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AI e acqua
L'intelligenza artificiale consuma troppa acqua e una città si ribella: «ChatGpt rischia di lasciarci a secco»
I server di Microsoft per addestrare il chatbot di OpenAI sono in Arizona vicino a Goodyear (mezz'ora da Phoenix): una delle zone più a rischio siccità degli interi Stati Uniti. Entro il 2027 l’AI potrebbe risucchiare fino a 6,6 miliardi di metri cubi di acqua (e già consuma l’1% dell’energia globale)
Intelligenza artificiale, ma con risorse naturali. Perché al di là della loro apparente immaterialità, i nuovi sistemi tecnologici hanno in realtà un grande impatto ambientale. Microsoft sta ampliando un suo data center in Arizona che, per funzionare, sta prosciugando l’approvvigionamento idrico di una delle zone a più rischio siccità degli Stati Uniti. Si stima che, in generale, entro il 2027 la domanda di intelligenza artificiale potrebbe risucchiare nel mondo fino a 6,6 miliardi di metri cubi di acqua potabile. Le big tech stanno nel frattempo provando a trovare soluzioni contro inquinamento e spreco di risorse.
I data center Microsoft in Arizona
Una settimana dopo aver investito un miliardo di dollari in OpenAI, nel 2019, Microsoft ha annunciato l’apertura di un nuovo grande data center a Goodyear, città da 100 mila abitanti dell’Arizona a mezz’ora di macchina da Phoenix. Il centro è destinato in gran parte all’addestramento di ChatGPT: qualsiasi domanda fatta al più famoso dei chatbot passa attraverso Azure, la rete di cloud computing di Microsoft. In Iowa come in Arizona. Ma oltre che generare risposte sensate, i migliaia di server usano tantissima acqua.
Il The Atlantic scrive che per questo complesso (che sta per ospitare un terzo edificio) la società fondata da Bill Gates starebbe oscurando le cifre esatte, perché sarebbero informazioni «proprietarie». Ma secondo le stime del quotidiano statunitense, qui si preleverebbero 56 milioni di litri di acqua potabile all’anno.
Numeri altissimi, che crescono sempre di più, dovuti principalmente – a
Goodyear e altrove – ai rapidissimi sviluppi dell’intelligenza
artificiale.
Hub di server farm nella zona a rischio siccità
L’alto consumo di acqua dei data center è un tema particolarmente importante nel deserto di Sonora, nel sud dell’Arizona, perché è una delle zone a più rischio siccità degli Stati Uniti. Con 55 giorni oltre i 43 gradi, per Phoenix lo scorso anno è stato il più caldo della storia. Negli ultimi 20 anni la portata del fiume Colorado è diminuita del 20%. Sono state introdotte misure per razionare i consumi. Gli agricoltori hanno l’obbligo di lasciare a riposo parte delle colture. Eppure, la Greater Phoenix è tra gli hub in più rapida crescita negli Usa (ce ne sono di Apple, Amazon, Meta e, presto, di Google). Per ora un campus di server che invia risposte di ChatGPT dal deserto dell’Arizona non farà morire di sete nessuno, ma fa suonare più di un campanello d'allarme: «Bisognerà fare scelte difficili per garantire protezione alle generazioni future», come ha spiegato il Procuratore dello Stato, Kris Mayes, al The Atlantic.
