamo questo museo».

La penisola oasi di Boscoforte dai bianchi cavalli

Si attraversano le case contadine di Sant’Alberto, sfiorando alberi di pero in fiore, accarezzando i salici, ma poi, per attraversare quello che era il primo braccio a sud del Po sacrificato a favore del fiume Reno bisogna chiedere un passaggio sulla chiatta gialla di Florian Rambelli: «Mio nonno la azionava a mano, mio padre a motore, questa invece è elettrica, chissà che mia figlia non la guiderà con l’intelligenza artificiale — dice il traghettatore che ha un pesce di fiume tatuato sull’avambraccio sinistro —. Occorre un minuto scarso per passare sull’altra sponda, io mi faccio accompagnare sempre dal mio cane Rù». Appena raggiunto l’argine, si è subito colpiti dalla presenza in cielo dei fenicotteri che uno dietro l’altro, formando foulard azzurri, tagliuzzano suadenti l’azzurro. Tanti dimorano nella Penisola di Boscoforte, una lingua di terra che si estende per cinque chilometri, di proprietà privata, che è un paradiso per l’osservazione degli uccelli.

Quella chiatta sul fiume da tre generazioni

Si può accedervi per escursioni a piedi lungo un percorso ad anello soltanto al seguito di biologi bravi come Jennifer Rossin, esperta guida sempre in forza alla Cooperativa Atlantide dopo esperienze in tutto il mondo e con tanti animali quali le scimmie del Belize.«Ho imparato a riconoscere il canto degli uccelli che scelgono di vivere in questi specchi d’acqua salmastra e dolce tra i canneti chiamati chiari — racconta, mentre introduce nell’oasi e presta a tutti gli escursionisti un binocolo —. Qui abitano tante volpoche, spatole, l’affascinante ibis, il Marangone Minore, le folaghe e lo storno ovvero un uccello che sa imitare tutti i suoi simili». Con Jennifer si imparano le abitudini delle anatre e delle gazzette, dei gabbiani e di tante tipologie di airone che volano sopra questo antico cordone ducale di epoca etrusca, nel quale sono rappresentate moltissime delle oltre 340 specie di volatili che vivono nel Parco del Delta del Po. Su questa strada poderale bianca passava la Linea Gotica, dunque era assai frequentata dagli anni ’40 in poi come attestano i racconti che hanno per protagonista il capitano partigiano Arrigo Boldrini per tutti Bulow e anche Giuseppe Garibaldi di cui un cippo ricorda il punto esatto in cui il Generale trovò riparo — il corpo di Anita fu ritrovato senza vita nella vicina località di Mandriole —, laddove adesso si trova un casolare. Si incontrano allevamenti di pesce contraddistinti dalle vasche che hanno un tetto fatto di reti sostenute da pali per evitare che vi si cibino i cormorani e poi ecco finalmente l’ingresso all’Argine degli Angeli. Si tratta di una passerella i cui margini sono rafforzati da pali di castagno, lungo la quale si avanza praticamente sospesi all’interno della distesa di acqua per circa otto chilometri sino a Lido di Spina, provando la sensazione di essere uccelli, liberi e leggeri. Proprio come i fenicotteri che stanno entrando nella stagione degli amori e fanno baccano, un po’ come gli esseri umani adesso che è iniziata la primavera.

INFORMAZIONI SU SANT’ALBERTO

Sant’Alberto è una frazione del Comune di Ravenna, avente una popolazione di circa 2.200 abitanti, lambisce le Valli di Comacchio, sorgendo su di un antico braccio del fiume Po. Rimane un tratto della Fossa Augusta, il canale utilizzato dalle navi romane per raggiungere il Po dal porto di Classe.