Quanta acqua consumano le big tech
Per produrre energia, ma soprattutto per raffreddare i server e i computer. I data center che processano miliardi di dati sono idrovori, oltre che energivori: le big tech hanno un problema d’acqua, e l’intelligenza artificiale lo sta amplificando. Per fare un esempio, se i 100 milioni di utenti settimanali di ChatGPT scrivessero un solo prompt ognuno, si consumerebbero fino a cinque milioni di litri ogni sette giorni. Uno studio del centro di ricerca Riverside della University of California, pubblicato su Nature, ha calcolato che nel 2022 le principali aziende tecnologiche (Google, Microsoft, Alphabet e Meta) hanno prelevato oltre 2 miliardi di metri cubi di acqua dolce, più del doppio della Danimarca in un anno. E prevede che entro il 2027 la domanda di AI potrebbe portare un prelievo tra 4,2 e 6,6 miliardi di metri cubi di acqua. L’intelligenza artificiale sta già facendo impennare questi numeri (e quella generativa ancora di più), considerato che nel 2022 Microsoft e Google hanno registrato un incremento nel consumo d’acqua, rispetto all’anno precedente, rispettivamente del 34% e del 22%. Per addestrare la sua Bing Chat, la società fondata da Bill Gates, soltanto nel 2023, ha avuto necessità di una quantità d’acqua – 6 milioni di metri cubi – capace di riempire 2.400 piscine olimpioniche.
Non solo acqua
L’acqua serve per riportare la temperatura propri server tra i 10 e i 27 gradi, i centri dati funzionano grazie a grandi quantità di energia. Il rapporto è tendenzialmente uno a uno: un litro d’acqua consumato per ogni kilowattora. Secondo l’International Energy Agency (Iea), il consumo globale di elettricità dei data center a fine 2022 era compreso tra 240 e 340 TWh, cioè l’1,3% della domanda globale di energia: un aumento medio di un terzo ogni anno dal 2018. L’agenzia stima che il consumo potrebbe aumentare tra i 620 e i 1.050 TWh nel 2026, equivalenti al fabbisogno energetico della Germania. O del Giappone.
Big tech e sostenibilità
In Arizona come altrove, Microsoft prova ad essere un buon vicino, finanziando progetti per la conservazione e il ripristino dell’acqua. Ma non basta. L’azienda, come le altre big tech, si è impegnata a diventare entro il 2030 water-positive (reintegrando più acqua di quella che consuma) e carbon-negative (rimuovendo più carbonio di quanto ne emette ogni anno). Insieme a un sempre maggiore utilizzo di energia rinnovabile, in gran parte si sta intervenendo sui sistemi di raffreddamento, quelli responsabili del maggiore consumo d’acqua nei data center. Nei prossimi anni dovrebbero trovare grande applicazione il liquid cooling (raffreddamento a liquido), tecnologia che usa un fluido refrigerante per assorbire e portar via il calore verso un sistema di dispersione esterno. In attesa di ottenere i propri obiettivi di sostenibilità, Microsoft con i propri strumenti prova ad aiutare altrove: a fine novembre ha firmato un accordo con le Nazioni Unite per aiutare a monitorare con l’intelligenza artificiale le emissioni globali di carbonio. «Non è possibile aggiustare ciò che non si può misurare», ha affermato Brad Smith, presidente di Microsoft.
8 marzo 2024, 15:29 - Aggiornata il 8 marzo 2024 , 15:39
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nella mente di un adolescente
L’adolescenza è un periodo di cambiamento e adattamento alla vita adulta caratterizzato da alcuni comportamenti tipici di questa fase che, spesso, mandano in crisi i genitori. Si tratta dei «Lack of control behaviours», che riguardano tutte quelle azioni in cui viene diminuita la capacità di controllo e di reazione agli stati emotivi e i «Risk Taking behaviours», che sono quei comportamenti in cui c’è una maggiore propensione ad assumersi dei rischi. «Il fatto che gli adolescenti non abbiano una capacità di controllo adeguata e si espongano maggiormente al pericolo è connotato con un’accezione negativa, ma in realtà queste tipologie di comportamenti hanno una funzione essenziale nell'uomo: sono azioni esplorative che consentono all’adolescente di aumentare il livello di apprendimento da una parte e la qualità e quantità relazionale dall’altra. Provando a sintetizzare, stiamo parlando dell’essenza fondamentale del passaggio dalla pubertà all’età adulta, che ha un correlato neurobiologico molto conosciuto in ambito scientifico», spiega Giancarlo Cerveri, psichiatra e psicoterapeuta, membro del Consiglio esecutivo della Società italiana di psichiatria.
La fase della «potatura sinaptica»
I grandi cambiamenti della struttura e del sistema nervoso centrale che si osservano nell’adolescenza sono quelli che vengono definiti riorganizzazione neuronale che avviene, in particolare, nella corteccia prefrontale (la corteccia che abbiamo nella parte alta e anteriore del cervello). «Si tratta della corteccia più specificatamente sviluppata della nostra specie, quella dell'Homo Sapiens, ed è la parte di cervello che correla alle funzioni che chiamiamo razionalità e controllo delle emozioni e che comprende le caratteristiche comportamentali che hanno consentito alla nostra specie di adattarsi così efficacemente in termini evolutivi - continua Cerveri -. Proprio in questa area avviene il massimo del cambiamento nell’adolescenza e la parte più significativa di questo cambiamento è quello che viene definito "pruning" o "potatura sinaptica": comincia presto nella vita, raggiunge la massima intensità durante l’adolescenza e si conclude dopo i vent’anni. Si tratta di una fase in cui si passa da una condizione di grande potenzialità di connessioni a una potenzialità più ridotta ma più efficiente. Di fatto il cervello, attraverso questo meccanismo di potatura, diminuisce il numero di sinapsi e rende più efficienti quelle che rimangono. E questo ha una funzione precisa: nell’uomo adulto è più importante che ci sia meno potenzialità ma più capacità di funzionare ed è un passaggio fondamentale da un punto di vista evolutivo. Tutto questo avviene in un processo di continuo "rimaneggiamento" che, da un punto di vista biologico, copre un'ampia fascia di età, dai 13 ai 25 anni: ciò non significa che l’adolescenza si prolunga fino a quell'età, ma che si prolunga il periodo di rimaneggiamento».
I rischi per il cervello in adolescenza
Il cervello dell'adolescente, in continuo «rimaneggiamento», è anche quello maggiormente esposto ai rischi legati all’uso di sostanze di abuso, in particolare alcol e droghe. «Sono comportamenti che, in un cervello che sta cambiando, possono diventare elementi di grande criticità, soprattutto se si pensa che il periodo dell’adolescenza è quello a più alto rischio di esordio di malattie psichiatriche - continua Cerveri -. L’adolescenza è il periodo della vita in cui compare la maggior parte delle patologie: dai disturbi di ansia, dell’umore, a quello bipolare, alla schizofrenia, a quelli alimentari. In taluni casi, quando sono presenti sintomi psichiatrici transitori, mutevoli, occorre un'adeguata riflessione clinica, in questa fase della vita. La letteratura scientifica ha definito la condizione di “stato mentale a rischio” per indicare individui che attraversano l’età di transizione (dall’adolescenza alla prima età adulta) con comportamenti particolarmente problematici, perdita di funzionamento e sintomi sotto soglia. Si tratta di persone che non hanno un disturbo psichiatrico definitivo e riconosciuto, ma che sono a rischio di svilupparne uno».
Quando lo «stato mentale» è a rischio
Si tratta di una condizione che si caratterizza con sintomi, per esempio, di tipo depressivo, che durano un certo periodo e poi scompaiono. «Questa condizione, definita stato mentale a rischio, non ci dice con esattezza cosa succederà nell'individuo che presenta dei segnali di malessere. Occorre, però, sapere che chi soffre di qualche disturbo in questa fase dalla vita va considerato tra i soggetti a rischio di sviluppare una patologia psichiatrica che, nel caso dovesse effettivamente comparire in questa fase della vita, avrebbe degli effetti gravi proprio perché il suo esordio è precoce», dice Cerveri.
Le cure psichiatriche
In passato le cure per le patologie psichiatriche prevedevano tempi lunghi e un approccio per "cluster". «Un tempo si pensava che un soggetto che nasceva depresso rimanesse depresso per tutta la vita. La letteratura più recente, invece, ci ha permesso di definire che l'adolescenza è una fase in cui ci sono sintomi di possibili patologie, anche di diverso tipo, e per questo occorre prestare particolare attenzione alla prevenzione. Se si colgono i sintomi di qualcosa che non va, occorre seguire l’adolescente nelle sue traiettorie per cercare di capire quando intervenire, e come, per la patologia o le patologie che sta sviluppando. Tutto questo impone l’idea di costruire dei servizi che si occupino della transizione, ovvero dei servizi ponte tra neuropsichiatria infantile e psichiatria, che permettano di far lavorare insieme psichiatri, neuropsichiatri, psicologici, che possano seguire il paziente nel tempo», continua Cerveri.
Il ruolo della famiglia
Che ruolo ha la famiglia nel prevenire le patologie di tipo psichiatrico? «L'insorgenza di patologie psichiatriche risente di componenti di tipo ambientale, biologico, genetico e poi esiste il "caso", che non va confuso con la casualità ma riguarda tutto ciò che accade nella vita di un individuo, tutte le esperienze che, nel bene o nel male, hanno un peso: un numero di variabili enorme, ognuna con un peso minimo, ma che messe insieme incidono profondamente sul percorso di vita del soggetto. Per questo è importante sottolineare che, alla fine, il ruolo della famiglia è importante nel rispondere ai bisogni essenziali di cura, stimolo e affetto. Come genitori abbiamo il dovere di prenderci cura dei nostri figli, che devono poter contare su un ambiente stimolante, sicuro, devono sentirsi affettivamente amati. Dobbiamo pensare di essere tenuti a fare abbastanza per i nostri figli, anche se questo non basta per escludere l'insorgenza di patologie. Più il bambino cresce, più l’autonomia della sua esistenza diventa rilevante e, durante l'adolescenza, diventa enorme. Più autonomia significa più esperienze che possono orientare le traiettorie di salute mentale di un individuo nel bene e nel male. Viviamo in un Paese in cui, soprattutto alle donne, viene culturalmente richiesto un impegno eccessivo rispetto alle loro possibilità di assistere i propri figli. Spesso passa l’idea che esse debbano sacrificare una parte rilevante delle proprie personali aspirazioni per occuparsi dei compiti connessi alla maternità. Si genera così un implicito senso di colpa se poi insorgono dei problemi. Nei Paesi del Nord Europa, per esempio, c’è l’abitudine che le donne lavorino sin dopo la nascita dei figli, ma questo non significa che i bambini del Nord Europa abbiano più problemi di quelli del Sud del continente. Dovremmo imparare a gestire più serenamente la crescita dei figli, evitando inutili sensi di colpa», puntualizza Cerveri.
Come capire se c'è qualcosa che non va
Ci sono dei segnali che possono far presagire che c’è qualcosa che non va nella salute mentale di un adolescente? «Innanzitutto va capito qual è il livello di intensità di certi sintomi. Il fatto che un adolescente abbia dei comportamenti a rischio fa parte di questa fase della crescita: purtroppo è un questione difficile da affrontare e accettare per i genitori, ma non è evitabile. Quello che si può e si deve osservare, però, è il livello di intensità e rischiosità di certi pericolosi comportamenti che, se troppo "elevati", devono allertare. Ci sono altri elementi da monitorare: il funzionamento scolastico e il funzionamento relazionale. Un adolescente che è in crisi con la scuola è sicuramente un adolescente che merita una maggiore attenzione. Un adolescente che si isola completamente dagli altri, da qualsiasi contesto relazionale, ci deve preoccupare. L’altra aspetto di grande rilevanza da monitorare è il ciclo del sonno che, in un adolescente, è più complicato rispetto a quello del bambino e dell’adulto perché, tipicamente, i comportamenti esplorativi tipici dell’adolescenza avvengono nelle tarde ore serali. Di solito l’adolescente va a dormire tardi la sera e recupera la mattina, ma alla fine le ore di sonno necessarie sono preservate. Diventa preoccupante, invece, quando il ciclo sonno-veglia si altera notevolmente, ovvero se un adolescente non dorme o dorme troppo poco o dorme troppo, tenendo conto che è fisiologico in questa età che gli adolescenti vadano a letto un po’ più tardi di quello che dovrebbero e si sveglino un po’ più tardi del previsto. Anche il caso dell’adolescente che in settimana dorme meno e recupera nel weekend rientra in un meccanismo para fisiologico di cui non preoccuparsi troppo», spiega Cerveri.
Dare continuità al percorso di cura
In
caso di dubbi sulla salute mentale del proprio figlio a chi rivolgersi?
«Innanzitutto al pediatra o medico di base e poi esistono i Servizi di salute mentale dedicati ai minori (UONPIA) e agli adulti (Centri
di Salute Mentale) e i Dipartimenti di Salute Mentale. Questi servizi
hanno il vantaggio di offrire una competenza multidisciplinare e possono
assicurare un'assistenza continua nel tempo. L’aspetto fondamentale è
che sia garantito un percorso nel tempo, non è possibile assicurare
risposte puntuali in breve tempo ed è controproducente interrompere il
processo di cura. È fondamentale dare continuità al percorso finché
l’adolescente trova il suo equilibrio - conclude Cerveri -. Preservare
l’attività di questi luoghi di cura con un adeguato finanziamento è la
sfida che il Servizio sanitario ha di fronte, per garantire una risposta
adeguata al crescente bisogno di salute mentale che i nostri ragazzi
stanno esprimendo».
16 marzo 2024, 06:40 - Aggiornata il 16 marzo 2024 , 12:35
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Isee - separazione
https://www.corriere.it/economia/chiedi-esperto/fisco/isee/24-03-14/isee-per-coniugi-separati/
La legge prevede che, in questi casi, l'Isee debba essere calcolato considerando il reddito e il patrimonio di ciascun coniuge in maniera separata, ma tenendo conto delle spese comuni sostenute per la gestione della residenza. Questo significa che, pur vivendo ancora nella stessa casa, i coniugi separati dovranno dichiarare le proprie entrate e i propri beni in modo separato, ma potranno detrarre dalle proprie dichiarazioni le spese comuni sostenute per la casa. Per determinare l'Isee dei coniugi separati con stessa residenza, sarà quindi necessario compilare due distinte dichiarazioni dei redditi e dei patrimoni, una per ciascun coniuge. Nelle dichiarazioni dovranno essere indicati tutti i redditi e i beni posseduti da ciascun coniuge, compresi quelli derivanti da lavoro dipendente, lavoro autonomo, pensioni, rendite finanziarie, immobili e molto altro ancora. Una volta compilata la dichiarazione dei redditi e dei patrimoni, sarà necessario calcolare l'Isee di ciascun coniuge. Per fare ciò, si dovranno sommare i redditi e i patrimoni dichiarati, tenendo conto delle detrazioni previste dalla normativa vigente. Saranno poi applicate le aliquote previste dalla legge per determinare l'Isee finale.
Per essere considerato autonomo ai fini universitari uno studente deve possedere contemporaneamente le condizioni di seguito riportate:
- deve risiedere fuori dall'unità abitativa della famiglia di origine da almeno due anni dalla data di presentazione della DSU, in alloggio non di proprietà di un membro della famiglia medesima;
- avere un'adeguata capacità di reddito ossia aver prodotto redditi da lavoro dipendente e assimilati fiscalmente dichiarati pari o superiori a 9.000 euro nei due anni precedenti la presentazione della DSU. In generale, i redditi devono essere del singolo studente; ciò nonostante, nella casistica in cui lo stesso sia coniugato o in regime di "convivenza di fatto" regolarmente registrata in Comune, allora la soglia sopra citata tiene conto anche dei redditi del coniuge o del convivente di fatto dello studente.
Se manca anche solo una delle condizioni suddette, allora lo studente non può essere considerato autonomo ai fini universitari e pertanto nell'ISEE Università devono essere inclusi anche i redditi e il patrimonio dei genitori, anche se essi non sono presenti nel nucleo familiare dello studente.